Esteri

World Media Headlines. Francia: il tramonto di Bayrou e l’attesa per la mossa di Macron

di Redazione
 
World Media Headlines. Francia: il tramonto di Bayrou e l’attesa per la mossa di Macron
Il cuore dell’attenzione di tutti i media internazionali resta la Francia, dove François Bayrou ha visto naufragare il suo governo in un’Assemblea nazionale incandescente. Come scrive Le Figaro, “nessun miracolo”: il primo ministro centrista, dopo aver chiesto e ottenuto un voto di fiducia, è stato travolto dai numeri. Solo 194 voti a favore, contro 364 contrari e 35 astensioni. Una disfatta persino più netta di quella che, lo scorso dicembre, costò la poltrona a Michel Barnier. Secondo Le Monde, la Costituzione impone ora a Bayrou di presentare le dimissioni a Emmanuel Macron, e il suo entourage ha già confermato all’AFP che lo farà. Il presidente potrà però chiedere ai ministri di restare in carica per garantire la continuità dello Stato. Nel frattempo l’Eliseo fa sapere, tramite dichiarazioni riportate ancora da Le Figaro, che un nuovo premier sarà nominato “nei prossimi giorni”. Forse già oggi, per non lasciare Macron solo ad affrontare il movimento di protesta “Blocca tutto” che mercoledì paralizzerà il Paese, anticipando lo sciopero sindacale del 18 settembre e la delicata decisione di Fitch sul rating francese. In caso contrario, la scelta arriverà entro fine settimana, così da presentare un governo completo quando Macron volerà a New York per riconoscere lo Stato di Palestina alle Nazioni Unite.

Dall’altra parte dell’Atlantico, i riflettori si accendono sullo scandalo Epstein. La CNN e vari media internazionali hanno dato notizia della pubblicazione, da parte della Commissione di vigilanza della Camera, di una nuova serie di documenti provenienti dalla proprietà del finanziere morto in carcere. Tra questi, il cosiddetto “libro dei compleanni” compilato da Ghislaine Maxwell per i 50 anni di Epstein, in cui compare anche il nome di Donald Trump. Il presidente, già impegnato in una causa per diffamazione contro il Wall Street Journal che aveva diffuso per primo la notizia, ha ribadito tramite i suoi portavoce che non ha mai firmato quella lettera né disegnato il presunto ritratto a lui attribuito. Karoline Leavitt, della Casa Bianca, ha scritto su X che “è molto chiaro che il Presidente Trump non ha disegnato questo quadro e non l’ha firmato”. Il contenuto del “libro” però è imbarazzante: note oscene, fotografie private, riferimenti a feste su yacht e persino una pagina con una battuta di pessimo gusto su una donna “venduta” a Trump per 22.500 dollari. I democratici hanno diffuso l’immagine, mentre i repubblicani accusano l’opposizione di “politicizzare” i materiali, come ha dichiarato James Comer, presidente della Commissione. Nel frattempo gli avvocati del patrimonio Epstein hanno assicurato alla CNN che la consegna dei documenti al Congresso proseguirà, mentre un gruppo bipartisan di deputati volerà a New York per visionare gli atti non censurati. Non meno clamorose le rivelazioni del Guardian sul Regno Unito, dove una fuga di dati dall’ufficio privato di Boris Johnson rischia di travolgere l’ex premier. I cosiddetti “Boris Files”, ottenuti dall’organizzazione statunitense DDoS, comprendono oltre 1.800 documenti tra email, contratti, lettere e fatture. Il quadro che emerge è quello di un Johnson impegnato a monetizzare la rete di contatti costruita a Downing Street, con possibili violazioni delle regole sul lobbying. Nei file compaiono pressioni su alti funzionari sauditi, incontri riservati con il miliardario Peter Thiel e pagamenti non dichiarati, tra cui 200.000 sterline ricevute da un hedge fund dopo un incontro con Nicolás Maduro. Spuntano anche episodi imbarazzanti come una cena privata durante il lockdown con un finanziatore Tory, proprio mentre il Paese era costretto alle restrizioni anti-Covid. Dopo l’uscita da Downing Street, Johnson avrebbe incassato circa 5,1 milioni di sterline in soli 34 discorsi tra ottobre 2022 e maggio 2024, beneficiando al contempo dell’indennità pubblica PDCA per gli ex premier. Secondo il Guardian, questa sovrapposizione tra incarichi privati e fondi pubblici rischia di alimentare una nuova ondata di polemiche sulla “porta girevole” della politica britannica.

Intanto in Asia, la BBC riporta le dimissioni del primo ministro giapponese Shigeru Ishiba, arrivate dopo due pesanti sconfitte elettorali di medio termine. La decisione precede di un giorno il voto di sfiducia interno al suo stesso partito, il Liberal Democratico (LDP), e apre l’ennesima corsa alla leadership: la terza in appena cinque anni. Le elezioni interne del PLD, previste per ottobre, designeranno con ogni probabilità il nuovo premier. I nomi che circolano sono quelli di Shinjiro Koizumi, giovane ministro dell’agricoltura e figlio dell’ex premier Junichiro; Yoshimasa Hayashi, capo di gabinetto con esperienza; e Sanae Takaichi, che potrebbe diventare la prima donna alla guida del Giappone, nonostante le sue posizioni ultraconservatrici su temi sociali. Il futuro leader dovrà affrontare un Paese scosso dall’inflazione, da rapporti complicati con Washington e da un elettorato sempre più attratto dall’estrema destra del partito nazionalista Sanseito. Come ha osservato alla BBC il professor Jeffrey Hall, Ishiba “non era considerato abbastanza conservatore” e molti elettori hanno scelto di punire il PLD spostandosi altrove. Il prossimo leader avrà dunque il compito di ricucire un partito diviso e recuperare la fiducia perduta.
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