Economia

L'analisi - Energia: l'Europa non si fida più dell'America di Trump

Demetrio Rodinò
 
L'analisi - Energia: l'Europa non si fida più dell'America di Trump

L'Europa si (ri)scopre fragile sul fronte energetico, una volta assorbito lo shock dell'invasione russa dell'Ucraina e delle conseguenze delle sanzioni contro Mosca.
La mancanza del gas russo, per il quale, con l'aggressione a Kiev, l'Occidente ha deciso la chiusura dei rubinetti (anche se le vie delle triangolazioni, con Paesi terzi, sono infinite come quelle del Signore) è stata ammortizzata grazie al gas naturale liquefatto statunitense.

L'analisi - Energia: l'Europa non si fida più dell'America di Trump

Ma oggi la guerra commerciale che Donald Trump ha avviato, mettendo in crisi rapporti che duravano molti decenni, si combatte anche sul piano energetico, ponendo le aziende degli altri Paesi davanti alla consapevolezza che dipendere dagli Stati Uniti - da questi Stati Uniti !! - sia diventato un ulteriore fattore di vulnerabilità.

È quindi comprensibile che, davanti ad un Donald Trump che, per raggiungere i suoi obiettivi, intende anche fare ricorso alla leva energetica (chiedendo, in sostanza, ai Paesi con i quali è in una fase di trattativa sul fronte dei dazi, di comprare petrolio e gas americani), le principali aziende dell'Unione Europea tornino a guardare a est.
Cioè ricomincino a considerare, anche se la guerra non è affatto finita, che la Russia possa tornare ad essere un fornitore di gas, soprattutto nel caso che il contenzioso Usa-Regno del mondo assuma i contorni di una guerra in cui tutto è lecito.

Ma qualsiasi mossa in questa direzione - pur considerando un percorso per tappe, dettato da una agenda frutto del lavoro delle cancellerie e non solo delle esigenze dei manager - impone innanzitutto che l'Unione europea ridimensioni il suo impegno a porre fine alle importazioni di energia dalla Russia entro il 2027.

Ma l'Europa si trova in una condizione molto precaria, mentre la ricerca di soluzioni (come ricorrere al Qatar per il Gnl, con una trattativa che, peraltro, langue) si fa difficile e il ricorso alle energie rinnovabili, nonostante i grandi progressi che si registrano, non è ancora tale da garantire all'Ue quell'autonomia che tutti ritengono necessaria.

Tutto, quindi, passa da una pace in Ucraina che, viste le ultime notizie, come gli attacchi indiscriminati contro la popolazione civile ucraina confermano, appare ancora lontana.
Ma, ''se si raggiungesse una pace ragionevole in Ucraina, potremmo tornare a flussi di 60 miliardi di metri cubi, forse 70, all'anno, GNL incluso", ha dichiarato Didier Holleaux, vicepresidente esecutivo della francese Engie.

Insomma, tra i vertici dei colossi energetici europei, si sta facendo strada l'ipotesi che, anche se non si tornerà mai più a importare 150 miliardi di metri cubi dalla Russia come prima della guerra, quota ''70 miliardi'' potrebbe essere comunque importante.

Soprattutto per quei Paesi - come la Germania - la cui macchina industriali prima della guerra dipendeva quasi per intero dal gas russo. E l'industria tedesca fa sempre di più sentire la sua voce, chiedendo che il governo federale trovi energia a basso costo.

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