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Minori e web: cresce la responsabilità civile dei genitori nell’era dei social

Redazione
 
Minori e web: cresce la responsabilità civile dei genitori nell’era dei social

Nell'epoca in cui la rete permea ogni aspetto della vita quotidiana, non sono solo i minori a dover fare i conti con le insidie del web: sempre più spesso, infatti, sono i genitori a finire sotto la lente della giustizia civile per le azioni compiute online dai propri figli. Profili falsi diffamatori, condivisioni di contenuti intimi senza consenso, atti di cyberbullismo: episodi di questo genere stanno diventando un vero e proprio campanello d’allarme per la giurisprudenza italiana.

Minori e web: cresce la responsabilità civile dei genitori nell’era dei social

Ora, evidenzia ilsole24ore.com i tribunali stanno delineando una linea sempre più rigorosa in merito all’obbligo di sorveglianza e di educazione digitale da parte dei genitori. Perché se da un lato internet rappresenta una risorsa straordinaria per l’accesso alla conoscenza e agli strumenti formativi, dall’altro si conferma terreno fertile per derive preoccupanti, specialmente tra i più giovani. E così i giudici, di fronte a un numero crescente di casi, sembrano muoversi verso un’interpretazione estensiva della responsabilità genitoriale, complice anche l’abbassamento progressivo dell’età in cui i bambini iniziano a navigare online. Secondo l’Atlante dell’infanzia 2023 di Save the Children, intitolato Tempi digitali, quasi il 45% dei bambini tra i 6 e i 10 anni si connette a internet ogni giorno.

La percentuale sale al 36,3% tra gli 11 e i 13 anni, che dichiarano di essere online con gli amici più volte al giorno, e raggiunge il 52,4% tra i 14 e i 16 anni, come confermato anche dai dati Istat. L’accesso precoce ai dispositivi digitali e alla rete non è più un’eccezione ma la norma.

Uno studio recente, realizzato dal ministero delle Imprese e del Made in Italy in collaborazione con l’Università Cattolica, fotografa un quadro ancora più inquietante: quattro ragazzi su dieci raccontano di aver vissuto esperienze negative online. Il fenomeno del cyberbullismo è in netta ascesa, come evidenziato anche dall’indagine Hbsc coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità: tra gli undicenni, il 17,2% dei maschi e il 21,1% delle femmine ammette di essere stato vittima di soprusi digitali.

In questo contesto, evidenzia ancora ilsole24ore.com, si rafforza l’idea che il compito di vigilanza da parte dei genitori non possa più essere delegato o ignorato. Il principio della “culpa in educando”, che attribuisce la responsabilità civile ai genitori per le mancanze educative nei confronti dei figli, si fa sempre più solido. E dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare comportamenti illeciti da parte dei minori si rivela spesso un’impresa ardua, se non impossibile.

Per i giudici, certi comportamenti dei figli minori sono la prova tangibile di un deficit educativo, e la responsabilità dei genitori è presunta salvo prova contraria. Una delle sentenze emblematiche in tal senso è quella del Tribunale di Bologna (n. 2829 del 29 ottobre 2024), che ha condannato i genitori di un ragazzo, all’epoca studente delle medie, a risarcire con 30mila euro i danni morali provocati a una coetanea. Il giovane, nel contesto di un grave episodio di bullismo, aveva richiesto alla ragazza foto intime come "dimostrazione di valore".

Secondo il giudice, l’episodio sarebbe stato evitabile se i genitori avessero assolto correttamente al loro dovere di educazione e controllo. Il Tribunale di Brescia ha seguito lo stesso orientamento in un’altra vicenda (sentenza n. 879 del 4 marzo 2024, citata da Il Sole 24 Ore il 31 marzo). In questo caso, una ragazza con lieve disabilità intellettiva aveva creato diversi account falsi per insultare una compagna, arrivando a pubblicare immagini pornografiche generate tramite software di manipolazione.

I genitori, chiamati a risarcire 15mila euro, hanno tentato di difendersi sostenendo di aver adottato ogni precauzione possibile. Tuttavia, il giudice ha ritenuto insufficiente la loro difesa, sottolineando come fosse loro compito prevenire l’instaurarsi di condizioni favorevoli alla commissione di illeciti. Non si tratta di casi isolati. Anche il Tribunale di Pescara (sentenza n. 601 del 22 aprile 2024) ha condannato due genitori per non aver impedito alle figlie minorenni di compiere telefonate moleste nei confronti di una coppia di vicini.

Le adolescenti, in possesso di schede Sim non monitorate, facevano chiamate anche in orario notturno, senza che i genitori intervenissero. Per il giudice, non solo l’assenza di controllo dei tabulati telefonici, ma anche il semplice fatto di aver consentito alle minori l’uso dei dispositivi senza alcuna supervisione costituiva una grave negligenza. Sentenze, queste, che mettono in luce una nuova responsabilità da parte delle famiglie, coi genitori che devono essere in grado di prevenire comportamenti dannosi da parte dei figli e dimostrare, con fatti concreti, di aver agito per impedirli.

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