In primo piano su tutti i media internazionali l’attacco israeliano a Doha. Israele, come sottolinea la CNN, è travolto da una crescente condanna dopo aver colpito la leadership di Hamas nella capitale del Qatar, Paese alleato degli Stati Uniti e mediatore chiave nei colloqui di cessate il fuoco a Gaza.
Raid israeliano a Doha, la condanna internazionale: a rischio i negoziati sugli ostaggi
Un’operazione che non solo ha ucciso cinque membri del movimento islamista ma ha anche messo a rischio i negoziati per la liberazione degli ostaggi, incrinando il fragile equilibrio diplomatico della regione. Secondo la CNN, si tratta di un evento senza precedenti: Israele non aveva mai rivendicato apertamente un attacco in territorio qatariota. L’operazione è avvenuta nonostante fosse noto da anni che Doha ospitasse i leader politici di Hamas proprio in funzione del suo ruolo di mediatore.
Per questo l’offensiva è stata percepita non solo come un affondo contro l’organizzazione palestinese, ma anche come uno schiaffo al Qatar. Il premier qatariota, irritato e sorpreso, ha condannato l’attacco ma ha ribadito che la tradizione diplomatica dell’emirato “non si farà scoraggiare”. Un messaggio diretto anche a Washington, che si trova in una posizione scomoda: come riporta la CNN, il presidente Donald Trump è stato informato in tempo reale dell’operazione, ma ha ammesso che “poteva fare ben poco per fermarla”.
La Casa Bianca ha preso subito le distanze. In dichiarazioni rilanciate da ABC News, Trump ha definito l’attacco “molto spiacevole in ogni suo aspetto”, sottolineando attraverso la portavoce Karoline Leavitt che si è trattato di “una decisione del primo ministro Netanyahu, non mia”. Pur riconoscendo che “l’eliminazione di Hamas resta un obiettivo legittimo”, il presidente ha chiarito che non intende assumersi la responsabilità politica di un raid che rischia di complicare la liberazione degli ostaggi e di incrinare i rapporti con un alleato cruciale.
Al di là delle dinamiche diplomatiche, l’operazione israeliana si inserisce in un quadro già devastante. La BBC ricorda che, poco prima del raid, l’esercito israeliano aveva intimato a circa un milione di abitanti di Gaza City di evacuare verso sud. Netanyahu, in un discorso televisivo, ha esortato i palestinesi a “difendere i propri diritti e accettare la proposta americana di pace”, promettendo che “la vita a Gaza sarà diversa se Hamas verrà sconfitto”.
Parole che appaiono lontane dalla realtà dei fatti: la Striscia è ridotta in macerie, il bilancio delle vittime ha superato i 60.000 morti, in larga parte civili, e scuole, ospedali e infrastrutture sono ormai inservibili. La BBC sottolinea come la popolazione non sappia più dove rifugiarsi, mentre la comunità internazionale resta divisa tra chi invoca il cessate il fuoco e chi sostiene il diritto di Israele a difendersi. A Tel Aviv, la linea resta inflessibile. “Non ci sarà immunità per i terroristi, né a Gaza, né in Libano, né in Qatar”, ha dichiarato l’ambasciatore israeliano all’ONU Danny Danon, come riferisce Haaretz.
Il quotidiano israeliano sottolinea che il raid ha già avuto conseguenze diplomatiche immediate: l’Algeria ha chiesto una riunione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza dell’ONU per discutere l’attacco a Doha. Sempre secondo Haaretz, si moltiplicano anche le accuse di espansione delle operazioni israeliane: gli attivisti della Freedom Flotilla hanno denunciato che un loro peschereccio diretto a Gaza sarebbe stato colpito da un drone israeliano nelle acque tunisine. Sul fronte giuridico, Netanyahu rimane nel mirino della Corte penale internazionale, che potrebbe spiccare un mandato di arresto per crimini di guerra. Ma il premier sembra deciso a ignorare le pressioni, facendo della linea dura il suo marchio politico.
Intanto in Europa si registra un salto di livello altrettanto preoccupante. Per la prima volta dall’inizio della guerra in Ucraina, droni russi sono stati abbattuti nello spazio aereo polacco. Come riporta la CNN, l’episodio ha provocato una reazione durissima del premier Donald Tusk, che ha parlato di una “provocazione su larga scala” e ha convocato una riunione d’emergenza con i vertici della sicurezza nazionale. Il presidente polacco Karol Nawrocki ha ribadito che “la sicurezza della patria è la priorità assoluta”, mentre l’Alto rappresentante UE Kaja Kallas ha definito la violazione “la più grave dall’inizio della guerra”.
Per la CNN, il messaggio di Mosca è chiaro: mettere alla prova la compattezza della NATO. Da Kiev, Volodymyr Zelensky ha parlato di “precedente estremamente pericoloso per l’Europa”, ricordando che l’attacco faceva parte di una maxi-offensiva con 415 droni e 40 missili lanciati in una sola notte. Intanto, il sostegno occidentale si concretizza: Varsavia ha ringraziato i Paesi Bassi per l’invio di caccia F-35, mentre i leader di Svezia e Lituania hanno definito “inaccettabile” l’intrusione russa.
All’altro capo dell’Atlantico, la tensione assume toni diversi ma non meno significativi. L’Associated Press segnala che un tribunale federale di Washington ha infatti respinto il tentativo del presidente Trump di rimuovere Lisa Cook dal suo incarico di governatrice della Federal Reserve. Il giudice distrettuale Jia Cobb ha emesso un’ingiunzione preliminare che consente a Cook di restare al suo posto, accogliendo l’ipotesi che il suo licenziamento fosse illegittimo. Trump aveva accusato Cook di frode ipotecaria per due immobili acquistati nel 2021, ma secondo molti osservatori si trattava di un pretesto per mettere mano all’indipendenza della banca centrale americana.
Come sottolinea l’Associated Press, il caso è diventato altamente simbolico: se la Casa Bianca potesse rimuovere a piacimento i membri della Fed, verrebbe meno uno dei pilastri dell’economia statunitense, ossia la separazione tra politica monetaria e potere politico. La questione, sottolinea AP News, assume un rilievo ancora maggiore in un anno elettorale in cui inflazione, crescita e stabilità dei mercati sono elementi decisivi per la campagna presidenziale La decisione del giudice Cobb segna un punto a favore dell’autonomia della Fed, ma difficilmente chiuderà lo scontro. Anzi, è probabile che nelle prossime settimane il braccio di ferro tra istituzioni e Casa Bianca si acuisca, con il rischio di minare la fiducia internazionale nella solidità delle regole americane.