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Sviluppo umano al rallentatore: allarme dell’ONU

Redazione
 
Sviluppo umano al rallentatore: allarme dell’ONU

Per la prima volta in quasi quattro decenni, l’umanità sta vivendo una battuta d’arresto nel proprio cammino evolutivo. Lo evidenzia l’ultimo Rapporto sullo sviluppo umano redatto dall’UNDP (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo) e pubblicato oggi, che fotografa un mondo dove crescita, salute, istruzione e reddito mostrano segni di stagnazione diffusa.

Sviluppo umano al rallentatore: allarme dell’ONU

Secondo lo studio, il progresso globale ha raggiunto un minimo storico mai registrato negli ultimi 35 anni. A parlare di una vera e propria “perdita di slancio” è Achim Steiner, amministratore dell’UNDP, che ha commentato il report con El País.

''Non dovrebbe stupirci, considerati i tempi difficili che stiamo attraversando'', ha dichiarato. Tuttavia, ha aggiunto con tono allarmato: “Si tratta di un fenomeno sistemico che rischia di amplificare le disuguaglianze esistenti. Penso che molti paesi non riusciranno più a colmare il divario accumulato, perdendo definitivamente terreno”. I dati del rapporto mostrano che il rallentamento non risparmia nessuna area del globo.

Tra i fattori che lo alimentano ci sono guerre, il declino dell’aspettativa di vita, la crisi del debito e una crescente instabilità geopolitica. Ma c’è un altro nodo cruciale: l’ampliarsi della forbice tra Paesi ricchi e poveri.
''Alcuni Stati stanno accelerando la loro crescita, riuscendo a investire in tecnologie avanzate, intelligenza artificiale ed educazione. Altri, invece, fanno fatica persino a mantenere in piedi i servizi sanitari di base o a preparare le giovani generazioni al mondo del lavoro digitale'', ha spiegato Steiner.

Un divario, questo, che rischia di diventare irreversibile, perché, spiega, ''potremmo ritrovarci con centinaia di milioni di persone lanciate verso il futuro e altrettante bloccate, incapaci di muoversi. Un tale squilibrio porta inevitabilmente a instabilità politica, tensioni sociali e crisi economiche''.

Nella classifica dell’Indice di Sviluppo Umano (ISU), i Paesi africani occupano le ultime posizioni: Sud Sudan, Somalia e Repubblica Centrafricana si piazzano rispettivamente al 193°, 192° e 191° posto. Ai vertici, invece, dominano Islanda, Norvegia e Svizzera, simboli di un benessere sempre più inaccessibile per la maggioranza del pianeta.

''Per i Paesi con ISU più bassi, le sfide si stanno moltiplicando: tensioni commerciali, crisi del debito e industrializzazione senza creazione di posti di lavoro stanno rendendo ancora più difficile ogni ipotesi di sviluppo'', si legge nel comunicato stampa dell’UNDP. Steiner ha ricordato che, fino a poco tempo fa, si pensava di poter raggiungere un ISU globale elevato entro il 2030: ''Non tutti l’avrebbero raggiunto allo stesso modo, ma la traiettoria era chiara. Ora il rischio è di regredire di decenni. Questo è un momento cruciale'', ha detto.

Il rapporto di quest’anno, intitolato ''A Call to Decide: People and Possibilities in the Age of Artificial Intelligence'', accende i riflettori sull'IA come potenziale motore per rilanciare lo sviluppo. Tuttavia, l’approccio è prudente: l’IA non è una soluzione miracolosa: ''È allettante pensare che l’Intelligenza artificiale possa risolvere tutte le nostre sfide, ma questa idea rischia di farci rinunciare alle nostre responsabilità - ha detto Steiner -. Se non agiamo subito, l’IA potrebbe ampliare le disuguaglianze e impedire ai più svantaggiati di beneficiare delle sue potenzialità''.

Da sottolineare che, secondo uno studio condotto su 20.000 persone in 21 Paesi incluso nel report, il 60% degli intervistati vede l’IA come una leva positiva per il lavoro. Solo il 13% teme che possa distruggere occupazione. Nei Paesi con ISU basso o medio, il 70% crede che la produttività possa aumentare grazie a queste tecnologie.
Il rapporto racconta anche come l’IA stia già migliorando la vita in contesti svantaggiati.

InkubaLM, un modello open-source progettato per le lingue africane, consente alle comunità di personalizzare la tecnologia secondo le proprie esigenze linguistiche e culturali. “L’inglese è ancora la lingua dominante dell’informatica, ma non possiamo ignorare la ricchezza delle altre culture”, ha ricordato Steiner. Un altro esempio arriva dal Bhutan, dove un dispositivo mobile aiuta a diagnosticare complicazioni della gravidanza nei villaggi più isolati. “Quando il parto è imminente, non si può camminare per tre giorni. Grazie a questo strumento, le donne possono ricevere cure settimane prima del parto”, ha spiegato.

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