Il futuro dell'Ucraina è ancora oscuro, anche se, alla fine dell'incontro di ieri alla Casa Bianca, Trump e i leader europei sembravano mostrare ottimismo. Poco, appena accennato, forse anche forzato dal luogo e dall'anfitrione.
Ucraina, l'incontro tra Trump e i leader europei ha avuto un vincitore: di nuovo Putin
I leader europei, quel poco di ottimismo che comunque hanno mostrato è stato un segnale: che la pace possa essere non lontana, anche se nulla lascia pensare che sia veramente vicina. Perché, per come apparso chiarissimo ieri, la strada verso la pace non passa affatto per un cessate il fuoco o una tregua, che era quello che chiedeva il presidente ucraino Zelensky. Una cosa che è apparsa subito evidente già prima del round di colloqui, quando un nuovo, ennesimo, massiccio attacco russo, affidato a droni e missili, è stato scatenato essenzialmente contro obiettivi civili.
Come a ribadire che Vladimir Putin persegue una pace, ma solo alle sue condizioni. Che si possono, banalmente, riassumere nel prendere il controllo definitivo della Crimea - già in mano russa da un decennio - e dei territori conquistati con la guerra di aggressione scatenata nel 2022, e nel cancellare ogni ipotesi che l'Ucraina entri nella Nato o si accosti all'Ue, oltre ad rendere l'esercito di Kiev poco più che un simulacro.
Certo è che Donald Trump ha assicurato che gli Stati Uniti contribuiranno alle ''garanzie di sicurezza'' per l'Ucraina, anche se, a leggere bene le condizioni imposte da Putin e a come il Paese uscirà con difficoltà dalla fase di guerra a quella della ricostruzione, il processo di restituzione di un accenno di sovranità a Kiev necessiterà di molto tempo.
Giusto quello che serve a Putin per cominciare a pensare a come interferire, pesantemente, nelle vicende interne di un Paese che, stremato dal conflitto, non vede l'ora di chiudere questo doloroso capitolo per aprirne un altro dove, magari, come spera Mosca, non ci sia più posto per Volodymir Zelensky.
I leader europei (con Giorgia Meloni), pur parlando di un importante passo in avanti e di prospettive più positive rispetto a ieri, hanno preso atto che la strada è ormai tracciata e che all'Europa e alle sue istituzioni resta ben poco spazio diplomatico per strappare concessioni a Vladimir Putin, che non ha certo trovato in Donald Trump un interlocutore intransigente, come forse in Europa si sperava.
Il prologo di Anchorage, peraltro, aveva fatto capire bene quale sarebbe stato l'epilogo di questa tornata di colloqui, in cui l'interlocuzione era disassata da un approccio paritario, posto che, prima ancora di sedersi al tavolo della trattativa in Alaska, la Russia aveva fatto capire di essere pronta ad affrontare eventuali nuove sanzioni, grazie anche alla diplomazia economica parallela che le rende possibile, anche oggi, di vendere il proprio petrolio - ad una potenza energivora come l'India - per alimentare la propria industria di guerra.