L’aria che respiriamo continua a essere un nemico invisibile, ma potentemente insidioso. Da gennaio 2025, una rete capillare di analisi ambientale ha preso vita in Italia grazie all’impegno congiunto dell’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente (ISDE), dell’Osservatorio Mobilità Urbana Sostenibile – promosso da Clean Cities Campaign e Kyoto Club – e del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente.
Allarme inquinamento: già 26 città fuori legge nei primi tre mesi del 2025 per PM2,5 e NO2
Il monitoraggio si estende a 26 città distribuite in 17 regioni, basandosi sui dati delle stazioni di rilevamento dell’aria gestite dalle Agenzie Regionali e Provinciali per la Protezione Ambientale (ARPA/APPA). Obiettivo: misurare con puntualità i livelli di polveri sottili (PM2,5) e biossido di azoto (NO₂), due tra gli inquinanti atmosferici più pericolosi per la salute umana. L’attività si ispira ai parametri aggiornati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità del 2021 e della nuova Direttiva Europea sulla Qualità dell’Aria (n. 2024/2881), approvata a fine 2024 e destinata ad entrare in vigore dal 1° gennaio 2030.
Una normativa più severa, che impone limiti stringenti per tutelare la salute pubblica. Ma non serve attendere cinque anni: “I cittadini di oggi devono avere lo stesso diritto dei cittadini del 2030 a respirare un’aria che non li faccia ammalare”, sottolineano gli esperti di ISDE, ribadendo la necessità di un’azione immediata. Il quadro emerso dai primi tre mesi di rilevazioni del 2025 è tutt’altro che rassicurante.
Le polveri sottili si confermano un flagello concentrato soprattutto nella Pianura Padana, dove si superano frequentemente le soglie di sicurezza stabilite dalla Direttiva. Ma anche il biossido di azoto non concede tregua: livelli elevati sono stati registrati anche in molte città del Sud Italia, aggravati da un sistema di mobilità inefficiente e, nei centri portuali, dal traffico marittimo. I dati degli inventari regionali delle emissioni atmosferiche confermano infatti che la navigazione contribuisce in modo rilevante all’inquinamento dell’aria.
Oltre alla semplice rilevazione dei dati, l’intento è promuovere consapevolezza e responsabilità: informare i cittadini, ma soprattutto spronare le amministrazioni pubbliche ad attuare politiche coraggiose e coerenti per ridurre l’inquinamento atmosferico. “L’inquinamento atmosferico rappresenta una vera e propria emergenza sanitaria”, ammoniscono Roberto Romizi, presidente di ISDE Italia, e Paolo Bortolotti, responsabile del progetto sull’inquinamento dell’aria dell’associazione.
“Gli effetti sulla salute sono documentati da un’enorme mole di evidenze scientifiche: aumentano le malattie respiratorie, cardiovascolari, neurodegenerative, i disturbi dello sviluppo nei bambini e i problemi riproduttivi negli adulti. Di fronte a questi dati, non possiamo più permetterci esitazioni.” La severità della situazione è suffragata anche da dati globali: ogni anno, secondo l’OMS, oltre 7 milioni di persone muoiono prematuramente a causa dell’inquinamento atmosferico. L’Agenzia Europea dell’Ambiente, dal canto suo, stima che solo in Italia le morti premature legate a questo fattore siano decine di migliaia ogni anno. Fabrizio Bianchi, epidemiologo ambientale del CNR di Pisa, mette in guardia da un rischio meno visibile, ma non meno grave: “Nel valutare gli impatti attesi, cioè i morti prematuri e i malati attribuibili a inquinamento, non bisogna sottovalutare il fatto che a causa dell’esposizione che si cumula nel tempo la salute dei cittadini e delle comunità diventa sempre più fragile.”
Una fragilità che coinvolge ogni organo e sistema del corpo umano, come evidenziato dalla Seconda Conferenza Mondiale su Inquinamento Atmosferico e Salute organizzata dall’OMS a Cartagena, in Colombia, nel marzo 2025. Giovanni Viegi, pneumologo ed epidemiologo del CNR, già presidente della Società Europea di Pneumologia, ha partecipato ai lavori della conferenza, che ha riunito rappresentanti di oltre 70 Paesi, tra istituzioni pubbliche, università, centri di ricerca e associazioni di pazienti. Il messaggio emerso è chiaro: “La Conferenza ha lanciato un appello ad agire per ridurre del 50% gli effetti avversi sulla salute entro il 2040. Per fare ciò, è necessario un impegno multisettoriale verso la prevenzione, che coinvolga la pianificazione urbana (con incremento di aree verdi), il sistema dei trasporti (privilegiando i trasporti pubblici su rotaia, le biciclette, il camminare), il sistema di produzione di energia (passando dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili).”
La nuova Direttiva Europea 2024/2881 indica limiti annuali ben più rigidi rispetto alla normativa attuale: per il PM2,5, si dovrà rispettare una media giornaliera di 25 μg/m³ non superata per più di 18 giorni l’anno, con una media annua inferiore a 10 μg/m³. Per il biossido di azoto (NO₂), i limiti sono di 50 μg/m³ come media giornaliera (massimo 18 volte l’anno) e di 20 μg/m³ come media annua. Numerose città italiane, già nei primi tre mesi del 2025, hanno superato questi limiti, mostrando quanto ancora ci sia da fare. Il messaggio di ISDE e degli altri attori impegnati nel monitoraggio è netto: è il momento di agire, senza attendere il 2030.
“È necessario ridurre subito le emissioni inquinanti attraverso politiche più ambiziose e coerenti con le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Chiediamo alle istituzioni italiane (dal livello locale a quello nazionale) ed europee di agire con urgenza, recependo immediatamente i nuovi limiti sulla qualità dell’aria, investendo in mobilità sostenibile e transizione energetica”, insistono Romizi e Bortolotti. “Proteggere la salute delle persone e migliorare la qualità della vita nelle nostre città non è solo un obiettivo, ma un dovere civile e scientifico.”
Una posizione condivisa da Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto Club, che denuncia la direzione opposta intrapresa dal Governo italiano: “Procedere rapidamente sulla strada della decarbonizzazione, ricorrere a efficienza energetica e fonti rinnovabili, e togliere veicoli inquinanti dalle nostre strade trasformando il modo in cui ci muoviamo è urgente e necessario se vogliamo risolvere l’emergenza sanitaria dell’inquinamento atmosferico e fermare la crisi climatica. Occorre investire decisamente in mobilità sostenibile (trasporto pubblico locale e mobilità attiva), non come fa il Governo in senso esattamente contrario, dirottando, con la legge di bilancio 2025, tutte le risorse per la mobilità diverse da quelle del PNRR, a favore del Ponte di Messina.”
A fare da cornice a questo grido d’allarme, risuona l’appello contenuto nell’enciclica Laudato sì di Papa Francesco: “La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare.”