Economia
Crollo degli artigiani in Italia, un settore in via d’estinzione
di Redazione

Negli ultimi dieci anni il mondo dell’artigianato in Italia ha subito un vero e proprio tracollo. Secondo i dati elaborati dall’Ufficio Studi CGIA di Mestre, tra il 2014 e il 2024 si sono persi quasi 400mila artigiani: da 1,77 milioni si è scesi a 1,37 milioni, con un calo del 22%. Significa che un artigiano su quattro ha chiuso la propria attività o abbandonato il mestiere. Solo nell’ultimo anno la contrazione è stata di 72mila unità, pari al 5%.
Il fenomeno riguarda tutte le regioni, con le Marche in testa per perdite percentuali (-28,1%), seguite da Umbria (-26,9%), Abruzzo (-26,8%) e Piemonte (-26%). Il Mezzogiorno ha resistito meglio, grazie soprattutto agli effetti del Superbonus e agli investimenti del PNRR, che hanno rallentato la caduta del comparto edilizio.
Il rischio concreto è che, nel giro di pochi anni, trovare un idraulico, un fabbro o un elettricista diventi un’impresa. La popolazione artigiana invecchia e i giovani non scelgono più queste professioni, complice anche il calo demografico e una svalutazione culturale che ha relegato il lavoro manuale a opzione di “serie b”. Oggi in Italia ci sono più avvocati che idraulici: 233mila contro 165mila.
Il crollo è imputabile a più fattori: l’assenza di ricambio generazionale, la concorrenza della grande distribuzione e dell’e-commerce, il peso della burocrazia e delle tasse, l’aumento degli affitti e il cambiamento nelle abitudini dei consumatori, ormai orientati verso il prodotto industriale e l’usa e getta. Anche le fusioni e acquisizioni tra imprese hanno ridotto il numero delle botteghe, pur aumentando la produttività in alcuni settori come trasporto merci, metalmeccanico e moda.
Non tutto, però, è in crisi. Parrucchieri, estetiste, tatuatori, informatici, esperti di marketing digitale e attività alimentari come gelaterie e pizzerie da asporto, soprattutto nelle città turistiche, mostrano dati positivi e una crescita costante.
Per contrastare la desertificazione artigiana, la CGIA propone l’introduzione di un “reddito di gestione delle botteghe” per sostenere chi apre o mantiene attività nei piccoli comuni, spesso a rischio spopolamento. Inoltre, è urgente rivalutare l’istruzione professionale e rafforzare l’alternanza scuola-lavoro, restituendo dignità a mestieri che hanno fatto la storia economica e culturale del Paese.
Il Parlamento sta lavorando a una riforma della legge quadro sull’artigianato (n. 443/1985), con l’obiettivo di aggiornare regole e vincoli. Tra le novità: più flessibilità nella costituzione dei consorzi, un fondo biennale da 100 milioni di euro per facilitare l’accesso al credito e l’innalzamento del tetto occupazionale da 18 a 49 addetti, in linea con gli altri Paesi UE.
Nell’ultimo anno le province più penalizzate sono state Ancona (-9,4%), Ravenna e Ascoli Piceno (-7,9%), Rimini (-6,9%) e Reggio Emilia (-6,8%). Le perdite più contenute si sono registrate nel Sud, in particolare a Crotone e Ragusa (-2,7%).