Nell’arena dell’alta finanza italiana si consuma un braccio di ferro che ha per protagonisti UniCredit, Banco BPM, il governo e la Consob. Ma tra sospensioni, ricorsi e poteri speciali, a fare rumore è soprattutto il silenzio imbarazzato che circonda le parole di Paolo Savona, presidente dell’Autorità di vigilanza. Parole che lasciano trasparire una disponibilità a farsi da parte, e che aprono interrogativi sulla legittimità sostanziale, più che formale, di una decisione controversa.
Savona tra Golden Power e Golden Exit? I dubbi su una Consob "sospesa"
La Consob ha deliberato la sospensione per 30 giorni dell’Offerta Pubblica di Scambio (Ops) totalitaria volontaria promossa da UniCredit su Banco BPM. Una mossa che, secondo l’Autorità, si rende “necessaria” per permettere agli investitori di valutare in modo completo e consapevole l’operazione, alla luce delle incertezze introdotte dall’uso del Golden Power da parte del governo. Eppure, anziché stabilizzare i mercati, la sospensione sembra aver sollevato un polverone politico-istituzionale.
Il presidente Savona, interpellato dai cronisti a Trento, ha risposto con un misto di fierezza e stanchezza: “Io sempre pronto ad andarmene”, ha detto, lasciando intendere che la sua permanenza alla guida della Consob è legata più a una forma di tolleranza politica che a una convinta stima istituzionale. Una dichiarazione che, letta tra le righe, appare come un’auto-sfiducia, quasi una preventiva autodifesa rispetto alle critiche.
Ma è proprio su questa disponibilità a “sfilarsi” che si addensano i dubbi. Non solo perché l’indipendenza delle authority richiederebbe nervi saldi e voce ferma, ma anche perché la delibera della Consob appare, a detta di molti osservatori, ben più che una prudente sospensione: sembra piuttosto una forma larvata di dissuasione nei confronti di un’operazione che rischia di riscrivere gli equilibri del sistema bancario italiano.
Nel documento ufficiale diffuso il 23 maggio, UniCredit respinge ogni accusa di aggressività e chiarisce che la sospensione, pur accolta, rappresenta un ostacolo al normale funzionamento del mercato . La banca ha annunciato un ricorso al TAR del Lazio per verificare la legittimità dell’uso del Golden Power nell’operazione, sostenendo che il provvedimento governativo – e a cascata la sospensione Consob – introduce una distorsione nel libero gioco delle forze economiche.
E c’è di più: UniCredit ha rinunciato alla condizione legata all’acquisizione di Anima da parte di BPM, un’operazione che, secondo l’analisi del gruppo guidato da Andrea Orcel, ha prodotto un depauperamento del CET1 ratio (dal 15,1% al 12,9%) e una drastica riduzione del rendimento previsto (dal 50% all’11%) . Una circostanza che evidenzia una certa opacità nella gestione da parte di BPM e giustifica, agli occhi del mercato, l’intervento di UniCredit.
Se da una parte la Consob rivendica la collegialità della sua decisione, dall’altra le dichiarazioni del suo presidente rischiano di offuscarne la credibilità. “Quando non sono più gradito, me ne vado”, ha detto Savona, evocando un criterio personale, quasi umorale, di permanenza nel ruolo. Ma un’autorità non può basarsi sulla “graditudine” percepita. Deve fondarsi sulla solidità tecnica delle sue decisioni e sulla coerenza con l’interesse del mercato.
Il paradosso è evidente: per “proteggere” gli investitori, si rallenta un’operazione che, per struttura e premialità, è tra le più trasparenti del decennio. Si parla di una fusione che creerebbe il primo gruppo bancario italiano e il terzo europeo per capitalizzazione, con benefici potenziali per tutti i soci coinvolti. Eppure, tra le pieghe della delibera, emerge un sospetto di indirizzo politico, una cautela eccessiva che appare più come una cortesia al governo che come un atto di vigilanza neutrale.
Sul piano politico-istituzionale, la situazione si complica ulteriormente se si considera che il governo – attraverso Cassa Depositi e Prestiti – è azionista rilevante nel sistema bancario. L’uso del Golden Power, in questo contesto, non è solo uno strumento di tutela degli interessi strategici, ma rischia di diventare una leva di intervento economico selettivo. UniCredit, che ancora mantiene attività in Russia, è nel mirino dell’esecutivo, che vorrebbe il suo disimpegno entro gennaio.
Ma può il governo imporre condizioni extra-finanziarie a una banca privata in un’operazione conforme al diritto europeo? E la Consob, può sospendere un’Ops per assecondare un iter governativo ancora incerto? L’Europa osserva, e non senza apprensione.
La vicenda UniCredit-BPM si sta trasformando in un caso emblematico della difficoltà italiana nel coniugare trasparenza di mercato e prerogative sovrane. Ma in questo scenario di tensioni incrociate, il ruolo di Paolo Savona appare sempre più ambiguo. Un’autorità che si interroga sulla propria legittimità, che ammette di poter essere “non gradita”, rischia di delegittimarsi da sola.