Il governo mette mano all’ordinamento dei commercialisti con una riforma che punta a svecchiare la professione e a renderla più accessibile ai giovani. Il Consiglio dei ministri ha infatti approvato il disegno di legge delega che affida all’esecutivo il compito di riscrivere alcune delle regole cardine della categoria.
Commercialisti, via alla riforma: tirocinio già all’università e tempi più rapidi per l’abilitazione
Al centro c’è l’obiettivo di accelerare l’ingresso nel mondo del lavoro, riducendo i tempi per l’abilitazione e prevedendo che il tirocinio obbligatorio possa essere svolto già durante il percorso universitario. L’intervento nasce da un quadro che racconta di un progressivo invecchiamento della categoria: negli ultimi anni, i commercialisti con meno di 40 anni iscritti all’albo sono diminuiti del 32,3%, mentre gli over 60 sono cresciuti del 64,3%. Un trend che rischia di compromettere il futuro della professione, sempre più essenziale nell’intreccio tra economia e fisco.
Il testo approvato, suddiviso in tre articoli, non attribuisce nuove competenze, ma si concentra sul riordino delle attività già disciplinate da altre norme. Come sottolinea la relazione illustrativa, l’intento è quello di mettere ordine in un settore che, negli ultimi anni, è stato investito da numerosi interventi legislativi: dal codice della crisi d’impresa alla riforma Cartabia sulle funzioni giudiziarie, fino alle più recenti misure fiscali del governo.
Tra le direttrici principali della riforma c’è la possibilità di svolgere i 18 mesi di tirocinio necessari per accedere all’esame di Stato durante il biennio professionalizzante dell’università, una misura che punta a rendere più attrattiva la carriera per i giovani. Allo stesso tempo, viene incentivata la possibilità di esercitare la professione in forma aggregata. Secondo uno studio citato dal Sole 24 Ore, chi lavora in rete è in grado di offrire una gamma più ampia di servizi e di registrare entrate fino a 2,4 volte superiori rispetto ai professionisti che operano da soli.
Il disegno di legge affronta anche la questione dell’equo compenso, introducendo l’obbligo di rispettare la normativa approvata nel 2023. Saranno fissati, con decreto ministeriale, parametri specifici per determinare i compensi, anche per le prestazioni erogate in forma associata, su proposta del Consiglio nazionale della categoria.
Non mancano poi interventi su specializzazioni e incompatibilità, con la possibilità di introdurre deroghe temporanee in particolari situazioni, e una revisione delle norme che regolano la rappresentanza della categoria, sia a livello locale che nazionale. L’intento è favorire l’ingresso di giovani professionisti nelle cariche elettive, assicurare il rispetto delle pari opportunità e garantire una maggiore tutela delle minoranze. Accanto agli aspetti tecnici, la riforma è stata accolta con grande favore dal Consiglio nazionale dei commercialisti. I
Il presidente Elbano de Nuccio ha parlato di “una giornata storica per la nostra professione”, sottolineando che il nuovo percorso normativo rappresenta “la riscrittura della carta d’identità” della categoria. “Un risultato significativo - ha dichiarato - che arriva nonostante l’ostruzionismo di una minoranza, e che premia un’azione politica incisiva, costante e incontrovertibile del Consiglio nazionale. Abbiamo saputo tradurre le istanze della categoria in una visione condivisa a livello istituzionale”.
Nel ringraziare la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il sottosegretario Alfredo Mantovano e il ministro della Giustizia Carlo Nordio, De Nuccio ha ribadito che l’obiettivo resta quello di preservare la centralità del ruolo dei commercialisti “in un sistema economico e fiscale che cambia con rapidità”.