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Fondamentali: il vero motore del valore nel lungo periodo

di Simone Ragazzi, portfolio manager, e di Silvia Merler, head of ESG e Policy Research di Algebris Investments
 
Fondamentali: il vero motore del valore nel lungo periodo
Il contesto macroeconomico globale appare oggi complesso, ma non privo di segnali positivi. Da un lato permangono segnali di rallentamento, principalmente legati all’incertezza sulla politica commerciale degli Stati Uniti. Un momento simbolico è stato Liberation Day, quando l’annuncio di nuovi dazi ha innescato una reazione negativa dei mercati e alimentato un diffuso senso di inquietudine. I dazi hanno introdotto una variabile difficile da quantificare, che ha temporaneamente minato la fiducia degli investitori. Tuttavia, man mano che il mercato ha assorbito queste misure, l’effettiva portata del loro impatto è diventata più chiara. Molte aziende hanno dimostrato una sorprendente capacità di gestire gli effetti negativi, trasferendo solo in parte l’aumento dei costi ai consumatori attraverso rincari limitati e ancora sostenibili. Ciò ha contribuito a placare le preoccupazioni—soprattutto per gli esportatori europei e per il potere d’acquisto dei consumatori statunitensi.

Mercati - Segnali di resilienza

Nonostante qualche segnale di rallentamento, i mercati stanno mostrando una forte resilienza. I dati economici più recenti continuano a indicare una dinamica robusta. Anche la stagione degli utili ha fornito rassicurazioni: negli Stati Uniti, gli utili del primo trimestre sono cresciuti del 12%, sostenendo il rimbalzo degli indici azionari e riportando il VIX su livelli più moderati. In Europa, gli utili—escludendo il settore energetico—sono aumentati del 2%, un segnale che alimenta un cauto ottimismo per i prossimi trimestri.

I negoziati commerciali tra Washington e Pechino sono ripresi, mentre i rendimenti a lungo termine si sono stabilizzati, alleviando la pressione sulla sostenibilità della politica fiscale statunitense.

Valute - Rischio o opportunità?

Le dinamiche valutarie restano centrali nel contesto attuale. Negli ultimi mesi, il dollaro statunitense ha mostrato una volatilità significativa e l’amministrazione Trump sembra orientata verso una svalutazione competitiva per stimolare le esportazioni. In uno scenario simile, è probabile una nuova fase di indebolimento del dollaro, rendendo essenziale analizzare attentamente la direzione del mercato FX nel medio periodo.

Per le aziende europee prive di una base produttiva negli Stati Uniti, un dollaro più debole può rappresentare un ostacolo rilevante: i ricavi in valuta locale si riducono una volta convertiti in euro, comprimendo i margini. Al contrario, le aziende statunitensi - soprattutto quelle fortemente orientate all’export- potrebbero beneficiare di un vantaggio competitivo sia in termini di volumi che di redditività.

Il rischio cambio non va sottovalutato. Il suo impatto dipende in larga parte dalla composizione geografica del portafoglio e dalla struttura operativa delle aziende in cui si investe. È fondamentale determinare se un’azienda dispone di una copertura naturale, ovvero se genera ricavi e sostiene costi nella stessa valuta. In assenza di questa simmetria, le fluttuazioni dei cambi possono avere effetti concreti su utili e flussi di cassa.

Detto ciò, è importante mantenere una prospettiva di lungo periodo. Storicamente, il cambio si è dimostrato una variabile capace sia di amplificare che di smorzare la performance, ma raramente è stato un fattore strutturalmente determinante. Per questo motivo, il rischio cambio va certamente monitorato—ma non deve mai sovrastare l’analisi fondamentale delle aziende, che rimane il vero motore di valore nel lungo termine.

Oltre l’incertezza - Segnali di slancio

Riteniamo che l’attuale contesto possa perdurare per diverse ragioni:

1) Incentivi politici – I policy maker hanno un forte interesse a raggiungere risultati costruttivi nei negoziati commerciali: nessuno ha da guadagnare da una recessione, né negli Stati Uniti né altrove.

2) Adattamento dei mercati – I mercati stanno gradualmente metabolizzando l’incertezza legata ai dazi, iniziando a considerarla non più uno shock temporaneo, ma una componente strutturale dello scenario economico globale.

3) Effetti ritardati degli stimoli – Molte delle misure di stimolo recentemente introdotte—come il cosiddetto bazooka tedesco – devono ancora dispiegare appieno i propri effetti.

4) Fondamentali resilienti – Nonostante il rumore di fondo, non si registrano segnali concreti di indebolimento nei consumi o negli investimenti, segno che la fiducia delle imprese rimane intatta.

5) Influenza dei mercati sulla politica – In modo forse più sottile ma decisivo, i mercati stessi sono diventati un fattore di orientamento per le decisioni economiche. Abbiamo visto come governi e banche centrali siano oggi più rapidi nell’intervenire per prevenire dislocazioni eccessive, segnalando una crescente sensibilità verso la stabilità finanziaria.

Nel 2025, l’incertezza sulla politica statunitense ha aumentato il premio per il rischio richiesto dagli investitori, il che ha probabilmente portato a una compressione dei multipli di valutazione. Ciò potrebbe indirizzare i flussi di capitale verso regioni percepite come più stabili o sottovalutate — come l’Europa, che continua a rappresentare un mercato value, con multipli inferiori rispetto agli Stati Uniti, nonostante la crescita americana resti sostenuta.

È in atto una possibile convergenza di fattori favorevoli per l’Europa: maggiore propensione alla crescita, flussi in entrata dagli Stati Uniti e la prospettiva che politiche fiscali espansive—come il pacchetto di stimoli tedesco — possano finalmente innescare una reale accelerazione dell’economia europea.
 
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