Politica

Quando una tragedia diventa pretesto per una polemica politica

Redazione
 
Quando una tragedia diventa pretesto per una polemica politica

Mentre siamo abituati a nutrirci di una informazione che corre veloce, spazzando tutto quello che incontra sul suo cammino, ci sorprendiamo sempre vedendo che una tragedia - come la morte di una settantenne, uccisa da un'auto guidata da un quasi bambino - viene colta come l'occasione per attivare una polemica che ha solo una finalità politica: toccare il nervo scoperto delle paure della gente con il fine manifesto di raccattare consensi.

Quando una tragedia diventa pretesto per una polemica politica

Cecilia De Astis è morta a Milano, quando un gruppo di piccoli rom (nemmeno quattordicenni, con uno che di anni che ha appena undici) ha rubato un'auto e, guidandola in modo folle, l'ha investita, uccidendola.
Un episodio che cumula due tragedie: quella, evidente, della donna morta per colpe non sue e l'altra, più sottile, del degrado che spesso alberga in comunità emarginate (anche per loro ''colpe'', se così si possono definire i retaggi di una cultura diversa dalla nostra) e che porta ragazzini a non distinguere giusto e sbagliato, lecito e non lecito, quindi senza alcun confine tra legge e crimine.

Una vicenda come questa avrebbe dovuto trovare un comune terreno di discussione, su come fare affinché fatti del genere non si ripetano, su capire se e come si possano trovare delle soluzioni a problemi radicati nel tempo, come le ''non regole'' dei campi rom, troppo spesso considerati realtà irrecuperabili e per le quali si pensa non ci sia tempo da perdere o risorse da spendere.
Ed invece a cogliere al balzo la palla è stata la Lega che ha schierato i suoi massimi esponenti non tanto per stigmatizzare l'accaduto, quanto per trovare un colpevole che non fossero i quattro ragazzini, individuandolo nel nemico di giornata, il sindaco democratico di Milano, Beppe Sala.

Come ha fatto Matteo Salvini, nei confronti del quale è sempre delicato distinguere, quando parla, se lo fa da segretario leghista o da vicepremier, che sono cose ben diverse. Perché se parla da capo della Lega, ogni ragionamento di Salvini ricade nell'esercizio del ruolo. Ma se lo fa da vicepremier è cosa diversa, perché facendo parte del governo, è anche corresponsabile, ad esempio, delle politiche per la tutela dell'ordine pubblico.

Quindi, quando Salvini scrive che ''Se quanto riportato dai giornali rispondesse al vero, sarebbe pazzesco. Campo rom da sgomberare subito, e poi radere al suolo, dopo anni di furti e violenze, pseudo 'genitori' da arrestare e patria potestà da annullare. Sindaco Sala e sinistre, ci siete?'', sembra di leggere un sunto di teorie che si basano non sulla responsabilità del singolo, caposaldo del nostro diritto, ma sul gruppo comunque colpevole anche se a delinquere è il singolo.

La ricetta di Salvini - sgomberare e radere al suolo i campi rom, arrestare i genitori per quel che fanno i figli, privandoli della patria potestà - sembra uno sparo nel mucchio, che prelude all'uso politico dell'accaduto: attaccare il sindaco di Milano e con lui ''le sinistre''.

Sala ha risposto subito dicendo di trovare ''vergognoso speculare, soprattutto da parte di alti rappresentanti del governo'', dicendosi convinto che le famiglie dei minorenni coinvolti nella morte di Cecilia De Attis debbano ''rendere conto di quanto è successo. E su questo chiederemo la massima intransigenza''.

E a Salvini ha risposto fornendo numeri, per quanto riguarda la tolleranza rispetto al Far West dei campi rom: ''Le giunte di centrosinistra ne hanno chiusi 24 - 4 autorizzati e 20 irregolari - in 12 anni, dal 2013 al 2024. Le giunte di centrodestra, che adesso gridano, quando sono state al governo della città solo uno. Ignorare queste informazioni in maniera strumentale per farsi pubblicità, vuol dire prendere in giro i cittadini''.

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