In un'epoca in cui la pelle deve essere levigata come porcellana Ming e il volto femminile un eterno screensaver di Photoshop, Lorella Cuccarini ha osato. Ha compiuto un atto gravissimo, quasi indecente, una vera e propria sfida all’ordine costituito della cosmesi imperante: si è mostrata al naturale. E sottolineiamo: al naturale. Niente trucco, niente filtri, niente ritocchi chirurgici, niente botox né filler iniettabili pre-partenza.
Solo un volto. Il suo volto. Quello vero. Quello di una donna che ha quasi sessant’anni, che ha vissuto, che ha riso, pianto, amato, partorito, e che porta sulla pelle il segno nobilissimo di tutto ciò. Apriti cielo. In un Paese che perdona tutto, persino la corruzione, ma non una ruga non mascherata, l’atto di Lorella è stato subito recepito come un tradimento. E chi sono stati i primi carnefici? No, non gli uomini, che a malapena distinguono un contouring da una frittata ben dorata. Le vere accusatrici, le più implacabili, sono state proprio loro: le donne.
Sì, le stesse che quotidianamente si battono per l’empowerment femminile, le pari opportunità, la sorellanza universale. Quelle che proclamano solidarietà a colpi di hashtag, ma poi alzano la scure del giudizio appena un’altra osa infrangere l’ideale plastificato della bellezza prefabbricata. Perché, diciamolo: il patriarcato oggi non ha più bisogno di vigilare. Siamo noi donne che, con zelo quasi religioso, ci imponiamo regole estetiche ferree e puniamo con disprezzo chi non si adegua.
“Hai visto la Cuccarini? Sembra sua nonna!”, “Con tutti i soldi che ha, poteva almeno farsi tirare”, “Si è lasciata andare!”… ed ecco che parte la lapidazione social, a base di acidità e invidia camuffata da ironia. Intanto, mentre l’apparenza resta il vangelo laico della nostra epoca, alcune donne iniziano, timidamente ma con forza dirompente, a riscrivere il paradigma. Perché Lorella Cuccarini non la sola a infrangere l’insopportabile cliché della bellezza obbligata, imposta come condizione per esistere: sempre, ovunque, a qualunque costo.
Dall’altra parte del globo, Pamela Anderson, ad esempio, ha camminato sul tappeto rosso del Met Gala senza un filo di trucco. Un’icona sexy che ha fatto sognare e girar la testa ad un’intera generazione che sceglie di mostrarsi esattamente così com’è nel cuore del palcoscenico mediatico mondiale. Altro che provocazione: un’ode alla dignità del volto. E che dire della cantante Gaia, che poche settimane fa ha postato una sua foto in primo piano, mostrando con fierezza l’acne? Un gesto coraggioso, senza dubbio, ma che ha avuto l’effetto di ricordarci quanto sia diventato raro vedere un volto femminile con la pelle umana, e non lucidata a cera come una carrozzeria da salone dell’auto.
Il punto è: ma davvero ci aspettiamo che una donna che ha sessant’anni ne dimostri trenta? O, peggio ancora, che faccia finta di dimostrarli, gonfiandosi e stirandosi fino a sembrare un personaggio Pixar malriuscito? E soprattutto: per chi dovrebbe farlo? Per un pubblico femminile che non accetta la propria immagine allo specchio e non sopporta che un’altra, magari più bella, si accetti? Per un algoritmo che premia la pelle levigata e cancella il vissuto? Lorella, con la sua pelle chiara e sottile, ha fatto quello che nessuna, o quasi, delle sue coetanee dello spettacolo osa più fare: mostrarsi semplicemente com’è.
E diciamolo: è una bellissima donna. Ha un corpo tonico, frutto di anni di allenamenti e disciplina alimentare. Ma non basta. Perché una donna può essere magra, atletica, colta e talentuosa: ma se ha una ruga sulla fronte o una piega sotto gli occhi, viene data in pasto al tribunale delle “perfezioniste da divano”. Ed è proprio qui che casca il palco del femminismo da salotto: nel momento in cui non siamo più disposte ad accogliere l’imperfezione dell’altra, a normalizzare ciò che in realtà è normale. Le rughe, la cellulite, i capelli bianchi, la pelle che non riflette la luce come una parete di ceramica.
Nel frattempo, in un angolo della scena, stanno lì loro: gli uomini. Tranquilli, rilassati, panciuti, brizzolati, spettinati. Perché la barba incolta è “sexy”, la pancetta è “tenerezza” e la fronte segnata è “autorevolezza”. Possono invecchiare in pace, senza temere di essere associati a vocaboli come “sciatto”, “trasandato”, “trascurato”. Possono persino ingrassare e lasciarsi andare, senza che il loro fascino venga messo in discussione o sottoposto al pubblico ludibrio. Perché – sorpresa sorpresa – come che siano continuano a ricevere attenzioni, rispetto, credito. Ma ciò che più colpisce non è tanto il doppio standard, quanto il fatto che a perpetuarlo siano proprio le donne. Siamo noi a puntare il dito, a mettere sotto esame, a distribuire pagelle con l’occhio clinico di un’estetista inacidita.
Siamo noi a dire “hai visto com’è invecchiata?”, “guarda quella ricrescita”, “che tette mosce”. E lo facciamo con la ferocia tipica di chi, in fondo, odia vedere negli altri ciò che teme per sé. In tutto questo gli uomini guardano, sorridono e apprezzano. Apprezzano sì la bellezza, ma senza esigere la perfezione ogni giorno. Anzi, molti di loro si accontentano di poco: un sorriso vero, un abbraccio caldo, un po’ di attenzione… e il telecomando che funziona. Sicuramente non pretendono che la compagna abbia la pelle di un neonato a settant’anni, e se lo fanno, sono di certo una minoranza più rumorosa che influente. Le vere giudici spietate, paradossalmente, restiamo noi.
La verità, per quanto scomoda, è che l’apparato estetico che ci imprigiona non è più una gabbia imposta dall’uomo, ma un regime autoalimentato, con tanto di censura interna e occhiatacce di controllo. Se la Cuccarini avesse postato un selfie tiratissimo, con filtri e trucco da passerella, nessuna avrebbe fiatato. Ma poiché si è mostrata come è, con la pelle nuda e l’anima libera, ha infranto una convenzione silenziosa: quella secondo cui la donna, per essere tollerata, deve fingere giovinezza. E invece Lorella sorride.
Sorride mentre viene sbeffeggiata, commentata, analizzata al microscopio. Sorride perché ha raggiunto quella forma suprema di libertà: non dover più compiacere. Sorride perché ha capito che mostrarsi senza maschere è un atto rivoluzionario. Sorride, in fondo, della nostra stessa miseria estetica. E allora, la vera domanda è: chi ci ha ridotte così? Chi ci ha insegnato che la ruga è un difetto, che l’età va nascosta, che tra donne si deve competere e mai proteggersi? Finché non smetteremo di farci la guerra a colpi di fondotinta e bisturi, la sorellanza resterà solo una parola da usare ipocritamente nei talk show. E intanto i maschi si godono il privilegio di essere amati, stimati e rispettati anche con la camicia fuori dai pantaloni e il capello in disordine. Beati loro.