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Sudafrica e Malesia lanciano una campagna per proteggere la Corte dell'Aja

Redazione
 
Sudafrica e Malesia lanciano una campagna per proteggere la Corte dell'Aja

Un gruppo di Paesi, ad iniziativa di Sudafrica e Malesia, lancerà una campagna per proteggere e sostenere le sentenze della Corte internazionale di giustizia (Cig) e della Corte penale internazionale.
L'iniziativa viene motivata con la necessità di difendere le due istituzioni davanti a quella che descrivono come una sfida agli ordini della CIG e ai tentativi del Congresso degli Stati Uniti di colpire la CPI attraverso l'uso di sanzioni.

Sudafrica e Malesia lanciano una campagna per proteggere la Corte dell'Aja

L'obiettivo del Gruppo dell'Aja, composto da nove nazioni (tra cui Colombia, Bolivia, Cile, Senegal e Namibia), è difendere le istituzioni e le decisioni dell'ordinamento giuridico internazionale.
Questa decisione giunge in un momento in cui sia la CPI che la Corte internazionale di giustizia si trovano ad affrontare sfide senza precedenti alla loro autorità nei casi relativi alle guerre a Gaza e in Ucraina e al traffico di esseri umani nel Mediterraneo.

Ronald Lamola, ministro delle relazioni internazionali del Sudafrica, ha affermato che la costituzione del gruppo di Stati ''invia un messaggio chiaro: nessuna nazione è al di sopra della legge e nessun crimine rimarrà senza risposta".

Le misure che il gruppo intende adottare riflettono la crescente rabbia nel Sud del mondo nei confronti di quello che viene visto come un doppio standard da parte delle potenze occidentali in materia di diritto internazionale.

Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha pubblicato un rapporto su cosa potrebbero fare gli Stati membri per garantire che Israele rispetti le sentenze della Corte internazionale di giustizia, in particolare la sentenza secondo cui la continua presenza di Israele nei territori occupati è illegale e che il Paese dovrebbe andarsene entro 12 mesi.

La Svizzera è stata incaricata di convocare una conferenza a marzo dei 196 firmatari delle convenzioni di Ginevra, incentrata sull'obbligo di rispettare il diritto internazionale umanitario nel territorio palestinese occupato. Una conferenza si terrà anche a giugno a New York per discutere una soluzione a due Stati.
Per la Corte penale internazionale è preoccupante è l'erosione della sua autorità.

Vladimir Putin, soggetto a un mandato di arresto della CPI, ha visitato gli Emirati Arabi Uniti e l'Arabia Saudita, due Stati che come la Russia non sono parte dello statuto di Roma fondativo della CPI, mentre la Mongolia firmataria ha respinto due richieste della CPI di arrestare il presidente russo quando ha visitato nell'agosto dell'anno scorso. La Mongolia ha affermato che Putin come capo di stato godeva dell'immunità: la richiesta è stata respinta dalla CPI, ma è stato creato un precedente.

Nel caso del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, gli Stati europei sono fortemente divisi sulla questione se dare seguito al mandato di arresto emesso a novembre; alcuni, tra cui l'Italia e l'Ungheria, sostengono che l'ordine restrittivo verrebbe ignorato se il primo ministro israeliano si trovasse sul loro territorio.

Una questione che fa ancora clamore è la decisione dell'Italia, dopo avere eseguito un mandato di arresto per il libico Almasri, trafficante di esseri umani e torturatore, di rimetterlo in libertà e trasferirlo in Libia.

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