La notizia che oggi domina le principali testate internazionali è l’accordo Usa-Ue sui dazi che allontana, almeno per ora, lo spettro di una guerra commerciale che avrebbe potuto avere conseguenze devastanti per l’economia globale. L’intesa, come ricorda la CNN, prevede l’introduzione di un dazio del 15% sui prodotti europei in ingresso negli Stati Uniti. Un compromesso che, se da un lato segna un passo avanti nei rapporti transatlantici, dall’altro suscita timori su un possibile aumento dei prezzi per i consumatori americani, nonostante l’amministrazione Trump presenti la misura come uno stimolo per la manifattura nazionale.
Dazi, accordo Usa-Ue: per CNN è una vittoria muscolare di Trump
L’accordo giunge in un momento tutt’altro che sereno per la Casa Bianca. La CNN sottolinea come il presidente Donald Trump stia affrontando crescenti pressioni interne, legate soprattutto alla sua passata amicizia con Jeffrey Epstein, il finanziere morto in carcere nel 2019 con accuse di traffico sessuale. Trump, visibilmente irritato durante un’intervista in cui gli è stato chiesto del caso, ha reagito con un secco: “Oh, stai scherzando, vero?”.
Ma il tono piccato non ha fatto che alimentare l’attenzione mediatica. Un episodio in particolare ha riacceso le polemiche: l’incontro tra Todd Blanche, vice procuratore generale ed ex avvocato personale di Trump, e Ghislaine Maxwell, considerata complice di Epstein. La stampa americana ipotizza che Maxwell possa puntare a una grazia presidenziale, suscitando l’indignazione dei critici, preoccupati per un’ulteriore politicizzazione della giustizia. Intanto, due parlamentari – uno democratico e uno repubblicano – hanno annunciato l’intenzione di forzare un voto alla Camera per rendere pubblici i fascicoli del caso Epstein, una mossa che potrebbe mettere a disagio l’intera amministrazione.
Nel frattempo, Trump ha trascorso il weekend in Scozia, diviso tra incontri ad alto livello con Ursula von der Leyen e blitz nei suoi resort di golf. Una scenografia che per la CNN rappresenta in modo plastico la duplice natura della sua leadership: un mix di affari personali e politica globale. La visita non è passata inosservata. Oltre alle consuete manifestazioni di protesta, il presidente ha infiammato i social con un post in cui invoca azioni giudiziarie contro l’ex vicepresidente Kamala Harris.
Un’escalation retorica che si aggiunge agli annunci di nuovi accordi commerciali con Giappone e Filippine, anch’essi segnati da un deciso aumento dei dazi, in aperta rottura con i principi del libero scambio internazionale. Secondo la CNN, il vero obiettivo di Trump non è tanto riequilibrare il commercio globale quanto riscrivere le regole a immagine e somiglianza del suo populismo economico. “Make America Great Again” passa anche da qui: dalla sfida frontale agli economisti che denunciano gli effetti inflazionistici dei dazi e da un'offensiva culturale che punta a ridisegnare università, media e istituzioni giuridiche secondo un’impostazione di destra. Se da un lato l’intesa con Bruxelles potrebbe rassicurare i mercati, dall’altro restano molti dubbi sulla sua tenuta.
La CNN avverte che l’accordo è tutt’altro che blindato, considerando le continue giravolte dell’amministrazione Trump in materia commerciale. Il rischio che il presidente torni a minacciare nuove tariffe è concreto. E proprio sulle tariffe si gioca la vera posta in gioco: l’accordo prevede che l’Europa accetti un dazio del 15%, evitando quello del 30% inizialmente minacciato. Una vittoria, ma solo a metà. Gli americani, infatti, potrebbero ritrovarsi a pagare di più per auto, beni alimentari e prodotti di lusso. Intanto, Trump sembra intenzionato a nominare un nuovo presidente della Federal Reserve nel 2026, con l’obiettivo di abbassare i tassi d’interesse, un’operazione che – unita all’effetto inflazionistico dei dazi – potrebbe avere conseguenze economiche imprevedibili.
