Chi poteva rappresentare l'Italia nella celebrazione di sé stesso che il presidente cinese Xi ha voluto fare in occasione delle manifestazioni per ricordare la fine della guerra, con tanto di parata militare in cui la Cina ha messo in mostra la sua enorme capacità militare?
La lista potrebbe essere lunga, ma, per quello che riferiscono i media cinesi, a parlare italiano al popolo del Dragone è stato il solo Massimo D'Alema che, con tanto di badge dato dalle autorità di Pechino agli invitati, ha detto ad una televisione ufficiale: ''È importante ricordare la lotta eroica del popolo cinese, così importante non solo per la Cina, ma per tutta l’umanità per la sconfitta del nazismo e del fascismo. Sì, viviamo un momento difficile nelle relazioni internazionali. Io spero, confido che qui da Pechino venga un messaggio per la pace per la cooperazione, per il ritorno di uno spirito di amicizia fra tutti i popoli e per porre fine alle guerre che purtroppo insanguinano in modo così tragico diversi Paesi del mondo”.
Bene, bravo (per il bis, ne parliamo dopo).
Ora, piuttosto che chiosare su termini come opportunità e piaggeria, bisognerebbe dire un paio di cose sulle parole di D'Alema, di cui, lo confessiamo, non conoscevamo cotanto afflato con la Cina, al punto da parlare di ''lotta eroica del popolo cinese'', la cui importanza è stata enorme per ''la sconfitta del nazismo e del fascismo''.
Una affermazione che, al netto dei toni usati da D'Alema e dalla loro apoditticità, sembra avere cancellato dalla Storia che in quella parte del mondo, se nazismo e fascismo si incarnavano in qualcosa, era nell'imperialismo giapponese, alla cui sconfitta la Cina contribuì certamente. Ma se proprio qualcuno dovrebbe reclamare il merito di avere abbattuto l'impero dovrebbero essere gli Stati Uniti e tutti gli altri che, nello scenario dell'Asia, combatterono a cominciare da inglesi, australiani, neozelandesi.
E, se proprio vogliamo essere pignoli, a combattere i giapponesi prima ancora che Tokyo lanciasse i suoi aerei a bombardare Pearl Harbour e quindi prima ancora dei cinesi oggi celebrati da D'Alema furono quelli nazionalisti di Chiang Kai Sheck.
Ma parliamo di altro. Parliamo del fatto che D'Alema ha auspicato che Pechino sia diventata il crogiuolo del pacifismo planetario, dell'amicizia, augurandosi che si ponga fine alle guerre.
Come sopra: bene, bravo ed anche bis.
Ma se nella foto di famiglia, in cui l'ex segretario dei Ds, oggi di fatto lobbysta, faceva capolino, sia pure in terza fila, hanno trovato posto: chi ha scatenato una guerra d'aggressione, continuando a bombardare anche mentre stringeva la mano a Xi; chi di fatto è l'ultimo dittatore in Europa, soffocando ogni accenno di dissenso; chi affama il suo popolo per inseguire il sogno di regalarsi l'arma nucleare; chi ha deposto i legittimi detentori del potere, per instaurarne uno militare; beh, se questa era la compagnia, qualcosa del concetto di pace, fratellanza ed amicizia ci deve essere sfuggito. E, non appena è diventata notizia la presenza di D'Alema a Pechino, sono fioccate le reazioni.
"La gravità di un ex Presidente del Consiglio che va a Pechino per celebrare la nascita del fronte antioccidentale. D'Alema va ad omaggiare Putin e Kim Jong Un, Xi Jinping. Mentre ragazzi muoiono in Ucraina per difendere la loro e la nostra libertà. Una vera schifezza di 'livello Salvini'", ha commentato, con la sua usuale ''diplomazia'', Carlo Calenda.
Non meno pesante il commento del ministro degli Esteri, Antonio Tajani: ''Sono rimasto stupefatto dal fatto che un ex presidente del consiglio che dice di essere europeista e che è legato a forze politiche che parlano ogni giorno di Europa poi si schieri dalla parte di coloro che sono contro l'Europa. Mi lascia molto perplesso. Poi ognuno nella vita fa le scelte che vuole''. Io, ha concluso, ''sto dalla parte dell'Europa nella sostanza e non soltanto nella forma".