Quando il caldo si misura dove dovrebbe fare freddo, il cambiamento climatico smette di essere una previsione e diventa un dato di fatto. In un’estate che ha già infranto numerosi record di temperatura — con punte oltre i 38°C, notti tropicali, incendi in Sardegna e Sicilia e fiumi ai minimi storici — il segnale più drammatico non arriva dal mare, ma dalla montagna. Dall’alto dei ghiacciai italiani, dove la linea dello zero termico ha superato i 5.400 metri, ben oltre la vetta del Monte Bianco (4.808 m), arriva un grido silenzioso ma potente: il ghiaccio si sta sciogliendo ovunque.
Ghiaccio bollente, il paradosso che racconta la crisi climatica italiana
Non è solo calore passeggero o siccità stagionale. I ghiacciai italiani sono in collasso. Secondo l’ultimo Inventario Glaciologico Italiano (CNR e CGI), oggi in Italia sopravvivono 872 ghiacciai, piccoli e frammentati, con una superficie complessiva inferiore a 360 km². Negli ultimi 70 anni abbiamo perso oltre il 30% della superficie glaciale, e negli ultimi 20 anni 50 km³ d’acqua: come se fosse evaporata una città di ghiaccio grande il doppio di Roma e alta otto piani.
La Marmolada, simbolo di questa crisi, ha già perso il 70% della superficie e l’85% del volume dal 1905. Il crollo del seracco nel 2022, che ha causato 11 vittime, ha segnato un punto di svolta tragico. Secondo l’UNESCO, il ghiacciaio potrebbe scomparire del tutto entro il 2040.
Se il meteo racconta il caldo di oggi, i ghiacciai parlano del riscaldamento degli ultimi decenni: inverni sempre più secchi, estati più lunghe e afose, bilanci energetici fuori controllo. Il rapporto di Italy for Climate mostra che l’Italia si sta scaldando al doppio della media globale: +1,52 °C rispetto alla media 1991-2010, contro +0,72 °C a livello mondiale (fonte: ISPRA e Copernicus, 2024).
I ghiacciai non sono solo paesaggi spettacolari o mete turistiche. Sono serbatoi naturali di acqua dolce, fondamentali per alimentare i fiumi, irrigare i campi, produrre energia idroelettrica e mantenere gli equilibri ecosistemici. La loro scomparsa significa meno acqua per l’agricoltura, stress idrico cronico e più vulnerabilità energetica. Già oggi l’Italia ha il 20% in meno di acqua disponibile rispetto all’inizio del Novecento. Nel 2024, la riserva nevosa nei bacini idrici italiani è scesa del 36% rispetto alla media 2011–2022 (fonte: CIMA Foundation).
Meno ghiaccio significa meno albedo, ovvero la capacità del ghiaccio di riflettere la luce solare. Con la perdita di superficie glaciale, la Terra assorbe più calore, alimentando un circolo vizioso auto-rafforzante: più caldo, meno ghiaccio, ancora più caldo.
A livello globale, i dati sono ancora più allarmanti: secondo il WMO, nel solo 2023 i ghiacciai del pianeta hanno perso un volume d’acqua pari a cinque volte il Mar Morto — la maggior perdita mai registrata dal 1950.
Eppure, nel dibattito pubblico italiano si continua a parlare della transizione ecologica come di una forzatura ideologica. Ma i ghiacciai sono fatti di fisica, non di opinioni. Come afferma Andrea Barbabella di Italy for Climate: “Il ghiaccio che scompare dimostra che la crisi climatica non è un problema delle generazioni future. È già qui, misurabile, visibile, fotografabile. Pensare di poter fare tutto con calma, rinviare la decarbonizzazione o metterla in discussione è un lusso che non possiamo più permetterci”.