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Leonardo da Pinchy, ladro gentilgatto: diario di un cleptomicio col pallino per le mutande

Barbara Leone
 
Leonardo da Pinchy, ladro gentilgatto: diario di un cleptomicio col pallino per le mutande

Che i gatti siano creature straordinarie, lo sanno anche le poltrone su cui regnano. Da millenni si aggirano nelle nostre case come se fossero templi a loro dedicati, ci degnano di sguardi enigmatici, ci offrono fusa calibrate con l'astuzia di un diplomatico e, più spesso di quanto vorremmo ammettere, ci rendono servitori del loro capriccio.

Leonardo da Pinchy, ladro gentilgatto: diario di un cleptomicio col pallino per le mutande

Non ubbidiscono, non si addestrano, non compiacciono. I gatti, semplicemente, sono. Filosofi silenziosi, divinità decadute o semplici manipolatori con la coda: l’umanità, in ogni epoca, ha cercato di dar senso al loro fascino. E ha sempre fallito, arrendendosi al mistero. Dal Gatto con gli Stivali, geniale ciarlatano dalla parlantina sciolta e dagli stivali di cuoio, al misterioso e sensuale micio nero che Charles Baudelaire evoca nei suoi versi come incarnazione vivente del mistero femminile (“Vieni, mio bel gatto, posa sul mio cuore amante…”), questo animale ha attraversato i secoli col passo silenzioso di chi sa di non dover chiedere mai.

È dunque inevitabile che una creatura così, posta in un contesto suburbano ordinato e ben stirato, finisca per destabilizzarlo con la nonchalance di un’esteta annoiato. Ed eccolo, dunque, Lui.

Leonardo da Pinchy. Quindici mesi di pelo lucido, baffi fieri e inclinazioni criminali. Vive in Nuova Zelanda, e più precisamente a Mairangi Bay, placido quartiere costiero di Auckland, ma avrebbe fatto la sua figura anche a Versailles o tra i vicoli di Venezia. Il nome la dice lunga: Leonardo come da Vinci, per ovvie ragioni di grandezza e complessità mentale; da Pinchy da to pinch, verbo inglese che significa rubacchiare, fregare, con quella sfumatura di disinvoltura che ben si addice a un ladro gentiluomo in pelliccia corta.

Leo – così lo chiamano i più affezionati – ha un curriculum criminale che farebbe impallidire Arsenio Lupin. Ma con più grazia e meno senso civico. Non ruba per necessità, né per istinto. Leo ruba per inclinazione estetica. Perché può. Si aggira tra i giardini del quartiere con l’aria annoiata di chi ha letto troppo Proust e decide che la vera arte sia sfilare un maglione di cashmere da uno stendino senza lasciare tracce. Un giorno ha portato a casa nove oggetti in poche ore, tra cui una maglietta da neonato, un serpente di peluche lungo un metro e mezzo e… mutande. Tante. Raffinate. Multicolori. Un piccolo bottino della vanità umana.

Come raccontato dall’agenzia AP News, tutto è cominciato quando la sua umana – non padrona, ché i gatti non hanno padroni – Helen North, si è trovata in casa una collezione tessile che non ricordava di aver acquistato.
“Mia figlia era a casa malata e mi ha chiamata urlando: ‘È brutto, è orribile! È la cosa peggiore che abbia mai portato!’”, ha raccontato Helen all’AP. “Poi ho visto il maglione. Era bellissimo. Ho pensato: ‘Posso tenerlo?’. Ma no, ho dovuto restituirlo”.

Una dichiarazione d’onestà che le fa onore, ma che segna anche l’inizio della sua nuova carriera: quella di assistente personale di un ladro seriale. E così, dopo l’imbarazzo iniziale, è arrivata la fase organizzativa. Helen ha iniziato a documentare la refurtiva su Facebook, ad archiviare i capi per tipologia, e a gestire un gruppo WhatsApp dove la frase più ricorrente è diventata un’espressione surreale della nuova normalità: “Scusa, sono le tue mutande?”

A sorpresa, nessun vicino ha sporto denuncia. Anzi: alcuni sono rimasti delusi di non essere ancora finiti nel radar felino. “Un paio di persone erano contrariate: dicevano che Leo non aveva mai rubato nulla a loro”, ha raccontato Helen, tra un boxer e un body da riconsegnare. Perché si sa, l’esclusione da un furto selettivo può ferire l’ego più della perdita di una canottiera.

Non poteva mancare la signora allergica ai gatti, che per disperazione ha iniziato a stendere il bucato in casa pur di evitare un secondo attacco. Ma anche lei, sotto sotto, è parsa divertita dal fatto di essere finita nel mirino di un animale così aristocraticamente indisponente. Helen ha provato di tutto. Ha cercato di tenerlo in casa. Gli ha offerto capi “sacrificabili”, nella speranza che si accontentasse. Ma niente da fare.

“Lui vuole solo cose che non dovrebbe avere”, sospira, consapevole di vivere con un raffinato ladro recidivo. E quando qualcuno suggerisce di prendere un secondo gatto, come distrazione sociale, lei inorridisce: “Potrebbe insegnargli a fare lo stesso. Non potrei reggere una scuola di furto”.

La speranza, ora, è che sia una fase adolescenziale passeggera. Ma anche questa fiducia è incerta. “Non voglio farlo per quindici anni. È un sacco di lavoro amministrativo”, confessa Helen.
E come darle torto? Tra aggiornamenti social, restituzioni imbarazzate e nuove fotografie del bottino, la sua vita è diventata un misto tra Chi l’ha visto? e il catalogo di Tezenis. E così, nel cuore verde di Mairangi Bay, Leonardo da Pinchy continua a colpire.

Con classe, con metodo, con impunita superiorità. Non è solo un gatto: è una performance vivente, un happening peloso, un sabotatore di bucati e di routine. Ma soprattutto è l’ultima incarnazione del fascino felino: anarchico, irriverente, inesplicabile. Perché il punto, alla fine, non è la mutanda rubata. È l’idea che un essere così piccolo e arrogante riesca a ribaltare la normalità con un solo balzo. Un monito, forse, o un invito a prenderci meno sul serio. Con una zampa lesta e uno sguardo da innocente, Leo ci ricorda che nulla è mai del tutto al sicuro. Nemmeno il bucato.

Nemmeno il cuore. In fondo, chi conosce i gatti lo sa: non rispondono a comandi, non cercano approvazione, non fanno compagnia: la concedono. Non hanno bisogno di qualcuno che li guidi, ma di una squadra efficiente che li assecondi. Altro che “padroni”: i gatti hanno uno staff dedicato, sempre reperibile, sempre un passo indietro. E Leonardo da Pinchy, ça va sans dire, ha già assegnato i ruoli: Helen North, la sua umana, è stata prontamente nominata segretaria personale, con funzioni di logistica, pubbliche relazioni e gestione refurtiva. Un incarico a tempo pieno, senza ferie né retribuzione, ma con il privilegio inestimabile di servire un ladro d’alto rango.

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