Matteo Ricci, europarlamentare, é (era) il candidato della sinistra per guidare la Regione Marche.
Il dubbio se lo sia ancora o se farà un passo indietro è legato a cosa deciderà dopo avere ricevuto un avviso che lo qualifica come indagato in merito a presunte irregolarità che sarebbero state accertate nel Comune di Pesaro, quando lui era il sindaco.
Matteo Ricci indagato. Il primo ad attaccarlo? L'alleato Conte
Per una volta a darne notizia non sono stati i media, ma lo stesso Ricci che, in un video, dopo essersi detto estraneo ai fatti, si è definito, nell'ordine, ''sorpreso", ''amareggiato'', ma comunque sereno.
''Non mi sono mai occupato di affidamenti pubblici di lavori, mi sono sempre fidato ciecamente dei miei dirigenti e collaboratori'', ha detto.
I pm gli contestano, ha riferito lo stesso Ricci, non di avere ricevuto utilità patrimoniali (insomma, non è messo in tasca nulla), ma ''consenso politico''. Una definizione della materia dell'indagine che, letta così, per essere contestata deve avere un forte riscontro documentale o probatorio.
Si tratta, quindi, riferendosi al periodo in cui era sindaco, di vicende abbastanza datate, ma la cui ufficializzazione, dopo indagini durate un anno, è giunta il giorno dopo la convocazione delle elezioni regionali.
Una circostanza che, a campi invertiti, avrebbe fatto gridare, anzi urlare, alla giustizia ad orologeria.
''Quando un sindaco governa ha tantissimi collaboratori: se eventualmente un collaboratore sbaglia, il sindaco è parte lesa, perché viene tradita la fiducia'', ha concluso Ricci.
La cosa abbastanza singolare sta nei toni che sono stati usati dalla politica per commentare la notizia.
A volere essere obiettivi, il commento di Fratelli d'Italia non è stato nemmeno tanto violento, confidando, come ha fatto il deputato Antonio Baldelli, nell'operato della magistratura, e quindi nella presunzione di innocenza, ma parlando di responsabilità politiche. Una dichiarazione che è abbastanza in linea con quello che, seppure ''a targhe alterne'' (chi contro, chi neutro) hanno avuto i maggiorenti del partito nel caso Milano.
Ma a sorprendere è la dichiarazione di Giuseppe Conte che sembra non perdere l'occasione, con l'avvicinarsi di scadenze politiche importanti (quali saranno anche le regionali nelle Marche) , per sottolineare la distanza morale tra i Cinque Stelle e gli altri, soprattutto quando gli altri stanno a sinistra.
Piuttosto che limitarsi alle solite frasi di prammatica (aspettiamo la magistratura, bla bla...), Conte ha, di fatto, messo in dubbio non l'alleanza, ma l'opportunità che il candidato resti Ricci, uomo forte del Pd, e non solo marchigiano.
Leggere, al netto delle ripetizioni, che ''ci riserviamo di valutare approfonditamente le contestazioni mosse a Ricci, al fine di comprendere se gli venga mossa una semplice contestazione per spese del Comune non corrette o se vi siano gli elementi di una condotta disonesta, che ha portato a indebiti vantaggi personali - condotta questa che sarebbe incompatibile con i nostri principi e i nostri valori" sembra essere una pietruzza nel meccanismo delle alleanze.
Si può dire che avere vantaggi in termini di consenso politico resta pur sempre un reato, ma parlare già di una ''condotta disonesta'', sia pure al livello di ipotesi, non è certo il modo migliore per fare parte, nei fatti e non a parole, di una maggioranza. E questo sembra essere un film già visto e rivisto nella condotta del leader dei Cinque Stelle che, da giurista, dovrebbe forse dare maggiore peso alle parole e non solo a quelle non dette.