Fino a una contrazione dello 0,2% della produzione industriale, un incremento dello 0,3% dei prezzi alla produzione e una crescita della disoccupazione accompagnata da un calo della produttività: questi gli effetti della transizione ecologica che, se priva di un adeguato supporto strategico e operativo, rischia di trasformarsi in una trappola economica per il sistema produttivo italiano colpendo in modo particolare le piccole e medie imprese che costituiscono oltre il 90% del tessuto industriale nazionale.
Il costo della transizione ecologica: Pmi sotto pressione e disoccupazione in aumento
Il costo della transizione ecologica: Pmi sotto pressione e disoccupazione in aumento, che in un recente documento ha elaborato dati della Banca d’Italia per misurare l’impatto reale e immediato del passaggio verso un paradigma tecnologico sostenibile, in un contesto globale aggravato dalle tensioni commerciali internazionali alimentate dai nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti.
«La transizione green ha un impatto ambientale positivo nel medio periodo, ma nel breve rappresenta uno shock recessivo per l’economia reale. Aumentano i costi, si riduce la produttività, rallenta la produzione e si bloccano gli investimenti. È un cocktail pericoloso per le micro, piccole e medie imprese» afferma Mariagrazia Lupo Albore, direttore generale di Unimpresa.
I dati evidenziano come l’impatto della riconversione tecnologica si manifesti in modo pieno nei primi 36 mesi, con un aumento della disoccupazione di circa 0,04 punti percentuali e un rialzo dell’indice dei prezzi alla produzione (PPI) fino allo 0,3%, accompagnato da un incremento dell’indice dei prezzi al consumo (Pce) dello 0,1%. Le tecnologie verdi, meno mature e meno produttive rispetto a quelle tradizionali, generano un calo temporaneo dell’efficienza complessiva del sistema industriale, provocando un tipico shock dal lato dell’offerta che innesca una dinamica di stagflazione: crescita in frenata e prezzi in aumento.
D’altro canto le piccole imprese, che dispongono di risorse finanziarie limitate e di minore capacità organizzativa, risultano particolarmente vulnerabili in questa fase di transizione. Tra i segnali più critici, il rischio concreto di una paralisi degli investimenti a causa dell’incertezza normativa, dell’aumento dei costi e della stagnazione della produttività, proprio nel momento in cui sarebbero necessari interventi straordinari su macchinari, impianti, formazione e digitalizzazione.
I benefici della transizione green, seppur concreti, diventano tangibili solo dopo un orizzonte temporale di 4-5 anni, quando la maturità tecnologica consente un recupero dell’attività economica, una riduzione strutturale delle emissioni e una minore dipendenza dai combustibili fossili. Tuttavia, nel frattempo, migliaia di aziende rischiano di non sopravvivere.
Lo shock green, secondo le stime, spiega fino al 10% della variazione nelle emissioni di CO2 ma incide solo per una quota compresa tra il 2% e il 6% sulla volatilità macroeconomica, indicando che l’ambiente registra guadagni, ma il costo immediato è sostenuto principalmente dal sistema produttivo e dai lavoratori. Per evitare che la transizione diventi una crisi industriale, il Centro studi di Unimpresa propone un piano industriale nazionale per la riconversione tecnologica delle PMI, fondato su quattro assi strategici: incentivi fiscali automatici per l’innovazione green e digitale, accesso agevolato al credito con un rafforzamento del Fondo di garanzia, programmi di formazione tecnica e riqualificazione dei lavoratori, e un approccio basato sulla neutralità tecnologica, evitando imposizioni centralizzate e lasciando che sia il mercato a premiare le soluzioni più efficienti.
«Le grandi aziende possono permettersi di investire, diversificare, accedere a finanziamenti dedicati. Le PMI no: rischiano di subire gli effetti della transizione senza poterne cogliere i benefici. E senza un intervento dello Stato, saranno le prime a fermarsi. Il cambiamento climatico va affrontato con decisione, ma la sostenibilità ambientale non può avvenire a discapito della sostenibilità economica e sociale. Senza strumenti adeguati, la transizione rischia di creare più problemi di quanti ne risolva. Serve equilibrio, visione e concretezza. Solo così il Paese potrà affrontare questa sfida senza lasciare indietro nessuno» conclude Mariagrazia Lupo Albore.