Il Giappone si ritrova sotto i riflettori della stampa internazionale dopo le elezioni per la Camera Alta, che hanno segnato una netta virata verso destra nello scenario politico nazionale. Come riferisce Reuters, a emergere è stato il partito "Japanese First", la cui linea dura sull’immigrazione ha intercettato un crescente malcontento popolare. Ma il vero exploit è quello del Sanseito, formazione di estrema destra che ha raccolto consensi significativi alimentando il timore di una presunta “invasione silenziosa” di stranieri, affiancato da promesse di drastici tagli a tasse e spesa sociale.
World Media Headlines: il Giappone vira a destra, sangue a Gaza ed Europa sempre più fragile
Nonostante la disfatta elettorale della coalizione di governo, il primo ministro Shigeru Ishiba ha scelto di restare in sella, respingendo le pressioni per un passo indietro. Una posizione non scontata, visto il clima teso nel Partito Liberal Democratico (PLD), suo storico baluardo.
Simbolica, in questo senso, la sconfitta di Keizo Takemi, 73 anni, già ministro della Salute e candidato nella circoscrizione di Tokyo: per lui, si è trattato del sesto tentativo fallito di rielezione. «Una brutta esperienza», ha commentato con amarezza, annunciando il ritiro dalla politica. A rendere ancora più acceso il confronto, è stato l’utilizzo massiccio dei social network durante la campagna elettorale.
Secondo The Japan News, la sfida tra i candidati ha avuto un campo di battaglia parallelo su YouTube, dove il canale ufficiale del Sanseito ha superato i 50 milioni di visualizzazioni — numeri che hanno surclassato quelli del PLD, fermo poco sopra i 40 milioni. Anche X (ex Twitter) è stato terreno di scontro, tra post sulla fiscalità e il trattamento degli stranieri, ma non sono mancate notizie false e contenuti fuorvianti. La BBC conferma che la coalizione PLD-Komeito ha perso la maggioranza nella Camera Alta, fermandosi a 47 seggi su 248, ben al di sotto dei 50 necessari per governare in autonomia.
Il Partito Democratico Costituzionale, principale forza di opposizione, si è attestato a 22 seggi. A pesare sulle urne, secondo diversi analisti, è stato il malcontento popolare per l’aumento dei prezzi e l'incertezza legata ai dazi statunitensi. «Il sostegno ai partiti nazionalisti ha eroso la base del PLD, anche perché Ishiba non è ritenuto abbastanza conservatore dagli orfani politici di Shinzo Abe», ha osservato Jeffrey Hall, docente di studi giapponesi all’Università di Kanda, intervistato dalla BBC. Parte di quei voti si sono riversati proprio sul Sanseito, che porta avanti tesi complottiste, posizioni ostili agli stranieri e una visione revisionista della storia nipponica.
La sconfitta elettorale, dunque, sembra il riflesso di una leadership sempre più in difficoltà, stretta tra crisi economica, inflazione e una politica commerciale instabile. Ishiba non è riuscito a restituire fiducia a un elettorato frustrato, e il paragone con i suoi predecessori pesa: gli ultimi tre premier PLD che hanno perso la maggioranza nella Camera Alta si sono dimessi entro due mesi. In molti si aspettano un esito simile, mentre una possibile corsa alla leadership interna rischia di minare la stabilità del governo proprio mentre sono in corso trattative cruciali con Washington.
Anche la CNN lancia l’allarme: sebbene la sconfitta alla Camera Alta non implichi di per sé la caduta del governo, aumenta la pressione su Ishiba, già indebolito dalla perdita della Camera Bassa lo scorso ottobre. Secondo l'exit poll dell’emittente NHK, la coalizione avrebbe ottenuto tra i 32 e i 51 seggi. Qualora si fermasse sotto quota 46, si tratterebbe del peggior risultato per il PLD-Komeito dalla sua fondazione nel 1999. Ishiba, interpellato sempre da NHK, ha ammesso con tono grave di accettare “solennemente” il risultato.
