Attualità

Il Sud rischia di scomparire nel silenzio demografico mentre si investe nel suo futuro

di Demetrio Rodinò
 
Il Sud rischia di scomparire nel silenzio demografico mentre si investe nel suo futuro
Mentre si moltiplicano gli investimenti infrastrutturali nel Mezzogiorno, il destino demografico del Sud Italia appare sempre più compromesso. Secondo i dati forniti dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in audizione alla Commissione d’inchiesta sulla transizione demografica, entro il 2080 il Sud potrebbe perdere fino a 7,9 milioni di abitanti. Un calo vertiginoso, che già nel 2050 potrebbe toccare i 3,4 milioni, a causa del persistente intreccio tra denatalità, invecchiamento e migrazione interna.

La demografia è destino”, ricordava Auguste Comte. E mai come oggi questa massima sembra pesare sul futuro dell’Italia meridionale. Secondo Giorgetti, il nostro Paese vive una crisi strutturale, comune a molte nazioni a reddito elevato, dove il tasso di natalità crolla e la popolazione invecchia rapidamente. Tuttavia, nel Mezzogiorno il fenomeno è più grave e più veloce, con un tasso di fertilità in continuo declino (1,20 nel 2024, nuovo minimo storico), aggravato dalla migrazione di giovani e famiglie verso il Centro-Nord.

Lo spopolamento delle aree interne è drammatico”, ha dichiarato Giorgetti. “Quando mancano persone in età fertile e rimangono solo gli anziani, non nasce più nessuno e intere comunità sono destinate a morire”.

Le previsioni dell’Istat parlano chiaro. Da qui al 2030 la popolazione italiana calerà in media dell’1,1 per mille ogni anno. Il dato si aggrava fino a un -5,8 per mille annuo entro il 2080. Ma è l’analisi territoriale a impressionare: mentre il Nord potrebbe vedere un leggero aumento di popolazione nel breve termine (+1,5 per mille), il Mezzogiorno rischia un’emorragia costante (-4,8 per mille).

Le aree interne, in particolare, sono le più esposte. Non solo nel Sud, ma anche al Centro e al Nord, dove però alcuni Comuni potrebbero registrare dinamiche opposte. La tendenza, insomma, non è uniforme ma evidenzia una frattura crescente tra città maggiori e zone rurali o periferiche.

La crisi demografica si riflette già su numerosi fronti. Tra il 2019 e il 2023 gli studenti italiani sono diminuiti del 5,2%, con cali più marcati nella scuola dell’infanzia e nella primaria. Le iscrizioni sono parzialmente compensate dagli alunni stranieri, ma non abbastanza da invertire la rotta. E sul piano finanziario, Giorgetti ha lanciato un ulteriore allarme: meno abitanti significa meno contribuenti, meno consumi e più difficoltà nella sostenibilità del debito pubblico.

La denatalità e l’invecchiamento sono una delle principali problematiche che l’Italia deve affrontare per le implicazioni di lungo periodo sulla sostenibilità dei conti”, ha ribadito.

Nel suo intervento, Giorgetti ha evidenziato anche un altro aspetto critico: la gestione dei flussi migratori. Se da una parte l’immigrazione potrebbe offrire una risposta parziale alla denatalità, dall’altra deve essere regolata e governata. “Non possiamo accettare un far west incontrollato”, ha detto, facendo riferimento ai flussi irregolari. Allo stesso tempo, ha richiamato l’urgenza di frenare l’emorragia di giovani formati che lasciano il Paese, e di incentivare il rientro degli italiani all’estero.

La politica è consapevole del problema, ma non lo affronta”, ha ammesso il ministro. “Chi fa politica non può non rendersi conto di ciò che sta accadendo, ma la denatalità non è mai il primo, né il secondo o il terzo tema nell’agenda di nessuno”. Da qui l’appello ai parlamentari della Commissione: “Avete la responsabilità di riportare questo tema al centro del dibattito pubblico. È una questione che riguarda tutti, oggi e domani”.
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