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La Superduck che sfida il Codice della Strada

Barbara Leone
 
La Superduck che sfida il Codice della Strada

C'è una frontiera della legalità che nemmeno Orwell avrebbe osato immaginare, un confine sottile dove il controllo sociale lambisce il plumage delle creature alate. E no, non siamo nell’incipit di un trattato satirico di Swift, bensì nel civilissimo e ineffabilmente ordinato cuore della Confederazione Elvetica, precisamente a Köniz, non lontano dalla sonnolenta Berna, dove una vicenda ha recentemente agitato i placidi specchi d’acqua del web: un germano reale – Anas platyrhynchos, per chi volesse sfoderare il latino di Linneo – è stato immortalato da un autovelox mentre volava a ben 52 chilometri orari in una zona urbana con limite di 30.

La Superduck che sfida il Codice della Strada

Non 53, ché sarebbe stata spavalderia. Non 49, ché avrebbe potuto passare inosservato. Cinquantadue netti, con l’aplomb di chi, conoscendo le regole, sceglie deliberatamente di trasgredirle. L’episodio risale al 13 aprile, ma non è un caso isolato. Già nel lontano (eppur così vicino) 2018, nello stesso identico punto e, oseremmo dire, con la medesima nonchalance, un altro (o lo stesso?) germano reale aveva compiuto analogo misfatto. Il reato è: eccesso di velocità. E che velocità! In barba al limite urbano, in becco alla legge. Non ci è dato sapere se il colpevole sia effettivamente recidivo o se si tratti di un caso di déjà vu piumato, ma la tentazione di ipotizzare una consapevole sfida alle istituzioni è forte. D’altronde, il confine tra ordine e caos passa spesso per l’ala di un’anatra in volo.

La vicenda, come ogni apoteosi del surreale, ha trovato la sua naturale fioritura sui social network. Il Comune di Köniz, con quella sobrietà istituzionale che solo i municipi svizzeri sanno esercitare, ha pubblicato l’immagine del volatile colto in flagrante. Poi, in un gesto di rara erudizione ornitologica, ha accostato la foto a quella scattata nel 2018: due sagome pressoché identiche, immortalate nella stessa traiettoria, nella stessa posa, con lo stesso spirito ribelle.

Ed ecco che il dubbio si insinua tra i pixel: è lo stesso germano? È un uccello ribelle in cerca di giustizia poetica o un algoritmo del caos avicolo? Nel turbine interpretativo che ha travolto l’opinione pubblica – o perlomeno quella porzione che si interessa di cronaca anatide – si sono levati interrogativi di inedita portata giuridico-zoologica: l’anatra dovrà pagare la multa? Esiste un codice della strada per volatili? È forse giunto il tempo di introdurre targa e libretto anche per la fauna selvatica? E se davvero fosse recidiva, si potrà procedere con la sospensione della licenza di volo?

Per fortuna, la risposta è rassicurante quanto destabilizzante: il germano reale non è soggetto al Codice della Strada. E qui, a ben guardare, si apre un abisso filosofico. Perché se il Codice della Strada è il fondamento stesso della convivenza urbana – il Leviatano delle rotatorie e dei limiti orari – come possiamo accettare che vi siano esseri che lo violano impunemente, senza conseguenze? Che ne è del principio di uguaglianza? Dov’è finita l’equità quando a 52 km/h l’anatra plana impunita mentre il cittadino comune riceve sanzioni e detrazioni di punti dalla patente? Eppure, proprio in questo cortocircuito legislativo, in questa collisione tra piume e leggi, si cela il senso più profondo della modernità: l’insensata pretesa di disciplinare ogni cosa, persino il volo.

In un mondo dove anche il tempo libero è scandito da app e notifiche, il volo irriverente di un’anatra a 52 all’ora diventa gesto sovversivo. Una protesta silenziosa contro la burocratizzazione del mondo. Un flâneur con le ali, insomma.

Nel frattempo, il germano reale, o il suo gemello spirituale, continua a sorvolare i cieli di Köniz, forse ignaro del clamore suscitato. E mentre i radar vegliano, e i limiti si aggiornano, e le ordinanze si moltiplicano, lui vola. Sempre a 52. Mai un chilometro di più. Mai uno di meno. Con scientifica eleganza. Con il becco dritto e l’ala tesa. Perché la vera insubordinazione, oggi, non è urlare contro il sistema. È planare sopra di esso, senza mai toccarlo.

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