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Caccia, riforma in arrivo: meno tutele per fauna e aree protette

Redazione
 
Caccia, riforma in arrivo: meno tutele per fauna e aree protette

Il governo si prepara a rivedere radicalmente la normativa sulla tutela della fauna selvatica. Al centro dell'iniziativa vi è la riforma della legge 157/1992, che regola il prelievo venatorio in Italia. Il disegno di legge, fortemente sostenuto dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e da Fratelli d’Italia, è destinato a suscitare un ampio dibattito pubblico e istituzionale.

Caccia, riforma in arrivo: meno tutele per fauna e aree protette

Secondo quanto riportato da Il Fatto Quotidiano, il testo si configura come una revisione profonda, non solo della normativa vigente, ma anche del principio costituzionale sancito dall’articolo 9, che tutela l’ambiente e la biodiversità. La nuova proposta normativa, che dovrebbe essere esaminata in Consiglio dei Ministri come disegno di legge collegato alla manovra economica, comporta una serie di misure che suscitano forte preoccupazione nel mondo ambientalista. Le modifiche introdotte segnano infatti un netto cambio di paradigma: la caccia viene elevata ad “attività sportivo-motoria con importanti ricadute sociali, culturali ed economiche” e, paradossalmente, come attività che “concorre alla tutela della biodiversità e dell’ecosistema”.

Il testo visionato in anteprima da Il Fatto Quotidiano contiene elementi che rischiano di indebolire fortemente le misure di protezione della fauna. Gli articoli 4 e 5, nella versione modificata, prevedono la riapertura dei roccoli, impianti di cattura vietati dall’Unione Europea e già in passato oggetto di una procedura d’infrazione. Inoltre, il numero di specie aviarie utilizzabili come richiami vivi passa da 7 a 47, ampliando significativamente una pratica già criticata per la sua crudeltà e il suo potenziale impatto sul traffico illecito di avifauna. Viene inoltre eliminato ogni limite di possesso di volatili provenienti da allevamenti, rendendo più difficili i controlli da parte delle autorità forestali e favorendo, indirettamente, il bracconaggio. Altro punto critico riguarda la creazione di nuovi appostamenti fissi di caccia, che potrà essere autorizzata senza limiti numerici regionali, con impatto rilevante soprattutto in regioni come la Lombardia.

Tra gli aspetti più controversi vi è la possibilità di esercitare l’attività venatoria anche in aree demaniali statali, regionali e pubbliche in generale, inclusi i litorali marini. L’articolo 10, comma 6, infatti, consente la caccia “nei territori e nelle foreste del demanio statale, regionale e degli enti pubblici in genere”, aprendo di fatto all’attività venatoria su spiagge, oasi, boschi e campagne finora protette. Sempre all’articolo 10, si stabilisce che le Regioni dovranno verificare entro 12 mesi la percentuale di territorio protetto, riportandola sotto il limite massimo del 30%, se superato. Una disposizione che appare in netto contrasto con gli impegni assunti dall’Italia a livello europeo, che prevedono il raggiungimento di almeno il 30% di territorio protetto entro il 2030.

Il disegno di legge introdurrebbe anche una sostanziale liberalizzazione delle aziende faunistico-venatorie, consentendo di cacciare al di fuori dei tradizionali periodi stabiliti per legge, purché vi sia una “valutazione d’incidenza”. L’articolo 18 del disegno di legge elimina poi il parere vincolante dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) nella stesura dei piani venatori regionali, sostituendolo con quello del Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale, organo controllato dal ministero dell’Agricoltura e composto da membri di nomina politica. Un cambiamento che, secondo molte associazioni, priva il processo decisionale di un presidio tecnico-scientifico indipendente. Non meno allarmante è la norma che esclude le gare di caccia con cani e l’addestramento notturno dei cani con abbattimento della fauna dal novero delle attività venatorie, consentendone lo svolgimento anche durante i periodi di chiusura della caccia.

Il provvedimento ha incontrato una dura opposizione da parte delle principali organizzazioni ambientaliste e animaliste italiane – ENPA, LAC, LAV, Lipu e WWF Italia – che definiscono la riforma come “intrisa di ideologia ed estremismo filo-venatorio”. Severo il giudizio dell’avvocato Domenico Aiello, responsabile per la tutela giuridica della natura del WWF e tra i principali esperti italiani in materia: “Questo testo è frutto dell’arroganza ideologica di un mondo ormai in mano a estremisti, che per mezzo di politici compiacenti fa la guerra ai principi fondamentali del diritto costituzionale ed europeo”. Il ministro Lollobrigida ha dichiarato l’intenzione di approvare la nuova normativa entro agosto, così da renderla operativa prima dell’apertura della stagione venatoria a settembre.

Una tempistica accelerata anche alla luce della recente sentenza del TAR della Lombardia, che – su ricorso della LAC – ha vietato la caccia nei 475 valichi montani della regione, colpendo duramente numerosi appostamenti fissi utilizzati per l’abbattimento dell’avifauna. Il provvedimento potrebbe costituire un precedente giuridico per altri ricorsi analoghi in altre regioni. Per aggirare la sentenza, il disegno di legge prevede che il divieto di caccia resti in vigore solo per i valichi “situati in una zona di protezione istituita in data antecedente al primo gennaio 2025”. Una formulazione che di fatto neutralizza l’efficacia del pronunciamento del TAR.

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