Dopo che una decina di droni sono finiti in Polonia e nonostante Varsavia abbia mostrato quelle che, a suo giudizio (ma anche della Nato e della maggioranza delle cancellerie occidentali, tra cui, inaspettatamente, anche quella ungherese, vista la sintonia tra Orban e Putin), sono prove inequivocabili della violazione dello spazio aereo, è cominciata la guerra delle parole, delle dichiarazioni, delle prese di posizione e delle esplicite minacce (da parte di Mosca, che respinge tutte le accuse, parlando di una provocazione).
Droni russi sulla Polonia: ora è guerra di parole
Di sicuro c'è che un certo numero di droni (certo inferiore a quello delle ondate che, ormai da settimane, martellano l'Ucraina) siano arrivati in Polonia e che sono stati intercettati e neutralizzati oltre che dalla difesa aerea di Varsavia, anche dal sistema di protezione della Nato, al quale ha partecipato anche un Awac dell'Aeronautica militare italiana, essenziale nel controllo del cielo.
L'evidenza sembra indirizzare i sospetti verso Mosca, sia per la provenienza fisica dei presunti punti di lancio dei droni, che per il fatto che questo strumento di guerra (ma anche di rilevamento) sia diventato il principale della guerra d'invasione dell'Ucraina, che risponde utilizzando i suoi, di droni, lanciandoli verso il territorio russo.
L'area interessata è quella di confine della Polonia con Ucraina e Bielorussia, nemmeno tanto lontano (un paio di centinaia di chilometri) da Varsavia. Ad accresce i timori è che l'autonomia di questi aerei senza pilota è talmente vasta che uno dei droni è entrato in profondità in territorio polacco, percorrendo circa 300 chilometri, prima di cadere in un campo, senza quindi provocare danni a persone. Ben altro poteva essere il risultato del volo di un altro drone, che è andato a finire contro il tetto di una casa, provocando danni solo alle cose.
Sul fronte diplomatico e della comunicazione, la Russia sta reagendo all'ondata di critiche adottando la tattica che tutti adottano quando le accuse sono forti, tante e generalizzate. Ovvero: minimizzare, cercando di accreditare la tesi di un errore nell'individuazione della fonte dell'attacco e, in ogni caso, sostenendo la teoria della ''grande intossicazione'', cioè di una azione studiata solo per screditare Mosca, come se ce ne fosse bisogno.
Ha cominciato il Ministero della Difesa di Mosca che ha negato ogni responsabilità su quanto accaduto, sostenendo che non c'erano "obiettivi pianificati in Polonia" (e meno male!), per cercare di dare anche una spiegazione tecnica alla tesi di droni non russi, sostenendo che l'autonomia di quelli in dotazione alle forze armate di Mosca non supera i 700 km, quindi molto inferiore alla distanza che divide il territorio russo da quello polacco.
A portare ulteriore soccorso alle tesi autoassolutorie di Mosca è arrivato l'incaricato d'affari russo in Polonia. Per Andrei Ordash i droni sono arrivati in Polonia partendo dall'Ucraina. E, a suffragare la sua affermazione, Ordash ha usato una spiegazione ''scientifica'': noi questa cosa la sappiamo.
Infine, a spargere ''prudenza'', è arrivata immancabile la dichiarazione del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov (in foto), che ha preso posizione sull'ipotesi che alcuni Paesi europei potrebbero dispiegare loro truppe in Ucraina:
"Come sempre, ci sono Paesi che assumono una posizione sconsiderata, che o non comprendono, o non vogliono comprendere le terribili conseguenze di azioni così avventate. E ci sono Paesi che comprendono molto meglio la realtà". Se non è una minaccia, è qualcosa che le somiglia molto.
Cosa resta, quindi, di questa convulsa giornata, sia dal punto di vista militare che politico?
Gli analisti si stanno interrogando su cosa possa avere determinato Mosca a questa azione, posto che è difficile accreditare la tesi di un errore (troppi i droni, tacendo anche di un missile, di cui sono stati trovati i resti). Non sarebbe azzardato pensare che l'attacco possa essere stato un modo per testare la risposta non tanto della Polonia, quanto della Nato, che c'è stata e, per quel che se ne sa, anche tempestiva ed efficace.
C'è però un altro interrogativo da porsi: perché ora?
Vladimir Putin sembra continuare nella sua strategia, quella che lo porta a ricorrere spesso (quando non ordina di bombardare città e villaggi) un approccio indiretto, quasi una mossa del cavallo che, in questo caso, sarebbe la conseguenza del recente vertice a tre, con Xi e Modi, che lo avrebbe rinfrancato, garantendogli alleati che, sino a poco tempo fa, sarebbe stati suoi dichiarati avversari.