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Il crollo di Wall Street è un pugno in faccia a Trump e alle sue politiche

Redazione
 
Il crollo di Wall Street è un pugno in faccia a Trump e alle sue politiche

Wall Street oggi annaspa nel tentativo di non affogare, trascinata dentro il vortice delle vendite dai grandi nomi del listino. A cominciare dalle più importanti aziende tecnologiche statunitensi, tra cui Apple, dai giganti della vendita al dettaglio, Walmart, dell'attrezzature sportive, come Nike.

Il crollo di Wall Street è un pugno in faccia a Trump e alle sue politiche

A nulla sono serviti gli allarmi di analisti ed economisti che, dopo una fase che è andata avanti per settimane e che ieri, è culminata nella dichiarazione di guerra al mondo di Trump, nel Rose Garden, corroborata da cifre e percentuali (non sempre veritiere), ora si dicono convinti che le scelte del presidente potrebbero determinare effetti devastanti su scala globale.

Una dimensione in cui si trova anche l'America, nonostante il fatto che Trump gongoli sparando numeri quasi a casaccio e parlando dell'imminente ingresso nella casse dell'Unione di centinaia di miliardi e quasi ignorando quali riflessi avranno le sue scelte sui consumatori.

Davanti ai timori di chi qualcosa ne capisce, lui va avanti per la sua strada, incurante del fatto che le ingenti tariffe sulle importazioni dai centri manifatturieri asiatici e le potenziali misure di ritorsione potrebbero mettere a dura prova le catene di approvvigionamento globali e incidere sui margini di profitto delle aziende.

I numeri di oggi sono impietosi: il Dow Jones è sceso del 2,72% e l'indice di riferimento S&P 500 ha perso il 3,21%, con le azioni tecnologiche e delle vendite al dettaglio statunitensi a guidare la rotta a Wall Street
Le azioni Apple sono scese dell'8%. Oltre il 90% della sua produzione è basata in Cina, uno dei Paesi più colpiti dai dazi, secondo una stima di Citi.

Gli stessi produttori di personal computer e server per le applicazioni dell'Intelligenza artificiale stanno solo aspettando che le politiche di Trump li colpiscano. Una cifra fa capire benissimo l'ordine di grandezza del settore: lo scorso anno gli Stati Uniti hanno importato quasi 486 miliardi di dollari in elettronica, il secondo settore più grande per importazioni, dopo i macchinari, secondo i dati del Census Bureau.

Le azioni di Dell e HP sono scese rispettivamente di circa il 10% e l'8%. Le tariffe renderebbero più costosi anche i server di intelligenza artificiale, aggiungendo potenzialmente milioni di costi aggiuntivi e sconvolgendo i piani di sviluppo dell'intelligenza artificiale delle Big Tech. Le azioni Microsoft sono scese del 2,1% e quelle di Alphabet sono scese del 3,2%.

I principali rivenditori statunitensi, tra cui Walmart, Amazon e Target, che contano su diversi Paesi asiatici, tra cui la Cina (colpita da una tariffa complessiva del 54%) , come fornitori chiave e potrebbero essere costretti ad aumentare i prezzi, hanno registrato un crollo compreso tra il 3% e il 7%.

Al Vietnam è stata applicata una tariffa del 46%, alla Cambogia del 49% e all'Indonesia del 32%. Davanti alla levata di scudi su scala internazionale e l'aumento dei malumori negli Stati Uniti da parte della gente comune, non sorprende che il vicepresidente JD Vance, davanti all'evidenza, dica ora di sapere che gli americani sono preoccupati per i costi di fronte a quello che ha definito "un grande cambiamento" nei dazi.

Poi ha avvertito che ci vorrà del tempo prima che i prezzi scendano o che negli Stati Uniti crescano più posti di lavoro e più produzione. Cose che, per diventare realtà, necessitano di tanto tempo, presupponendo che la pazienza della gente sia infinita.

"Sappiamo che molti americani sono preoccupati", ha detto intervistato dalla tv di riferimento di Trump e della galassia conservatrice, accusando, così come fa sempre Trump, la precedente amministrazione.

"Ciò che vorrei chiedere alla gente di comprendere è che non risolveremo le cose da un giorno all'altro. Sappiamo che le persone sono in difficoltà. Stiamo lottando il più velocemente possibile per sistemare ciò che ci è rimasto, ma non accadrà immediatamente", ha detto, aggiungendo che il lavoro dell'amministrazione per rimodellare l'economia con tariffe, allentare le normative e tagliare le tasse aiuterebbe alla fine "a dare una spinta ai consumatori e ai lavoratori americani''.

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