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Montmartre sotto assedio: tra selfie, crêpes e proteste, la Butte sogna l’Unesco per salvarsi dal turismo di massa

Redazione
 
Montmartre sotto assedio: tra selfie, crêpes e proteste, la Butte sogna l’Unesco per salvarsi dal turismo di massa

Dalla panchina in pietra di Place Dalida, immersa nella penombra degli alberi che incorniciano la collina parigina, lo spettacolo è tanto assurdo quanto emblematico. Davanti alla statua dell’icona francese, una fila ordinata di turisti — americani, cinesi, indiani, spagnoli e chi più ne ha più ne metta — attende pazientemente il proprio turno. Ma non per un semplice omaggio. No: lo scatto d’obbligo prevede che si tocchi, rigorosamente e con sorriso ironico, il seno della cantante in bronzo.

Montmartre sotto assedio: tra selfie, crêpes e proteste, la Butte sogna l’Unesco per salvarsi dal turismo di massa

Si dice porti fortuna in amore. E forse, in questa scena kitsch e teneramente grottesca, c’è tutta la parabola di Montmartre: un luogo incantato che sta lentamente perdendo se stesso. Perché nel cuore di Parigi, tra i tetti spioventi e le vie acciottolate, si sta consumando un piccolo dramma urbano: quello di un quartiere che è sempre stato un simbolo della boheme parigina, della libertà creativa, della Parigi più romantica e autentica, ma che oggi rischia di soccombere sotto il peso della sua stessa bellezza. A raccontarlo è Le Monde, che dedica al fenomeno la prima pagina con un titolo che non lascia spazio a interpretazioni: "Montmartre, il turismo di troppo".

Un tempo rifugio di pittori maledetti, anarchici e poeti, oggi Montmartre è diventato il palcoscenico di una gigantesca rappresentazione turistica. Le stesse strade percorse da Toulouse-Lautrec o Modigliani sono ora invase da trenini colorati, tuk-tuk, Citroën 2CV a noleggio e sidecar retrò. Ogni mezzo di trasporto sembra uscito da una brochure vintage e promette un viaggio “esperienziale” tra vigneti in miniatura, mulini a vento e scorci da cartolina. In Rue de l’Abreuvoir, la coda è per una foto davanti a La Maison Rose, la caffetteria diventata virale dopo la sua apparizione nella serie Emily in Paris. Poco più in là, in Rue des Trois-Frères, l’attrazione è un photomaton in stile anni ’80, trasformato in mecca per instagrammer. Il quartiere è fotogenico, irresistibile.

Ma anche saturo. E dietro la vetrina scintillante, il malumore cresce. Montmartre conta circa 27.000 residenti, ma nelle strade affollate sembrano spariti. Non è un caso se alle finestre iniziano ad apparire cartelli scritti a mano: “Abitanti dimenticati!”, “Dietro queste facciate ci sono persone”, oppure ancora “No alla chiusura delle classi!”. Anche gli edifici scolastici partecipano al grido d’allarme: il turismo, dicono in molti, sta erodendo la vita quotidiana. La trasformazione è evidente: al posto dei fruttivendoli, creperie “instagrammabili”; al posto dei barbieri, negozi di souvenir e catene anonime. Secondo i dati raccolti da AirDna, le case affittate tramite Airbnb sono aumentate del 36% nel quartiere, contribuendo all’espulsione silenziosa dei residenti permanenti.

“Quello che sta accadendo qui è simile a quanto successo all’Alfama di Lisbona o alle calli veneziane,” denunciano le associazioni locali, citate da Le Monde. Il paragone è chiaro: Montmartre si sta “disneyzzando”, trasformata in un parco a tema romantico, popolato da visitatori in cerca di emozioni preconfezionate e souvenir made in China. Il tutto, con un flusso impressionante: 11 milioni di visitatori nel 2024 solo per la Basilica del Sacro Cuore, che ha superato persino la Torre Eiffel per numero di ingressi. Una cifra da capogiro per un monumento che domina silenziosamente la città dalle sue cupole bianche e che ora rischia di diventare una tappa obbligata più che un luogo dell’anima. Il malessere non è più solo locale. La situazione ha assunto i contorni di una vera emergenza urbana e politica.

Alcune vie saranno pedonalizzate, ma i cartelli “Stop” apposti dai residenti segnalano che non bastano soluzioni cosmetiche. Cresce invece l’idea di candidare la Butte Montmartre al Patrimonio mondiale dell’UNESCO: un modo per proteggerla dal turismo selvaggio e ripensare la convivenza tra visitatori e abitanti.

“Non possiamo diventare un museo a cielo aperto in cui nessuno vive più”, denuncia un esponente di un comitato cittadino. E intanto, il quartiere si prepara ad accogliere un nuovo assalto. Il 27 luglio 2025, infatti, il Tour de France passerà dalla Butte, in un percorso ispirato a quello delle Olimpiadi di Parigi 2024. Le immagini dei ciclisti che si arrampicano su rue Lepic, immortalate l’anno scorso, hanno fatto il giro del mondo: in molti le hanno paragonate a quadri impressionisti. Ma proprio questa estetica così perfetta rischia di diventare una condanna. Perché la verità è che la bellezza di Montmartre è croce e delizia, per dirla con Verdi. La sua dannazione. La sua fotogenia, la sua atmosfera d’altri tempi, la magia delle sue viuzze sembrano spingerla verso una spettacolarizzazione perpetua, dove ogni scorcio diventa sfondo per un selfie, ogni barattolo di senape souvenir. E però, non tutto è perduto. C’è ancora chi lotta per salvare l’anima del quartiere.

Chi coltiva l’orto nel giardino nascosto tra due vicoli. Chi continua a frequentare la boulangerie di sempre, a salutare il libraio all’angolo. Chi, dalle finestre, espone lenzuola scritte a mano come piccoli atti di resistenza. Perché un quartiere non muore quando si svuota, ma quando smette di riconoscersi. E la vera sfida per Montmartre, oggi, è ritrovare un po’ di se stessa. Anche a costo di spegnere qualche flash.

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