Forse è questo insegnare: fare in modo che a ogni lezione scocchi l’ora del risveglio, diceva Daniel Pennac, cogliendo l’essenza più autentica del mestiere del docente: un’arte fragile e potente insieme, in grado di aprire varchi nella coscienza degli studenti, seminare pensiero, risvegliare identità. Eppure, troppo spesso oggi, quell’“ora del risveglio” si trasforma in allarme, in sirena, in emergenza.
Scuola shock a Torino: mentre volano calci e schiaffi, Valditara annuncia la stretta
È accaduto ancora, e stavolta a Torino, dove due insegnanti dell’Istituto superiore “Romolo Zerboni”, nel quartiere Madonna di Campagna, sono stati aggrediti da un alunno durante l’intervallo. Uno è stato colpito al volto con degli schiaffi, l’altra con un calcio. Il professore ferito ha avuto bisogno di cure mediche e si è recato al pronto soccorso, per poi sporgere denuncia.
Tutto sarebbe stato ripreso dalle telecamere interne dell’edificio scolastico. Un caso, quello di Torino, che scuote l’opinione pubblica non solo per la gravità dell’episodio, ma anche per la drammatica coincidenza temporale con un annuncio politico di grande rilievo: perché proprio lì si consumava la violenza, a Roma il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara illustrava le nuove misure normative contro le aggressioni ai danni di docenti e dirigenti scolastici. Una riforma che intende imprimere un segnale netto e inequivocabile: basta tolleranza verso chi trasforma le aule in campi di battaglia. “Si prevede l’arresto obbligatorio in flagranza di reato in caso di lesioni personali a docenti e dirigenti scolastici, non mere aggressioni verbali”, ha dichiarato Valditara durante la conferenza stampa a Palazzo Chigi.
Le nuove disposizioni, contenute in uno schema di disegno di legge, introducono un irrigidimento delle pene per chi colpisce fisicamente il personale scolastico: le lesioni lievi, oggi punite con una reclusione da sei mesi a tre anni, verranno punite con pene comprese tra i due e i cinque anni. Non sarà però prevista l’applicazione della flagranza per i minori. “Il personale scolastico è quello più toccato da aggressioni. Sono soprattutto i genitori che picchiano. Un insegnante, un dirigente scolastico, non si tocca”, ha sottolineato il ministro. “La funzione delicata e importante dell’educatore deve essere preservata.”
Ed è qui che la riflessione si fa più profonda. Se in passato le aggressioni erano prevalentemente opera di studenti, oggi il fenomeno sembra mutare fisionomia: sono sempre più spesso i genitori a colpire chi rappresenta l’autorità educativa. Come se si fosse rotto quel patto di fiducia e corresponsabilità tra scuola e famiglia, indispensabile per ogni percorso formativo. Secondo i dati ministeriali, il personale scolastico è, dopo quello sanitario, la categoria professionale più esposta agli atti di violenza. L’aggravarsi della situazione ha spinto il governo a introdurre anche nuove regole sul comportamento degli studenti: il voto in condotta diventa un elemento centrale nella valutazione complessiva del percorso scolastico. Chi otterrà un 5 sarà automaticamente respinto, anche in presenza di buoni risultati nelle altre materie. Il 6 in condotta, invece, comporterà la sospensione e l’obbligo di presentare un elaborato critico incentrato sui valori e le norme violati dal proprio comportamento, con riferimenti espliciti ai principi della Costituzione e alle regole di convivenza civile. Ma la vera novità riguarda l’atteggiamento pedagogico che si vuole imprimere alla sanzione. Non più solo punizione e isolamento, ma riflessione e responsabilità.
“Il principio è più scuola e non meno scuola per chi compie bullismo, atti di violenza e/o danneggiamento di beni pubblici”, ha spiegato Valditara. “Sino ad oggi, la sospensione sino a 15 giorni prevedeva lo stare a casa, cioè lo studente veniva abbandonato al suo destino. Magari era persino felice perché se ne stava a casa a giocare sulla PlayStation o a pallone con gli amici. Adesso cambia.” Per le sospensioni fino a due giorni, gli studenti dovranno non solo frequentare regolarmente le lezioni, ma anche affrontare attività di approfondimento su temi legati alla devianza del comportamento. Dovranno riflettere, documentarsi, scrivere. Per sospensioni superiori, da tre a quindici giorni, sarà invece obbligatorio svolgere attività di cittadinanza solidale: prestare servizio in mense per i poveri, in ospedali, case di riposo o, in mancanza di convenzioni con enti del terzo settore, semplicemente contribuire alla pulizia e cura degli spazi scolastici.
In questo contesto, la scuola si conferma un'istituzione centrale ma esposta, che necessita di tutela concreta e non solo dichiarata. L’episodio di Torino è solo l’ultimo di una lunga serie, che evidenzia una criticità profonda nel rapporto tra studenti, famiglie e corpo docente. Una crisi che non può essere affrontata unicamente con misure repressive. Perché accanto agli strumenti normativi, è indispensabile un investimento culturale e sistemico che restituisca autorevolezza alla figura dell’insegnante e centralità al patto educativo tra scuola e comunità.