Due ragazzi che percorrono, a velocità elevatissima su un grosso scooter le strade di una delle nostre città-simbolo, Milano, fino a quando, mentre sono inseguiti da un'auto dei carabinieri, sbandano e cadono. Alla fine, Ray Elgaml, 19 anni, muore, mentre il conducente, Fares Bouzidi, rimane seriamente ferito.
Il caso Ramy rivela come la Giustizia sia veramente cieca
In qualsiasi altro Paese, tutto questo si ridurrebbe a poche pagine di verbale, vista la dinamica e visto, soprattutto, quel che era accaduto prima: due soggetti che non si fermano all'alt delle forze dell'ordine e fuggono, mettendo a rischio la loro vita (come è poi successo), ma anche quella di passanti e , ma questo a loro non importava, anche di chi li stava inseguendo. Una perizia, affidata dalla Procura a suoi esperti, ha detto che nella condotta del carabiniere che era alla guida della Gazzella non si ravvisava alcunché di errato o penalmente rilevante.
Ma questo non è bastata ai due pm, Giancarla Serafini e Marco Cirigliano, che hanno chiesto il giudizio per Bouzidi, ma anche per il carabinieri, accomunandoli nell'accusa di omicidio stradale.
L'antefatto era necessario per cercare di dare un senso alla cosa, semmai ne abbia, non dal punto di vista dell'applicazione della legge, ma della ragionevolezza. Se per Bouzidi l'accusa poggia sull'evidenza che era lui alla guida dello scooter e che la morte del suo amico è stata conseguenza della sua spericolata condotta, per il carabiniere l'assunto posto alla base della richiesta dei pm è frutto di tre distinte considerazioni che hanno portato la procura a chiedere il rinvio a giudizio: la poca distanza con il mezzo in fuga (un metro e mezzo), la sottovalutazione della pericolosità delle manovre elusive da parte del guidatore e, quindi, la mancata considerazione che il prolungato inseguimento (otto minuti) aveva abbassato la soglia di reattività di chi scappava.
La prima considerazione che ci sentiamo di fare è che ci sfugge come un inseguimento - che per definizione è il tentativo di raggiungere chi scappa - possa essere fatto mantenendo un distanza di sicurezza tra i mezzi e, quindi, non avvicinandosi. Altrimenti, per evitare di incorrere in qualche guaio, basterebbe solo ''inseguire non inseguendo'', mantenendosi a distanza e aspettando che chi scappa o finisca la benzina dei fuggitivi o vada a sbattere da soli contro un ostacolo.
Perché, cosa che i pm hanno sicuramente valutato, non dandole molto credito, la dinamica dell'accaduto ha visto un proiettile, lanciato a 120 km orari, percorrere le strade di un centro abitato, col pericolo oggettivo di provocare danni gravi a chi magari stava attraversando sulle strisce. Poi, dire che il carabiniere avrebbe dovuto tenere conto della condotta avventata di Bouzidi significa accreditare il militare di facoltà medianiche, che gli potessero dare certezze su quel che un soggetto in fuga e potenzialmente pericoloso avesse in testa di fare pur di evitare la cattura.
Per ultimo, la considerazione che lo stesso carabiniere (che magari aveva ben altre cose da pensare, che non addentrarsi in una analisi previsionale psico-fisica delle condizioni del fuggitivo) doveva sapere che il lungo inseguimento aveva fiaccato le capacità di reazione di Bouzidi, rendendone il comportamento a rischio ulteriore, evidentemente per sé stesso.
Le polemiche politiche che sono seguite alla richiesta del pm sono state come sempre finalizzate a portare acqua al proprio mulino, non considerando che, anche se formulate nel rispetto di quel che prevede il codice (''prevede'' e non ''impone'', perché il magistrato non può rinunciare ad una valutazione discrezionale dell'accaduto, altrimenti con l'Intelligenza artificiale avremmo risolto tutto), le richieste dei pubblici ministeri sembrano essere stata fatte in automatico, senza valutare la componente umana.
Cosa si rimprovera al carabiniere, scagionato dalla perizia richiesta della stessa procura e che, tradizionalmente, serve ai pm per formulare le loro richieste? Di non essersi fermato, nel bel mezzo dell'inseguimento, per calcolare la distanza minima per evitare una denuncia per una guida incauta? Di non avere considerato che le ''fatiche'' della fuga avrebbero potuto indurre Bouzidi a comportamenti pericolosi? Di non avere consultato un fisioterapista ed uno psicologo, magari online, per sapere le mosse che il fuggiasco avrebbe compiuto nel tentativo di sottrarsi alle manette?
Se un carabiniere, un agente o un finanziere lanciati ad inseguire chi ritengono un criminale dovessero sottostare a queste condizioni, il solo risultato sarebbe che, per evitare un rinvio a giudizio, alzerebbero il piede dell'acceleratore, dicendo byebye a chi scappa.