Nel frattempo, oltreoceano, la vicenda Epstein continua a scuotere i palazzi della politica americana. Il Wall Street Journal ha rivelato che tra le lettere oscene ricevute dal finanziere in occasione del suo cinquantesimo compleanno figurerebbe anche un messaggio firmato da Donald Trump. Il documento, secondo la testata, farebbe parte di un album redatto da Ghislaine Maxwell. Ma l’ex presidente ha immediatamente bollato la notizia come falsa e ha deciso di passare al contrattacco, facendo causa a Dow Jones, editore del WSJ.
Il Dipartimento di Giustizia, intanto, ha chiesto alla Corte la pubblicazione delle trascrizioni complete della giuria popolare sul caso Epstein. La CNN sottolinea come l’eco mediatica della vicenda abbia vanificato i tentativi di Trump di riportare l’attenzione sui successi economici dei suoi primi sei mesi di mandato. I Democratici, fiutando l’occasione, hanno rilanciato: la senatrice Amy Klobuchar ha chiesto massima trasparenza sui documenti, sostenendo che l’amministrazione sapesse fin dall’inizio cosa contenevano. Intanto, l’indice di gradimento di Trump è sceso sotto il 40%, con una crescente ostilità da parte dell’opinione pubblica verso le sue politiche migratorie.
In Medio Oriente, non si placa l’escalation di sangue a Gaza. Secondo Haaretz, l’esercito israeliano sostiene che i numeri delle vittime forniti da Hamas siano in contrasto con le “informazioni disponibili”. Ma i dati, provenienti da più fonti, parlano chiaro: sarebbero almeno 67 le persone uccise nel nord di Gaza mentre attendevano i camion degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite. Al Jazeera riporta un bilancio ancora più pesante: 92 morti e 19 decessi per fame. E il World Food Programme conferma: il suo convoglio è stato accolto da una folla affamata e colpito da colpi di arma da fuoco.
Le IDF ammettono l’uso di “colpi di avvertimento” per disperdere quella che definiscono “una minaccia immediata”, ma il numero di civili coinvolti solleva interrogativi sull’operazione. Intanto, Israele ha ordinato nuove evacuazioni nella zona centrale della Striscia, lasciata fino ad ora fuori dalle offensive di terra. La decisione ha generato il panico, non solo tra la popolazione, ma anche tra le famiglie degli ostaggi israeliani, preoccupate che i loro cari siano trattenuti proprio nelle aree indicate per l’evacuazione.
La condanna del Vaticano è arrivata per voce di Papa Leone XIV, che ha definito la guerra “una barbarie” e ha stigmatizzato l’“uso indiscriminato della forza”. Il bilancio umanitario è drammatico: secondo l’agenzia di protezione civile di Gaza, 93 civili sono stati uccisi mentre cercavano cibo. E l’emergenza sanitaria si aggrava: gli ospedali denunciano un numero crescente di pazienti “in uno stato di estrema debolezza e malnutrizione”.
Sul fronte diplomatico, si apre un nuovo spiraglio. Al Jazeera annuncia che Iran, Francia, Germania e Regno Unito torneranno a sedersi attorno a un tavolo a Istanbul per discutere del dossier nucleare. Il vertice arriva dopo gli attacchi a siti nucleari iraniani da parte di Israele e Stati Uniti, e dopo il pressing dell’Unione Europea per evitare la reintroduzione di sanzioni. L’esito del confronto resta incerto, ma si tratta di un primo segnale di dialogo in un contesto sempre più instabile.
Sul fronte della guerra in Ucraina, Bloomberg riferisce che la Russia ha lanciato una nuova ondata di attacchi con droni e missili, colpendo Kiev e provocando almeno una vittima. Il Regno Unito ha rilanciato con una proposta di “campagna di 50 giorni” per rafforzare l’Ucraina militarmente. Kiev ha aperto alla possibilità di nuovi colloqui di pace, ma il Cremlino tentenna: tra le condizioni russe, restano il riconoscimento delle annessioni e la rinuncia all’ingresso nella NATO — richieste inaccettabili per Zelensky e i suoi alleati. Sul fronte economico, la guerra commerciale tra Stati Uniti, Europa e Cina si intensifica.
L’UE, riferisce Bloomberg, prepara contromisure dopo l’inasprimento della politica commerciale americana. E mentre la Cina minaccia ritorsioni, le sue esportazioni di magneti in terre rare registrano un balzo del 158%.
