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America Latina, l'ombra dei femminicidi si allunga: oltre 4.800 vittime nel 2024, 13 ogni giorno

Redazione
 
America Latina, l'ombra dei femminicidi si allunga: oltre 4.800 vittime nel 2024, 13 ogni giorno

È un grido d'allarme che risuona forte e chiaro in tutta l'America Latina: almeno 4.855 donne sono state vittime di femminicidio nel 2024, una media agghiacciante di 13 omicidi di genere ogni singolo giorno.
Questo dato, che arriva in occasione della nuova giornata di mobilitazione del movimento femminista "Ni Una Menos", è stato svelato dal rapporto annuale della Mappa Latinoamericana dei Femminicidi, un progetto guidato dalla ONG MundoSur e supportato da team accademici e organizzazioni di 17 Paesi della regione (ad eccezione di Messico, Costa Rica e Repubblica Dominicana).

America Latina, l'ombra dei femminicidi si allunga: oltre 4.800 vittime nel 2024, 13 ogni giorno

Il rapporto, pubblicato oggi e citato da El País, si impone come una fonte cruciale per monitorare il fenomeno, soprattutto data la frammentazione o l'assenza di dati ufficiali in molti Stati. Frutto di un lavoro meticoloso di monitoraggio dei media e di documentazione da parte della società civile, la mappa rivela un aumento del 4,87% rispetto ai 4.623 casi registrati nell'anno precedente.

"Ci permette di confrontare i dati ufficiali dell'Osservatorio per l'uguaglianza di genere della CEPAL (La Commissione economica per l'America Latina e i Caraibi, ndr) con le informazioni raccolte in modo indipendente da ONG e team accademici di 17 Paesi della regione," ha spiegato Eugenia D'Angelo, direttrice del progetto e della ONG MundoSur.

Un confronto che fa riflettere: i dati della CEPAL per il 2023 indicano 3.897 vittime in 27 Paesi e territori dell'America Latina e dei Caraibi, una cifra significativamente inferiore a quella della mappa, nonostante questa includa un numero minore di Stati.

Con Guatemala, Porto Rico e Honduras che guidano questa triste classifica con i tassi più elevati, superando i cinque femminicidi ogni 100.000 donne. Dalle analisi emerge che quasi la metà di questi crimini (49%) è stata commessa da partner o ex partner delle vittime, mentre il 38% è stato perpetrato con armi da fuoco e oltre la metà è avvenuta tra le mura domestiche. L'età media delle vittime era di 34 anni e ben il 57% erano madri, il che significa che oltre 2.200 bambini sono rimasti orfani a causa di questi omicidi nell'ultimo anno. Tra le vittime, 110 erano donne migranti o rifugiate, un dato che sottolinea l'urgenza di integrare un approccio basato sulla mobilità umana nelle strategie di protezione.

Per quanto riguarda il profilo degli aggressori, il 44% aveva una relazione sentimentale o affettiva con la vittima e il 10% era già stato denunciato per violenza di genere, evidenziando un fallimento sistematico dei meccanismi di prevenzione. "L'ambito del monitoraggio è ancora lungi dall'essere completo perché molti paesi mancano di osservatori specializzati promossi dal mondo accademico o dalla società civile, o a causa dell'estrema difficoltà di accesso a dati affidabili," ha ammonito D'Angelo, che ritiene che il Messico sia l'assente più significativo da questa mappa. Molti paesi latinoamericani, infatti, non forniscono ancora informazioni pubbliche e sistematiche sui femminicidi che si verificano nei loro territori.

Questa carenza di dati ufficiali, ha denunciato D'Angelo, "non solo rivela una preoccupante negligenza istituzionale, ma costituisce anche una flagrante violazione degli impegni internazionali in materia di diritti umani assunti dagli Stati, come quelli stabiliti nella Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) e nella Convenzione di Belém do Pará." La genesi della mappa, ha ricordato la direttrice, risale al contesto pandemico, ispirandosi alle mappe che tracciavano l'evoluzione dei contagi da COVID-19.

"Basandoci su quello strumento, abbiamo deciso di creare la nostra mappa con l'obiettivo di affrontare la negligenza dello Stato nei confronti dei femminicidi, in particolare quelli che avvengono in contesti strutturalmente invisibili nelle statistiche ufficiali: i transfemminicidi, i femminicidi vicari, gli omicidi di donne migranti, di discendenza africana, con disabilità o appartenenti a comunità indigene," ha aggiunto D'Angelo, sottolineando che "Dove lo Stato tace, le donne raccontano, documentano e resistono, trasformando i dati in memoria e le prove in uno strumento di advocacy".

Pur riconoscendo che "metodologicamente è impossibile stabilire confronti assoluti tra i registri ufficiali e quelli provenienti da fonti comunitarie o non governative", la Mappa Latinoamericana dei Femminicidi rivela realtà inquietanti. In paesi come la Colombia e il Guatemala, ad esempio, "mentre le organizzazioni riportano dati allarmanti, i governi non riconoscono l'urgenza di attuare politiche pubbliche efficaci in materia." Un aumenti di quasi il 5% rispetto al 2023, che rappresenta un segnale preoccupante.

"Questi dati riflettono l'inefficacia delle attuali politiche pubbliche per prevenire e sradicare la violenza di genere," ha ritenuto D'Angelo. Ha poi rincarato la dose, affermando che "mentre i discorsi istituzionali si moltiplicano, con dichiarazioni simboliche e gesti superficiali, un'azione concreta e sostenuta, con un budget adeguato e una reale volontà politica, rimane insufficiente," riferendosi alle cosiddette pratiche di "pinkwashing".

"I diritti delle donne continuano a essere promesse non mantenute," ha sottolineato con forza. Per affrontare questa sfida, NAWI, l'ultima iniziativa tecnologica di MundoSur, si distingue nel processo. Si tratta di uno strumento digitale che utilizza l'Intelligenza Artificiale generativa per facilitare l'analisi di dati georeferenziati sulla violenza in America Latina.

Inizialmente basato sui dati sul femminicidio sistemati dalla mappa tra il 2019 e il 2024, NAWI è stato concepito in una prospettiva femminista e intersezionale e si propone di essere uno strumento agile, rigoroso e accessibile per chi lavora nella società civile. In questo modo, ha spiegato D'Angelo, "ricercatori, giornalisti, attivisti e responsabili delle politiche pubbliche possono esplorare informazioni complesse attraverso una semplice domanda, aprire linee di analisi comparativa e progettare interventi più efficaci."

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