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Consob: Gamification, l'investimento finanziario non è un “videogioco”

 
Consob: Gamification, l'investimento finanziario non è un “videogioco”
L’utilizzo degli smartphone e la diffusione dei social media hanno profondamente cambiato il mondo del lavoro, dell’informazione, del commercio e, inevitabilmente, anche degli investimenti. Al punto che, come osserva la Consob nel suo ultimo Quaderno Giuridico sulla “Gamification degli investimenti finanziari”, la decisione di investire rischia sempre più spesso di essere presa con la stessa leggerezza con cui si partecipa ad un videogioco, magari per imitazione di un influencer e perché si pensa che il servizio sia gratuito (ma, come si dice, “se su internet trovi qualcosa gratis, molto spesso il prodotto sei tu”).

Questi i motivi per cui Consob affronta il fenomeno crescente della gamification, ponendo in luce come una maggiore trasparenza informativa a tutela dei risparmiatori possa essere l’antidoto contro il rischio di conflitti d’interesse. 

L’analisi parte dal presupposto che la tutela degli investitori non debba né possa passare da divieti di impronta paternalistica per limitare le attività degli operatori di mercato; deve piuttosto far leva sulla consapevolezza dei rischi connessi con le pratiche della ludicizzazione finanziaria, che tende a creare l’illusione di un mero gioco laddove invece si muovono soldi veri. Da qui l’esigenza di una maggiore trasparenza informativa. 

Prendendo spunto dal caso GameStop, che ha dominato le cronache finanziarie degli ultimi anni e ha portato all’attenzione dei regolatori il fenomeno delle piattaforme dei social network e dei finfluencer, gli autori dello studio - Concetta Brescia Morra, Dario Colonnello, Matteo Gargantini, Giulio Sandrelli e Gianfranco Trovatore - mettono a fuoco, tra le altre cose, il fenomeno del copy trading, ovvero la pratica di replicare le strategie di negoziazione altrui, mettendosi in scia tramite i social ad un finfluencer, il più delle volte un operatore non professionale che potrebbe perseguire prioritariamente obiettivi di profitto personale in contrasto con l’interesse dei suoi seguaci. Altro aspetto messo a fuoco nello studio è quello dell’apparente gratuità delle negoziazioni, che spesso nasconde, invece, un costo occulto (Payment for Order Flow) a spese dei risparmiatori, connesso con i volumi di scambio generato dal leader sulle varie piattaforme.
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