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Jannik Sinner, il re Mida della racchetta: tra rovesci, rigatoni e Rolex

Barbara Leone
 
Jannik Sinner, il re Mida della racchetta: tra rovesci, rigatoni e Rolex

C’è un tempo per i match point e un tempo per gli spot pubblicitari. Jannik Sinner, da buon campione dei nostri giorni, li gioca entrambi con lo stesso sguardo imperturbabile e il gesto pulito. Il 2024 è stato, per lui, l’anno della consacrazione tennistica, certo, ma anche dell’indiscussa ascesa a icona pop. Da Melbourne a Montecarlo, dai campi in cemento ai cartelloni pubblicitari: ovunque ti giri, c’è lui. E non importa che tu stia cercando un espresso, una connessione veloce o un’auto sportiva: a offrirtela, con grazia quasi monastica, è sempre lui: il ''rosso'' più famoso e amato del mondo, peraltro reduce da una inattesa sconfitta sull'erba di Halle.

Jannik Sinner, il re Mida della racchetta: tra rovesci, rigatoni e Rolex

Del resto lo sappiamo tutti: il tennista di San Candido ha inanellato vittorie come perle su una collana. E, con la stessa eleganza, è riuscito a infilare anche contratti pubblicitari da capogiro. I numeri? Semplici da ricordare e difficili da imitare: oltre 20 milioni di dollari solo dai premi ufficiali nel circuito ATP nel 2024. Ma il tennis, si sa, oggi è solo una delle superfici su cui si gioca la partita del successo.

E Jannik ha imparato in fretta a muoversi anche su quella della pubblicità, a colpi di immagine impeccabile e una sobrietà che, paradossalmente, lo rende irresistibilmente commerciale. Ma sia chiaro: non stiamo parlando di uno che si è venduto. Tutt’altro. Sinner, che per inciso noi amiamo senza se e senza ma, non svende, seleziona. Anzi, orchestra con sobria lungimiranza. Il suo team di manager e consulenti ha fatto del ragazzo un brand globale, ma senza trasformarlo in una caricatura da palcoscenico. E la sua forza sta proprio lì: nel sembrare autentico anche quando impugna una moka Lavazza o siede al volante di un’Alfa Romeo.

E così, tra una smorzata di rovescio e un caffè fatto con criterio, il giovane altoatesino ha costruito un impero pubblicitario. Nike gli ha cucito addosso un contratto che, secondo voci ben informate, potrebbe sfiorare i 150 milioni di dollari nel tempo. Gucci, notoriamente refrattaria al campo da tennis, ha fatto un’eccezione per lui, facendolo sfilare sull’erba di Wimbledon con una borsa griffata. E lo ha fatto senza che nessuno alzasse il sopracciglio. Anzi: applausi e foto a raffica.
Rolex, dal canto suo, non si è fatta certo parlare dietro e lo ha voluto nel proprio esclusivo firmamento di testimonial. Il tempo, d’altronde, con Jannik sembra non passare mai: né quando serve a 200 all’ora, né quando sorride impacciato davanti a una macchina da presa.

In patria, è praticamente ovunque. Fastweb, Technogym, Alfa Romeo, e poi ancora piatti di pasta, tappeti rossi e buoni propositi. Persino quando dice una frase al giorno – e pure quella un po’ timida – riesce a conquistare la fiducia di aziende e consumatori.

Perché se gli altri influencer devono sgomitare per ottenere una story sponsorizzata, lui basta che si allacci le scarpe. E se domani decidesse di pubblicizzare una lavastoviglie, siamo certi che mezzo Paese si metterebbe a lavare i piatti con un certo orgoglio nazionale.

E mentre tanti suoi coetanei alternano criptovalute a tatuaggi esistenzialisti, lui investe in immobili tra l’Alto Adige e Montecarlo, con la pacatezza di chi sa che la vera ricchezza è la continuità. Oggi, secondo stime attendibili, il suo patrimonio si aggira intorno ai 60 milioni di euro. Un numero tondo, quasi simbolico. Come a dire: questa è solo la prima partita. Eppure, nonostante tutto questo – o forse proprio per questo – ci sta simpatico. Perché lui non è mai arrogante. Non alza la voce, non esibisce fuoriserie con portiere ad ali di gabbiano, non passa il tempo a spiegare quanto sia "difficile la vita da sportivo". Fa il suo: vince, sorride, beve un espresso e riparte. È un ragazzo che gioca a tennis come si cucinano gli spaghetti al dente: con precisione, tempo giusto e un tocco di classe.

Forse il segreto del suo successo è proprio qui. In quell’equilibrio raro tra fuoco e ghiaccio, tra fatiche silenziose e luci della ribalta. È riuscito a rimanere uno di noi anche quando è diventato uno dei pochi. Uno che scende in campo con la stessa espressione con cui una madre stende i panni: composta, concentrata, senza fare storie. E mentre ci interroghiamo su quanto guadagna davvero – oggi, domani, nei prossimi dieci anni – lui gioca, firma, incassa, ma senza mai perdere il passo. È l’Italia che vince senza strepiti. Che seduce senza vendersi. E che, per una volta, ci fa sentire orgogliosi non solo nello sport ma anche… davanti a uno spot. Perché in fondo, lo sappiamo tutti: se il futuro ha un volto, è quello pulito e un po’ lentigginoso di Jannik Sinner. Anche quando ci dice che la pasta è buona, il caffè è meglio e il tempo, con Rolex al polso, è sempre quello giusto

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