L’Istat ha introdotto un importante aggiornamento metodologico per gli indici dei prezzi dei prodotti agricoli, passando alla nuova base 2020=100. L’operazione, prevista ogni cinque anni, comporta la revisione dei panieri, delle tecniche di rilevazione e delle strutture di ponderazione che determinano l’andamento dei prezzi dei prodotti acquistati e venduti dagli agricoltori italiani.
Istat aggiorna gli indici dei prezzi agricoli. Nuova base 2020 per fotografare meglio i mercati rurali italiani
Il nuovo sistema statistico si basa su 255 prodotti totali (109 venduti, 146 acquistati), raggruppati in 39 gruppi e 41 sottogruppi, coerenti con la classificazione dei Conti economici dell’agricoltura (CEA). Le quotazioni di prezzo rilevate ogni mese sono ben 6.735, raccolte in gran parte (75,3% della Superficie Agricola Utilizzata) dalle 54 Camere di Commercio attive in 78 province italiane.
La scelta di mantenere invariato il paniere nazionale rispetto alla base 2015 riflette la stabilità delle produzioni e delle dinamiche territoriali. A essere modificati sono stati invece i panieri provinciali, le strutture di ponderazione e i calendari di rilevazione per i prodotti stagionali, consentendo una fotografia più aggiornata delle abitudini produttive e dei costi sostenuti dagli agricoltori nel triennio di riferimento 2019-2021.
Nel confronto tra gli indici in base 2020 e quelli in base 2015, la sovrapposizione è quasi totale per i prodotti venduti, con scarti minimi (entro l’1,5%). Più marcata invece la divergenza per i prodotti acquistati, che nella nuova base mostrano una dinamica più accentuata fino al 2023, ma più contenuta nel 2024.
Tra il 2021 e il 2022 si è registrata una forte crescita sia dei prezzi venduti (+7,9% e +20,0%) sia di quelli acquistati (+9,0% e +24,1%). A pesare sull’impennata dei costi sono stati soprattutto energia e lubrificanti, mangimi e concimi, che insieme hanno spiegato oltre 70% della variazione totale nel 2022. Al contrario, negli ultimi due anni si assiste a un’inversione di tendenza: mentre i prezzi di vendita crescono solo dell’1,9% (2023) e dell’1,1% (2024), quelli di acquisto calano rispettivamente dell’1,9% e del 4,5%.
Sotto il profilo della ponderazione, per i prodotti venduti dagli agricoltori crescono in peso relativo le voci vino (+13,73 p.p.), ortaggi e piante, mentre calano cereali (-2,54 p.p.) e frutta (-2,53 p.p.). Sul fronte dei prodotti acquistati, aumenta il peso dei consumi intermedi, con mangimi in testa (+7,40 p.p.), mentre si riducono gli investimenti in beni strumentali (-2,92 p.p.).
A livello territoriale, le regioni che forniscono il maggior numero di quotazioni sono Emilia-Romagna (13,7%), Veneto (11,7%), Piemonte e Lombardia (10% ciascuna). Tuttavia, la copertura resta disomogenea: se in sette regioni l’indagine è completa (tra cui Piemonte, Emilia-Romagna, Abruzzo e Trentino), in Sicilia e Sardegna la copertura si ferma sotto il 50%, mentre Basilicata e Valle d’Aosta sono escluse.
Nel dettaglio, i prodotti vegetali hanno contribuito in maniera decisiva all’aumento dei prezzi nel biennio 2021-2022 grazie a cereali, frutta e ortaggi, mentre nel 2024 spiccano vino, ortaggi e olio d’oliva. Sul versante animale, i prezzi hanno mantenuto una crescita moderata fino al 2023, con un apporto crescente dei prodotti derivati (latte, uova, ecc.) nell’ultimo anno.
L’aggiornamento degli indici rappresenta un punto di riferimento cruciale per analizzare la redditività delle imprese agricole, monitorare l’inflazione specifica del settore e orientare le scelte di politica agricola a livello nazionale ed europeo. L’Istat, attraverso questo lavoro di ribasamento, restituisce un quadro più accurato delle dinamiche di mercato e delle pressioni sui costi che impattano sulla filiera agroalimentare.