Economia
Dazi USA minaccia per 44mila imprese italiane ma il Made in Italy regge
di Redazione

Il rischio di nuove barriere commerciali dagli Stati Uniti potrebbe costare fino a 12 miliardi di euro all’export italiano, ma la forza del Made in Italy e la capacità di adattamento delle imprese lasciano intravedere margini di tenuta. Secondo l’Ufficio Studi CGIA di Mestre, le attuali tariffe doganali imposte dall’amministrazione Trump già oggi pesano per circa 3,5 miliardi, ma un innalzamento al 20% potrebbe moltiplicare il danno, mettendo in crisi soprattutto i settori più esposti.
L’export italiano verso gli USA, pari a 64,7 miliardi di euro nel 2024, rappresenta circa il 9% del totale nazionale, facendo degli Stati Uniti il secondo mercato di sbocco per il nostro Paese. I prodotti italiani più esportati comprendono medicinali, autoveicoli, navi, macchinari, vino e abbigliamento, simboli della qualità e dell’eccellenza riconosciuti in tutto il mondo.
Tra le città più coinvolte spiccano Milano, Firenze e Modena, che insieme coprono quasi un terzo delle esportazioni verso gli USA. Milano guida la classifica con 6,35 miliardi, seguita da Firenze (6,17 miliardi) e Modena (3,1 miliardi).
Il tessuto imprenditoriale italiano appare però pronto a contenere l’impatto. La Banca d’Italia ricorda che il 43% delle nostre esportazioni in USA sono prodotti di alta gamma e il 49% di fascia media. Ciò significa che i consumatori americani, soprattutto quelli con maggior potere d’acquisto, potrebbero continuare a scegliere i prodotti italiani anche in caso di rincari dovuti ai dazi.
Inoltre, le aziende italiane che vendono negli Stati Uniti rappresentano solo il 5,5% del fatturato totale, con un margine operativo lordo medio pari al 10%. Questo margine consente loro di assorbire eventuali aumenti dei costi doganali, riducendo temporaneamente i profitti per mantenere competitività.
Particolarmente vulnerabili risultano alcune regioni del Sud Italia, dove la scarsa diversificazione dell’export amplifica i rischi. La Sardegna, ad esempio, dipende per oltre il 95% dalle esportazioni di prodotti petroliferi, mentre Molise e Sicilia presentano indici di concentrazione superiori all’85%. All’opposto, Lombardia e Veneto risultano le regioni più resilienti, grazie a un’ampia varietà di settori merceologici e a un export diversificato.
Oltre al danno economico diretto, si teme un effetto domino sulle catene di fornitura e un possibile aumento dell’instabilità politica internazionale. Come ha ricordato il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, “il rischio più profondo è che il commercio, da motore di integrazione, si trasformi in una fonte di divisione”.
Nonostante le incognite, la forza del brand Made in Italy, la qualità dei prodotti e la capacità delle imprese di adattarsi rappresentano un baluardo fondamentale per difendere la nostra posizione sui mercati globali.