Economia

Settore orafo italiano in crescita: +4,4% nel 2024 e record export a 13,7 miliardi

Redazione
 
Settore orafo italiano in crescita: +4,4% nel 2024 e record export a 13,7 miliardi

In un contesto economico globale segnato da incertezze e tensioni geopolitiche, il comparto orafo italiano si distingue per la sua capacità di resistenza e adattamento. Questo il quadro emerso oggi nel corso del primo appuntamento organizzato dal Club degli Orafi Italia in collaborazione con Intesa Sanpaolo all’interno di OroArezzo, uno degli eventi di riferimento per il settore, che quest’anno ha rappresentato anche l’occasione per celebrare i vent’anni di collaborazione tra le due realtà. Moderato da Laura Biason, Direttrice Generale del Club degli Orafi Italia, l’incontro ha voluto offrire una riflessione strategica sull’evoluzione del comparto in uno scenario competitivo complesso.

Settore orafo italiano in crescita: +4,4% nel 2024 e record export a 13,7 miliardi

Ad aprire i lavori è stato Matteo Masini di ICE, seguito dagli interventi del Research Department di Intesa Sanpaolo, con analisi approfondite sui macro-trend economici e sull’andamento del settore orafo italiano nei mercati globali. Daniela Corsini, Senior Economist di Intesa Sanpaolo, ha delineato lo scenario macroeconomico, con un focus sull’andamento dei prezzi delle materie prime, in particolare dei metalli preziosi, mentre Sara Giusti, Economista del medesimo dipartimento, ha proposto un’analisi dettagliata del posizionamento del made in Italy orafiere a livello internazionale, con un’attenzione specifica al mercato statunitense.

Proprio gli Stati Uniti si confermano un mercato strategico: nel 2024 l’Italia ha superato la soglia del miliardo di euro di esportazioni di gioielli in oro verso questo paese, posizionandosi come terzo fornitore dopo India (25% del mercato) e Francia (14%), con una quota del 12%. Le province italiane più esposte su questo mercato sono Torino (22%), Treviso (18%) e Vicenza (17%), tutte ben al di sopra della media nazionale del 9%.
Il 2024 ha chiuso con un +4,4% del fatturato per il comparto orafo italiano, inclusa la bigiotteria, in netta controtendenza rispetto alla flessione del 9,1% registrata da altri settori del sistema moda come tessile, abbigliamento e pelle.

Sul fronte della produzione si è verificata una contrazione del 3,2% rispetto al 2023. I primi dati del 2025 – gennaio e febbraio – confermano una crescita contenuta del fatturato (+2,4%) ma con una flessione produttiva significativa (-8,2%), segnalando difficoltà operative più marcate. A sorprendere è stato l’export: le vendite di gioielli in oro all’estero hanno toccato i 13,7 miliardi di euro, con un aumento del 49% in valore e del 23% in quantità. Un risultato straordinario, in gran parte dovuto al boom delle esportazioni verso la Turchia, che da 922 milioni sono salite a 5,3 miliardi di euro, rendendo il paese mediorientale il primo mercato di riferimento.

Tuttavia, depurando il dato da questa componente straordinaria, l’incremento si riduce a un modesto +0,9% in valore e a un calo del 6% in quantità. Il fenomeno è stato attribuito all’adozione di nuove politiche commerciali turche e alla funzione di hub regionale che il paese sta assumendo in risposta alle tensioni geopolitiche. Anche gli Emirati Arabi mostrano segnali positivi (+9,7%), superando Svizzera (-9,4%) e Stati Uniti (-10,7%) come destinazioni dell’export. A livello territoriale, Arezzo consolida la sua leadership come distretto orafo più performante, con esportazioni più che raddoppiate (+119%), raggiungendo quota 7,7 miliardi di euro, grazie anche all’intensificazione dei rapporti con il mercato turco. Cresce anche Vicenza (+15%), mentre Valenza resta sostanzialmente stabile (-2%). Escludendo la componente turca, Arezzo e Vicenza mostrano comunque tassi di crescita superiori al 7%.

Nel corso dell’incontro sono stati presentati i risultati della nona edizione dell’indagine congiunturale del Club degli Orafi Italia, condotta tra marzo e aprile sempre in collaborazione con Intesa Sanpaolo. Secondo i dati, il sentiment degli operatori ha subito un peggioramento: il 57% dei rispondenti ha rivisto in negativo le proprie aspettative rispetto a gennaio, in conseguenza delle turbolenze geopolitiche. Tuttavia, per il 2025 permane un cauto ottimismo: il 21% delle imprese si attende un aumento del fatturato, una percentuale solo leggermente inferiore rispetto al 25% rilevato a dicembre.

L’ottimismo cresce tra le imprese manifatturiere (28%), soprattutto in relazione al canale estero, dove una su tre prevede di incrementare le vendite. Le principali criticità sono legate, per i produttori, alla domanda interna e all’attivazione dei brand del lusso (44%), mentre per i commercianti il problema risiede soprattutto nei consumi domestici (71%). Un approfondimento specifico è stato dedicato alle relazioni di filiera. L’indagine ha rivelato che la qualità delle lavorazioni (76%), il rispetto dei tempi (66%) e il rapporto qualità/prezzo (51%) sono i fattori principali nella scelta dei fornitori.

Il 73% delle imprese dichiara di avere una supply chain localizzata interamente in Italia. Tuttavia, emergono differenze significative nella gestione dei controlli tra le aziende: solo il 6% delle imprese medio-grandi dichiara di non attuare verifiche di sostenibilità e qualità sui propri fornitori, mentre questa percentuale sale oltre il 50% tra le piccole realtà, evidenziando un’area di miglioramento per il sistema nel suo complesso. Infine, il Club degli Orafi e Intesa Sanpaolo hanno analizzato i bilanci di circa 760 aziende del comparto, distinguendo tra quelle certificate dal Responsible Jewellery Council (RJC) e le altre. I risultati sono eloquenti: tra il 2021 e il 2023 le aziende certificate hanno registrato una crescita mediana del fatturato del 29,1%, contro il 17% delle non certificate.

Anche sul fronte della redditività (EBITDA mediano all’11,3% contro il 7,5%) e della solidità patrimoniale (46,5% contro 36,6%), le imprese RJC si confermano più performanti. In termini di produttività, il valore aggiunto per addetto nelle aziende certificate raggiunge i 67mila euro, contro i 44mila delle altre. Inoltre, queste realtà mostrano una maggiore propensione all’occupazione: l’81% ha aumentato il numero di dipendenti tra il 2021 e il 2023, contro il 50,3% delle altre imprese.

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