Cultura

La Cultura, anche quella con la "c" maiuscola, inquinata dalla politica

Redazione
 
La Cultura, anche quella con la 'c' maiuscola, inquinata dalla politica

Se vivessimo lontano da quello che ancora ci ostiniamo a chiamare il Paese più bello del mondo, cercare di seguire le vicende italiane si tradurrebbe in uno sforzo inimmaginabile. Ed invece, passando le nostre giornate dentro i confini nazionali, ci tocca assistere, purtroppo quotidianamente, a vicende che ci portano sempre di più a pensare che ormai la politica ha abbandonato il ruolo morale e di guida, per precipitare in quello della bieca ipocrisia, mista a interessi di bottega, quando non sono personali o, peggio, familiari.

La Cultura, anche quella con la "c" maiuscola, inquinata dalla politica

E se pensiamo che ostaggio di questo modo di pensare e fare (oddio, ''fare'' sembra una definizione fuor di luogo) è una istituzione centenaria, quale il Teatro San Carlo di Napoli, capiamo benissimo che, allo stesso modo in cui tutto fa spettacolo, si può pensare che su tutto si può banchettare.

Il raccontare questa faccenda si potrebbe esaurire in poche battute: un ministro, quello competente, Alessandro Giuli, titolare del dicastero della Cultura, indica il sovrintendente della Fondazione San Carlo nella persona di Fulvio Adamo Macciardi, di cui, confessiamo, non conosciamo a menadito il curriculum, ma che, per essere stato scelto, sarà sicuramente di quelli che fanno impressione, anche solo per avere guidato per due mandati il teatro comunale di Bologna.

Ma come sempre sono i dettagli che devono essere analizzati, perché è lì che il diavolo spesso mette le tende. Una nomina, formalmente, ineccepibile, sebbene presa a maggioranza (tre su cinque componenti) dal Consiglio di indirizzo, quindi con una decisione non condivisa da tutti e, ancora quindi, oggetto di reazioni negative, come quella del sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, che, tra una cosa e l'altra, è anche presidente della Fondazione del Massimo partenopeo.

E Manfredi, tanto per evitare fraintendimenti, ha annunciato che la delibera sarà impugnata nelle sedi competenti. E sin qui è, è solo cronaca. Ma, dietro, c'è altro. Ci sono cose che, nella loro evidenza, non sarebbero nemmeno da commentare. Come il fatto che a determinare la decisione di accogliere la nomina di Macciardi, indicato da Giuli (che, nel governo di destra-centro è in quota Fratelli d'Italia) è stato il voto favorevole del rappresentante della Regione, guidata da Vincenzo De Luca, ancora esponente del Pd - con il quale ha rapporti, come definirli?, frizzanti - e, quindi, da un punto di vista puramente ipotetico, avversario politico dell'esecutivo Meloni.

In tutto questo, la funzionalità del San Carlo sembra, più che un obiettivo che dovrebbe essere condiviso da tutti, semplice terreno per regolare conti politici, dimenticando che l'istituzione, che è da sempre nel cuore del napoletani, vive una lunghissima stagione di incertezza, da quando la sua guida si cominciò a caratterizzare non per la chiara fama dei sovrintendenti, o aspiranti a diventarlo, ma per decisioni prese in aule di giustizia.
Il nodo della querelle, restando all'aspetto formale, sta nel fatto che il Consiglio di indirizzo abbia tenuto la sua riunione, per vagliare il profilo dei possibili candidati al ruolo di sovrintendente, nonostante la decisione del sindaco Manfredi di annullarla dovendo partecipare ad un altro importante appuntamento istituzionale.

Ma, dopo avere fatto la conta, i tre consiglieri che hanno votato Macciardi, hanno deciso di andare avanti lo stesso, dando scacco al sindaco.
Se si è quindi risolta la faccenda - almeno per il momento, visto che Manfredi ha deciso di andare avanti per annullare seduta e votazione, forte anche del parere dei revisori dei conti del San Carlo -, restano le scorie, ed è qui che torna protagonista il presidente della Giunta regionale campana.

Perché De Luca, facendo votare il candidato del centro-destra, ha fatto una scelta devastante per i rapporti in seno alla sinistra, con uno sguardo alle prossime elezioni regionali.
E poco cambia nel giudizio politico sulla sua scelta il fatto che l'abbia giustificata dicendo che "Sono quattro mesi che il teatro San Carlo è allo sbando, che altro bisognava aspettare?".
Cosa resta da dire, se non che forse il San Carlo e Napoli avrebbero meritato un maggiore rispetto, pur lasciando ai due schieramenti la convinzione di essere nel giusto?

Però una considerazione ci sentiamo di farla.
Quanto accaduto dimostra essenzialmente una cosa: il governo, che fa quel che la legge gli consente, sta occupando tutti i posti possibili ed immaginabili, compresi quelli della cultura, con l'evidente obiettivo di ribaltare la narrazione che la vedeva in mano alla ''sinistra'', termine questo ormai abbastanza lasco.

Ma forse, appunto per la sua specificità, alla cultura si dovrebbe guardare come ad un gioiello da salvaguardare, e non come ad un trofeo da mettere in nella bacheca di un singolo partito.

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