Un ponte aereo per ripotare a casa i cittadini israeliani che, a causa della cancellazione dei voli, imposta dalla guerra, sono bloccati all'estero. Già oggi un primo volo è atterrato all'aeroporto Ben Gurion.
Gerusalemme organizza un ponte aereo per riportare a casa gli israeliani bloccato all'estero
"L'operazione viene gestita in modo graduale e in base al livello di rischio e alla valutazione della situazione della sicurezza, ponendo l'accento sulla sicurezza dei passeggeri, degli equipaggi e degli aeromobili", ha affermato l'Autorità aeroportuale israeliana.
Venerdì scorso, in risposta all'intensificarsi del conflitto con l'Iran, Israele ha dichiarato lo stato di emergenza speciale, chiudendo il suo spazio aereo, chiudendo le scuole e vietando gli assembramenti sociali.
Il primo volo di rimpatrio è atterrato questa mattina proveniente da Larnaca, a Cipro, si legge nel comunicato.
I passeggeri "hanno seguito una procedura accelerata per entrare in Israele e ritirare i bagagli". "L'Autorità sottolinea che, data la situazione della sicurezza, è della massima importanza ridurre al minimo necessario la durata della permanenza in aeroporto", ha affermato, chiedendo al pubblico di non accogliere i passeggeri in arrivo in aeroporto.
Non è la prima volta che Israele organizza un vero e proprio ponte aereo. I più famosi sono quelli che, in due distinti momenti, furono organizzati per portare in Israele gli ''ebrei neri'', i falasha, cittadini etiopici di fede israelita.
Con l'operazione ''Mosè'', tra il novembre del 1984 e il gennaio successivo, circa ottomila falasha furono portati in Israele, dopo uno scalo a Bruxelles. Nel 1991 fu organizzato il più grande esodo di ''ebrei neri'', con l'operazione ''Salomone'': grazie a 34 aerei, civili e militari, in un giorno e mezzo quasi quindicimila falasha furono fatti partire da Addis Abeba, per quello che l'allora primo ministro di Israele, Yitzhak Shamir, era un ''obbligo morale''.