Salute

Giornata Mondiale del Parkinson: in Italia 230mila persone colpite, ma 8 su 10 non conoscono la malattia

Redazione
 
Giornata Mondiale del Parkinson: in Italia 230mila persone colpite, ma 8 su 10 non conoscono la malattia

Si celebra oggi la Giornata Mondiale del Parkinson, istituita dall'European Parkinson's Disease Association per commemorare la nascita di James Parkinson, il medico londinese che nel 1817 descrisse con rigore pionieristico quella che allora definì ''paralisi agitante''.

Giornata Mondiale del Parkinson: in Italia 230mila persone colpite

Oggi, due secoli dopo, la sua intuizione si traduce in un'eredità viva, fatta di ricerche, testimonianze e sfide quotidiane. In Italia, il morbo di Parkinson affligge circa 230mila persone, ma la cifra è destinata a salire, sospinta dal progressivo invecchiamento della popolazione. Una diagnosi che, purtroppo, ancora oggi fa paura, complice lo stigma sociale e una conoscenza diffusa assai lacunosa: ben otto italiani su dieci, secondo recenti stime, ignorano cosa sia realmente il Parkinson.

Eppure la sua incidenza è tutt’altro che marginale, oscillando tra le 250 e le 300 diagnosi ogni centomila abitanti.
Una sottostima, avvertono gli specialisti, poiché molti pazienti celano i primi sintomi, nel tentativo di sfuggire al peso sociale e psicologico del ''marchio'' di una malattia cronica e percepita, spesso a torto, come incurabile.

Il morbo di Parkinson è una patologia neurodegenerativa dalla progressione lenta, ma inesorabile, che compromette progressivamente la motilità e molteplici funzioni vitali. L’epicentro del disturbo risiede in una minuscola ma cruciale regione del cervello: la substantia nigra, dove risiedono neuroni incaricati della produzione di dopamina, la sostanza neurotrasmettitrice che orchestra i movimenti volontari, l’equilibrio e la postura.

Alla base della degenerazione neuronale si ritrovano i cosiddetti corpi di Lewy, agglomerati anomali della proteina alfa-sinucleina, la cui presenza in eccesso funge da detonatore per il processo neurodegenerativo.
La malattia colpisce soprattutto gli uomini sopra i 65 anni, ma può manifestarsi anche in età più precoce - seppur in casi rari, circa il 5% - e spesso con una base genetica riconoscibile. Le mutazioni di geni come Parkina, PINK1, LRRK2 o Glucocerebrosidasi rappresentano le cause ereditarie più note, ma non esclusive. Il Parkinson, infatti, è figlio di un intreccio di fattori: genetici, ambientali e biologici.

Tra i responsabili figurano l’esposizione a sostanze tossiche - pesticidi, metalli pesanti, idrocarburi - così come lo stress ossidativo, l’accumulo di ferro cerebrale, le disfunzioni mitocondriali e lo squilibrio di meccanismi neurochimici. Il primo segnale spesso è un tremore a riposo, asimmetrico, discreto. Poi subentrano la bradicinesia - una lentezza nei movimenti che rallenta ogni gesto quotidiano -, la rigidità muscolare, le difficoltà di deambulazione, l’instabilità posturale.

Ma il Parkinson non è solo una malattia del corpo. Con il passare degli anni, al corteo sintomatico motorio si affiancano disturbi neuropsichiatrici come depressione, demenza e allucinazioni, e problematiche autonome che toccano la sfera digestiva, urinaria, sessuale e persino sensoriale, come la perdita dell’olfatto. Oltre il 60% dei pazienti riferisce un rallentamento dei ritmi quotidiani, più della metà una stanchezza invalidante.
Il Parkinson cambia le vite: limita il tempo libero per il 53% di chi ne è affetto, incide sull’attività lavorativa nel 23% dei casi. Numeri che rispecchiano l’età media d’esordio - tra i 55 e i 65 anni - ma che non risparmiano i più giovani.

La diagnosi è ancora oggi eminentemente clinica: si basa sulla valutazione neurologica, supportata da scale di misurazione, come la Unified Parkinson's Disease Rating Scale (UPDRS), che analizza funzionalità motorie, comportamento, umore e autonomia.

Gli esami strumentali - TAC, PET, risonanza magnetica - e i test farmacologici con apomorfina o L-dopa confermano il sospetto e aiutano a calibrare la terapia. Il trattamento, infatti, mira soprattutto a colmare la carenza dopaminergica. La Levodopa, precursore della dopamina, resta il cardine terapeutico, ma il suo uso prolungato può generare effetti collaterali come discinesie e agitazione motoria.

Ad essa si affiancano agonisti dopaminergici, inibitori delle monoamino-ossidasi e delle COMT, anticolinergici e, nei casi più refrattari, la stimolazione cerebrale profonda: un impianto simile a un pacemaker che agisce direttamente sulle aree cerebrali compromesse. Nonostante l’assenza, ancora, di una cura definitiva, la ricerca scientifica non si arresta. All'Università della California a Los Angeles, ad esempio, i chimici organici hanno sintetizzato per la prima volta una molecola marina — l’acido lissodendorico A — che apre nuovi scenari terapeutici.
Allo stesso tempo, si affinano strumenti diagnostici sempre più precoci, come i test salivari, e si esplorano metodi innovativi per la riabilitazione motoria e cognitiva, dalla realtà virtuale ai robot sensoriali, come nei progetti in corso alla Fondazione Don Gnocchi di Milano.

Perfino l’arte si fa terapia. Uno studio italiano ha dimostrato l’efficacia di "Dance Well", un programma di danza multisensoriale che, più della fisioterapia tradizionale, migliora equilibrio, fluidità e benessere psicofisico nei pazienti. Il corpo che si muove, anche solo un po’, rompe il silenzio della malattia e restituisce una dimensione di libertà.
Ed è proprio il movimento a essere al centro delle iniziative di oggi.

Per esempio, la Fondazione Limpe lancia Parkithlon 2025, un triathlon simbolico che vedrà cimentarsi pazienti, neurologi e caregiver in prove di nuoto, ciclismo e camminata veloce, in programma il 12 settembre sulla suggestiva Costa dei Trabocchi. Parallelamente, la campagna social #UnPassoControilParkinson invita tutti a condividere il proprio contributo, per tenere alta l’attenzione su una battaglia che è prima di tutto collettiva. In serata, un webinar aperto al pubblico offrirà aggiornamenti scientifici e momenti di confronto con gli esperti. Non mancano, infine, le testimonianze. Il documentario "Dialoghi con Mr. Parkinson", promosso dalla Confederazione Parkinson Italia, racconta la malattia attraverso l'intima conversazione tra pazienti, medici e caregiver, con una lettera firmata da Vincenzo Mollica che, con ironia e delicatezza, restituisce umanità a un disturbo spesso ridotto a mera diagnosi.

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