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Geopolitica, mutamenti finanziari e politiche monetarie spingono i metalli preziosi
di Benjamin Louvet, Head of Commodities di Ofi Invest AM

I metalli preziosi stanno vivendo un 2025 di grande fermento, dovuto soprattutto alle crescenti tensioni geopolitiche, all’instabilità monetaria e a profondi mutamenti nelle dinamiche della finanza mondiale. Da gennaio a oggi, l’oro ha visto il suo valore aumentare del 30%, raggiungendo il massimo storico di 3.500 dollari l’oncia lo scorso 2 settembre. Ma anche l’argento, il palladio e il platino stanno guadagnando da questo trend, con guadagni rispettivamente del 36%, del 53% e del 22%.
Secondo noi di Ofi Invest AM, questo rally è la prova di un’idea che si sta facendo sempre più strada tra gli investitori, ovvero che i metalli preziosi non sono più visti come una mera asset class alternativa, ma come una soluzione che può davvero proteggere un portafoglio, in particolare in un momento in cui il mercato è saturato dal debito pubblico delle grandi economie sviluppate e dalle fragilità del comparto bancario.
A guidare questo cambio di paradigma sono proprio le banche centrali. Ad oggi, infatti, l’oro fisico occupa quote molto alte all’interno delle riserve di questi istituti, tanto che è arrivato a superare i Treasury statunitensi; un evento che non si verificava dal 1996. Questa è anche una conseguenza del fenomeno di de-dollarizzazione che il mondo sta vivendo, con numerose istituzioni che stanno cercando di differenziare le loro attività, abbandonando la valuta americana e aumentando i loro possedimenti in soluzioni alternative, tra cui proprio il metallo giallo. Secondo i dati diffusi dal World Gold Council, il 29% delle banche centrali intende accrescere le sue riserve auree nei prossimi 12 mesi, mentre nessuna sarebbe intenzionata a ridurle.
Ma anche la domanda degli investitori è in crescita. Lo dimostra l’andamento dei Gold ETF, che dal giugno dello scorso anno hanno aggiunto al loro sottostante 10 milioni di once. Inoltre, le partecipazioni sono ancora distanti dal picco registrato nel 2020, segno che il rally potrebbe anche continuare nei prossimi mesi. Se ciò dovesse trovare conferma, la nostra opinione è che il range di prezzo 3300-3350 dollari l’oncia passerà da essere un picco a un nuovo standard di partenza, da cui poter puntare a nuovi massimi storici.
Tuttavia, come accennato nei paragrafi precedenti, anche altre commodity stanno guadagnando slancio, con argento, palladio e platino che sono coinvolti in due trend di grande rilevanza. Da un lato, l’attrattività dei metalli preziosi come strumento efficacie per la diversificazione degli investimenti; dall’altro, la crescente domanda di numerosi comparti industriali per la transizione energetica e l’elettrificazione. Recentemente, la U.S. Geological Survey ha aggiunto l’argento alla lista dei minerali critici, assieme ai già citati platinoidi, il che, oltre a sottolineare la sua crescente importanza strategica, apre le porte a potenziali misure di protezione del suo commercio.
In sintesi, in un contesto di elevata incertezza geopolitica, di crescenti preoccupazioni sul debito delle più grandi potenze mondiali, di tagli dei tassi d’interesse negli Usa e di una possibile perdita di indipendenza della Federal Reserve nei confronti della Casa Bianca, le prospettive per i metalli preziosi sono nettamente rialziste. Da menzionare anche le tensioni commerciali, le quali rendono ancora più urgente diversificare i portafogli di investimento puntando su queste commodity.