Forse a guidare la sanguinosa vendetta di Israele dopo la strage di atleti in occasione delle Olimpiadi del 1972, a Monaco, non fu solo il Mossad, il servizio segreto per le operazioni all'estero, le cui gesta sono state celebrate prima da ''Vendetta'', il libro di George Jonas, del 1984, poi dal film che da esso prese spunto, ''Munich'' di Steven Spielberg, uscito nel 2005.
Monaco 1972: la vendetta israeliana contro Settembre Nero fu aiutata da intelligence occidentali
Anche se il lavoro, soprattutto quello logistico e di esecuzione materiale degli omicidi mirati di esponenti - veri o presunti - di Settembre Nero fu compiuto da elementi del Mossad, le operazioni in diverse capitali europee non avrebbero potuto avere esito positivo senza la fattiva collaborazione di intelligence occidentali, utilissima soprattutto per localizzare i bersagli e informare gli israeliani in quella turbolenta stagione.
A rivelare il ruolo dei servizi segreti occidentali - anche se non si conosce ufficialmente quali, non è certo difficile intuire chi avesse interesse ad aiutare Israele: basta guardare dove sono avvenuti gli omicidi - è stata la recente declassificazione di documenti che sembrano lasciare capire che il sostegno sia stato deciso direttamente dalle singole intelligence e non autorizzato politicamente. Cosa credibile perché operazioni del genere ben difficilmente sarebbero potute restare veramente segrete, aprendo alla possibilità di uno scandalo, ma soprattutto esponendosi alla vendetta di Settembre Nero.
Nell'attentato in occasione dei Giochi di Monaco restarono uccisi undici atleti israeliani, alcuni direttamente dai terroristi palestinesi, altri nel corso della dilettantesca operazione della polizia tedesca per impedire la fuga in elicottero dei palestinesi e degli ostaggi. Un affronto per Israele, che comunque non aveva capito che i palestinesi avevano scelto di combattere la loro guerra ben oltre il Medio Oriente. La vendetta israeliana colpì prima in alcune capitali europee (Parigi, Roma. Atene e Nicosia) e, quindi, negli anni successivi, raggiunse altri sei obiettivi.
La conferma che il sospetto di un coinvolgimento di altri servizi di intelligence nell'operazione del Mossad, chiamata ''Ira di Dio'' è arrivata dalla scoperta di alcuni cablogrammi criptati, custoditi in archivi svizzeri, ad Aviva Guttmann, storica della strategia e dell'intelligence presso l'Università di Aberystwyth.
I cablogrammi erano scambiati servendosi di un sistema segreto di trasmissione, nome in codice Kilowatt, istituito nel 1971 per consentire a 18 servizi segreti occidentali, tra cui quelli di Israele, Regno Unito, Stati Uniti, Francia, Svizzera, Italia e la Germania Ovest del tempo, di condividere informazioni. Nei messaggi erano contenuti dati grezzi, soprattutto relativi a indirizzi di possibili covi dei terroristi e ai mezzi con i quali si spostavamo, alle strategie dei gruppi e, quindi, con la loro analisi.
Molte delle informazioni contenuti dei cablogrammi non entravano nello specifico di quanto gli israeliani stavano progettando, ma di certo sono state di grande aiuto. Pare che dai documenti non ci sia certezza di questo, ma non sarebbe lontano dal vero che, dopo le notizie degli omicidi mirati, in molti, nelle intelligence occidentali, abbiano capito il valore del contributo fornito.
Con un paradosso, rimarcato dalla prof.Guttmann: "Stavano persino condividendo i risultati delle loro indagini sugli omicidi con l'agenzia – il Mossad – che molto probabilmente li aveva commessi".
''Ira di Dio'' fu autorizzata dal primo ministro, Golda Meir, ma solo dopo che le furono fornite prove certe del coinvolgimenti dei ''bersagli'' negli attentati contro aerei, ambasciate e uffici di compagnie aeree israeliane in tutta l'Europa occidentale e nel Mediterraneo in quel periodo. Gran parte di queste prove proveniva dai servizi segreti occidentali e giunse a Israele attraverso la rete Kilowatt.
Il grano del rosario di omicidi fu l'uccisione, a Roma, di intellettuale palestinese che lavorava presso l'ambasciata libica. Wael Zwaiter fu ucciso a colpi d'arma da fuoco nell'atrio del suo condominio nella capitale italiana.
Sin dall'inizio chi difendeva la memoria di Zwaiter sostenne che c'era stato uno scambio di persona perché non aveva alcun legame con il terrorismo, mentre i cablogrammi di Kilowatt mostrano che Israele era stato informato più volte dai servizi di sicurezza occidentali che il traduttore trentottenne aveva fornito armi e supporto logistico a Settembre Nero.
Una seconda vittima, Mahmoud al-Hamshari, rappresentante ufficiale dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina in Francia , fu uccisa a Parigi nel dicembre 1972. Hamshari figurava anche nei cablogrammi di Kilowatt, che descrivevano le sue attività diplomatiche e di raccolta fondi, ma affermavano anche che aveva reclutato cellule terroristiche.
Un'altra vittima della vendetta israeliana, a Parigi, nel giugno 1973, fu Mohamed Boudia, algerino e veterano della guerra d'Indipendenza. Drammaturgo, attore e regista teatrale, fu inchiodato anche dalle informazioni fornite dalle autorità svizzere. Boudia era sospettato di avere progettato una serie di attentati, anche contro un terminal petrolifero italiano. Sulla base delle informazioni arrivate dalla Svizzera, il Mossad si mise sulle tracce di Boudia, trovandolo a Parigi. L'uomo morì nell'esplosione di un ordigno collocato sotto la sua automobile.
"Non sono sicura che la campagna sraeliana sarebbe stata possibile senza le informazioni tattiche dei servizi segreti europei. Certamente, sono state di enorme beneficio. Ma era anche molto importante per il Mossad sapere di avere quel tacito sostegno", ha affermato Guttmann, che pubblicherà la sua ricerca in un libro entro la fine dell'anno.
Se Boudia fu eliminato grazie alla collaborazione con i servizi svizzeri. fu l'MI5, il servizio di intelligence interno britannico, a fornire al Mossad l'unica foto di Ali Hassan Salameh, ritenuto il responsabile dell'attacco di Monaco.
Nel luglio del 1973, il Mossad ritenne di avere rintracciato Salameh a Lillehammer, una piccola località sciistica norvegese, e utilizzò la foto fornita dall'MI5 per identificare il bersaglio per sparare. Ma l'uomo ucciso a colpi d'arma da fuoco si rivelò essere un cameriere marocchino, che pagò con la vita la somiglianza con il terrorista. La vendetta di Israele raggiunse comunque Salameh, a Beirut, nel 1979, quando una bomba piazzata su un'auto in sosta, esplose al passaggio del piccolo corteo di vetture sul quale viaggiava il terrorista, che morì insieme alle sue quattro guardie del corpo.