Nel nostro personale decalogo delle regole dell'informazione - e per traslato della vita, almeno quella pubblica - abbiamo sempre messo quasi in cima il pensiero di Mark Twain, secondo il quale davanti alla consapevolezza di cosa sia vero e cosa sia falso, il giornalista pubblica il falso. Forse non è sempre così, però si da che, davanti ad una notizia di cronaca bianca o nera, la scelta cadrà sulla seconda. Il perché è abbastanza banale, perché a fare notizia non è la normalità delle cose, ma quelle che hanno un effetto urticante nella nostra curiosità, quelle che ci spingono a pensare che sicuramente c'è sempre qualcosa dietro, anche se parliamo di una persona che incarna la bontà in ogni sua espressione.
Non è il caso di Giorgia Meloni, che non ha mai nascosto come la pensa, traducendolo in una schiettezza di linguaggio - verbale e fisico - che forse mai s'era vista nella nostra politica, almeno in chi ha posti e responsabilità nazionali. Dalle ''faccine'' che tira fuori quando qualcuno le muove appunti o quando deve sottolineare, con il roteare degli occhi - su questo dovrebbe cercare di ottenere il copyright - cosa le passi per la testa, pur non potendolo esprimere con le parole: comportamenti ormai meritevoli di entrare nella Treccani della comunicazione e siamo sicuri che altri, cercando invano di seguire il suo esempio, si stiano allenando ad imitarla. Ma se Meloni, quando fa il primo ministro, sa rispondere per le rime a chi la contesta, quando la toccano nella sfera familiare - e per famiglia intendiamo soprattutto la figlia, Ginevra - smette i panni della statista per assumere quella della mamma tigre. Come dovrebbero fare tutti. Per questo, quando deve mettere la famiglia davanti a tutto, non ci pensa due volte a difendersi.
Magari lo fa controvoglia, ma, come dicono a Roma, la ''sua'' Roma, ''quanno cè vò, cè vò'', che, tradotto nel lessico della diplomazia del popolo significa vestire i panni del mitico Cavaliere nero di Proietti.... Il caso in cui Giorgia Meloni si è trovata tirata dentro è legato alle domande che, per il senatore di Italia Viva Enrico Borghi, sono state addirittura meritevoli di una interrogazione e riguardano la ''latitanza'' di due giorni, dicasi due, del presidente del consiglio dal palcoscenico della politica nostrana e che, ad avviso del parlamentare di Renzi, celerebbero una presenza della premier a New York.
Quindi, lei era a New York mentre, ha scritto Borghi, in Italia c'erano appuntamenti meritevoli della sua presenza, dal Forum di Cernobbio, al Gran Premio di Monza, ma anche i funerali di Giorgio Armani. Agli articoli che hanno fatto seguito all'iniziativa di Borghi - soprattutto quelli della stampa ''non nemica'' del presidente del consiglio -, ha fatto eco un nota di Palazzo Chigi che ha svelato l'arcano: ''Il Presidente del Consiglio ha trascorso il fine settimana a New York in veste privata con sua figlia Ginevra, che tra qualche giorno compie gli anni. Il viaggio era il regalo di compleanno per sua figlia. Entrambe hanno viaggiato con voli di linea all'andata e al ritorno, perché il Presidente Meloni non ha mai utilizzato voli di Stato per ragioni private. Pertanto, il Presidente Meloni intende adire le vie legali nei confronti di chi ha diffuso o insinuato notizie infondate in merito''.
Una risposta che più secca non si potrebbe e che fa più notizia della notizia stessa, sintomatica di come, ormai, troppo spesso per inseguire il sensazionalismo, si perda di vista la realtà. Dobbiamo dare per scontato che il 99,9 per cento dei bambini italiani avrebbero voluto essere, lo scorso fine settimana, al posto della piccola Ginevra che, per il suo compleanno, piuttosto che la Barbie o un pacco di mattoncini colorati, ha avuto in regalo un viaggio a New York. Ma che Giorgia Meloni, da madre, abbia voluto trascorrere una disintossicante (rispetto alle tensioni legate alle sue incombenza da primo ministro) ''due giorni'' lontano da Roma e da tutto il resto è umanamente comprensibile, perché ciascuno fa quel ritiene giusto per il bene dei figli.
E se può portare la figlia a New York o sulla luna sono fatti suoi, soprattutto se, come ha puntualmente replicato Palazzo Chigi, lo ha fatto a sue spese, mentre Borghi chiedeva, citando ''fonti giornalistiche'', se avesse utilizzato voli di Stato. Capiamo che tutto può essere utile nella guerra senza regole che è la politica. Ma, pur facendo parte della categoria, ci chiediamo se ''fonti giornalistiche'' generiche e quindi non verificate possano diventare lo spunto per un atto ufficiale.
Noi, nel nostro piccolo, diciamo di no perché la funzione parlamentare dovrebbe, per definizione, occuparsi di cose che volano alte. Come accade sempre, crediamo che la minaccia di azioni legali anticipata da Palazzo Chigi finirà nel nulla, facendo prevalere la ragionevolezza. Resta però il dubbio su cosa sia oggi l'esercizio della politica: aggrapparsi a indefinite fonti giornalistiche per attaccare Meloni e il governo, quando magari si potrebbe parlare di economia e anche di altri argomenti sui quali incalzare il governo. Ma, si sa, chi fa il giornalista o pensa di esserlo, spesso reca in sé il composito germe del sogno, della presunzione e dell'ambizione. Costi quel che costi farlo germogliare.