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Incontro FED del 18 giugno: verso una pausa?
di Michele Sansone, country manager di iBanFirst Italia

Mentre prendono il via riunioni decisive delle principali banche centrali, l’euro continua la sua ascesa contro un dollaro indebolito da incertezze commerciali e geopolitiche. I mercati si aspettano un mantenimento dello status quo sia da parte della Fed che della Bank of England, mentre l’orientamento più restrittivo assunto recentemente dalla BCE potrebbe continuare a sostenere la moneta unica.
Tuttavia, altri fattori come l’aumento dei prezzi dell’energia legato al conflitto Israele-Iran e la politica migratoria degli Stati Uniti potrebbero cambiare le carte in tavola.
Il cambio EUR/USD prosegue la sua tendenza al rialzo, mentre il dollaro resta sotto pressione. La scorsa settimana, il rally dell’euro ha guadagnato slancio dopo che Donald Trump ha annunciato che a breve fornirà nuovi dettagli sulle sue prossime mosse nella guerra commerciale in corso, con la fine della tregua di 90 giorni ormai vicina.
L’annuncio ha nuovamente agitato i mercati, spingendo il dollaro al ribasso. Di conseguenza, EUR/USD ha toccato un nuovo massimo a 1,1632, mentre GBP/USD è salito fino a 1,3634.
Oltre ai dazi, anche altri fattori stanno influenzando i mercati. Le tensioni geopolitiche che alimentano incertezza e volatilità stanno giocando un ruolo sempre più rilevante. Tuttavia, è soprattutto la politica monetaria ad attirare l’attenzione degli investitori, dato il suo impatto diretto sui tassi di cambio. Questa settimana si preannuncia particolarmente decisiva, con numerose banche centrali pronte ad annunciare le loro decisioni sui tassi d’interesse.
Sarà la Bank of Japan ad aprire le danze martedì, seguita mercoledì dalla Federal Reserve . Giovedì sarà la volta della Bank of England e della Banca nazionale svizzera. I mercati scontano in larga parte un mantenimento dei tassi sia da parte della Fed che della BoE. Se ciò sarà confermato, e considerando il tono sempre più restrittivo della BCE, ciò potrebbe rafforzare ulteriormente l’euro. Come sempre, i comunicati che accompagneranno le decisioni saranno analizzati con la massima attenzione.
Nel frattempo, l’aumento dei prezzi dell’energia, alimentato dalle tensioni in Medio Oriente, potrebbe esercitare una pressione al rialzo sull’inflazione globale, con effetti potenzialmente più rapidi negli Stati Uniti.
Un altro fattore da monitorare: la politica migratoria di Trump. Un irrigidimento in questo ambito potrebbe incidere sull’inflazione statunitense, in particolare in settori come l’industria alimentare, che dipendono fortemente dalla manodopera immigrata. Se i mercati inizieranno a incorporare queste dinamiche, potremo assistere a un rimbalzo dei tassi d’interesse USA. In tale contesto, solo un picco dell’inflazione o un’escalation geopolitica in grado di innescare flussi verso beni rifugio potrebbe sostenere il dollaro nel medio termine.
Per ora, tuttavia, la tendenza ribassista del biglietto verde appare ben consolidata.