Oltre alla dimensione economica, l’accordo ha un importante risvolto geopolitico. Secondo quanto riportato dalla CNN, l’UE si è impegnata ad acquistare energia dagli Stati Uniti per un valore complessivo di 880 miliardi di dollari. L’obiettivo è ridurre la dipendenza dal gas russo e rafforzare la coesione dell’alleanza NATO. “Abbiamo ancora troppo GNL russo che entra dalla porta di servizio”, ha dichiarato Ursula von der Leyen, sottolineando la volontà di chiudere definitivamente con Mosca.
La BBC sottolinea che l’intesa è arrivata dopo settimane di trattative serrate, proprio alla vigilia di un nuovo round di colloqui tra USA e Cina. Per Bruxelles, era fondamentale evitare un’escalation commerciale, soprattutto in un momento di crescita lenta e con la Banca centrale europea che continua a predicare cautela. La Commissione ha quindi deciso che un accordo, seppur imperfetto, fosse preferibile all’instabilità.
Il vicepresidente repubblicano JD Vance, entusiasta, ha commentato: “Tutta la stampa europea è stupita dall’accordo”, ironizzando sul fatto che i media americani si concentreranno solo su eventuali mancanze minime. Secondo la BBC, Bruxelles ha potuto contenere i danni: il dazio del 15% si applicherà solo ad alcune categorie strategiche, come le automobili, che saranno comunque soggette a una tassa inferiore rispetto al 25% globale inizialmente annunciato. Restano invece pesanti le imposte su acciaio e alluminio europei. In cambio, l’UE garantirà l’accesso a dazi zero per una serie di esportazioni americane.
Il problema, evidenzia Die Welt, è che il nuovo dazio rappresenta comunque un salto significativo rispetto agli standard precedenti. Fino al 2024, le tariffe USA sui beni europei erano mediamente intorno al 2%. Per la Germania, l’impatto sarà sensibile: secondo il Kiel Institute, la crescita economica potrebbe ridursi di 0,13 punti percentuali all’anno. Friedrich Merz, cancelliere tedesco, ha comunque sottolineato che “siamo riusciti a evitare un conflitto commerciale che avrebbe colpito duramente l’economia tedesca”.
L’industria dell’auto è la più colpita, ma la previsione è che “un dazio del 15% non spezzerà la schiena ai fornitori europei”, come afferma l’eurodeputato Caspary. Più critica, invece, l’Associazione tedesca per il commercio estero, che parla di un compromesso doloroso.
In Spagna, El País osserva che l’economia nazionale è relativamente protetta: solo il 5% delle esportazioni è diretto agli Stati Uniti. Tuttavia, settori come olio, vino, macchinari e componenti elettronici potrebbero risentire del nuovo scenario. In particolare, il vino spagnolo, di cui gli USA sono il principale importatore di spumanti, rischia una battuta d’arresto significativa. Anche l’olio d’oliva è sotto osservazione: oltre un miliardo di euro di vendite all’anno sono destinate al mercato statunitense. Con l’entrata in vigore del dazio, i prezzi saliranno inevitabilmente. L’effetto domino coinvolgerà anche l’export indiretto: la Spagna fornisce componenti ad altri Paesi europei che poi esportano veicoli finiti negli USA. Secondo Le Monde, sei mesi dopo l’avvio della nuova politica commerciale americana, gli effetti cominciano a farsi sentire.
Gli incassi da dazi sono raddoppiati rispetto al 2024, toccando quota 108 miliardi di dollari. Ma anche le perdite per le imprese sono salate: General Motors stima 1,1 miliardi di danni, Volkswagen oltre 1,3. E il CEO di Porsche avverte che, se la situazione dovesse proseguire, “i costi potrebbero raggiungere cifre di diversi miliardi”. Allianz Trade stima un’impennata di fallimenti aziendali in Europa nel 2025 e 2026, a causa dell’aumento dei costi e della perdita di competitività. Ora lo sguardo si sposta verso Oriente.
Oggi e domani, infatti, si aprono a Stoccolma i colloqui tra USA e Cina, con l’obiettivo di sospendere per altri 90 giorni le reciproche tariffe doganali. Secondo quanto sottolinea la CNN, l'attuale contesto vede la Cina rafforzata dalla sua posizione decisiva sulle materie prime strategiche, che ha portato l’amministrazione guidata da Donald Trump a revocare alcune restrizioni sulle esportazioni, come la vendita dei potenti chip per l'intelligenza artificiale H20 di Nvidia.