La BCE resta in allerta, pronta a sostenere la stabilità economica europea. Sul fronte tech, i rapporti tra Donald Trump e Elon Musk si fanno tesi. Il WSJ rivela che lo staff presidenziale ha valutato la possibilità di annullare contratti con SpaceX, salvo poi constatare che molti di essi sono considerati vitali. Intanto, Meta si tira fuori dal Codice europeo sull’intelligenza artificiale, come ha confermato il responsabile degli affari globali dell’azienda.
Passando ai temi dei Paesi europei, in Germania il dibattito politico si fa incandescente, con uno scontro aperto tra le principali forze parlamentari. Come riportato dalla Süddeutsche Zeitung, la CDU/CSU e la SPD stanno discutendo aspramente sul futuro orientamento del governo, in un clima sempre più condizionato dall’avanzata dell’estrema destra.
L’AfD (Alternative für Deutschland), che secondo i sondaggi continua a guadagnare consensi, sta elaborando strategie per assumere un ruolo sempre più rilevante a livello federale, mirando apertamente a una futura presa del potere.
Un segnale d’allarme che si somma a quello lanciato da esperti militari e analisti della difesa, preoccupati per la decisione della Germania di smantellare, negli scorsi decenni, migliaia di rifugi antiaerei. Secondo un’inchiesta pubblicata dal Wall Street Journal, Berlino si trova oggi in difficoltà nel fronteggiare la necessità urgente di costruire nuove strutture di protezione civile, mentre cresce il timore che Mosca possa, in un futuro non troppo lontano, estendere il conflitto all’Europa occidentale.
La Bundeswehr, sottofinanziata e parzialmente impreparata, è al centro delle critiche, e la società tedesca inizia a percepire con crescente inquietudine la mancanza di adeguati piani di difesa. Situazione esplosiva anche in Francia, dove la politica agricola ha scatenato una frattura inedita tra governo, parlamento e società civile.
Il quotidiano Le Monde ha documentato come il disegno di legge per “eliminare i vincoli all’agricoltura”, noto come “Legge Duplomb”, sia diventato il fulcro di una crisi istituzionale e popolare. Paradossalmente, la mozione preliminare di rigetto è arrivata non dagli oppositori, ma dagli stessi promotori del testo, evidenziando un clamoroso corto circuito politico. Ma non è tutto: la legge ha innescato la prima petizione cittadina a superare la soglia delle 500.000 firme sul sito dell’Assemblea Nazionale – soglia che è stata ampiamente oltrepassata nel giro di poche ore, arrivando a oltre un milione di firme il 20 luglio.
Un evento senza precedenti, che potrebbe costringere il Parlamento francese a dedicare una sessione straordinaria per discutere pubblicamente della proposta. Il cuore della contestazione riguarda le concessioni ambientali contenute nella legge, accusate di favorire l’agrobusiness e di ridurre la tutela dei lavoratori agricoli e dell’ambiente, in un Paese che resta segnato dalla lunga scia di proteste dei gilet gialli. In Spagna, le tensioni si spostano sul versante delle forze dell’ordine e dell’agricoltura.
Secondo quanto riportato dal quotidiano El Mundo, all’interno della Guardia Civil cresce il malcontento a causa della “costante interferenza” attribuita a una figura vicina al ministro dell’Interno, Fernando Grande-Marlaska, all’interno dell’Unità Centrale Operativa (UCO). Si tratterebbe, secondo le indiscrezioni, di una pedina politica che avrebbe compromesso la neutralità operativa dell’unità investigativa, generando un malumore sempre più diffuso tra gli agenti.
Ma la protesta che sta infiammando le piazze spagnole è quella degli agricoltori, tornati a manifestare contro Bruxelles e il governo di Madrid. Le organizzazioni del settore accusano l’UE di “stare tagliando il 20% dei nostri fondi agricoli”, mentre contemporaneamente “le spese militari stanno quintuplicando”.
Un’accusa che evidenzia la profonda frattura tra l’agenda economico-strategica di Bruxelles e le esigenze reali dei lavoratori del settore primario, già messi a dura prova dai rincari energetici, dalla concorrenza extracomunitaria e dalle conseguenze dei cambiamenti climatici. In particolare, gli agricoltori denunciano la pressione crescente dovuta agli obblighi ambientali previsti dalla PAC (Politica Agricola Comune), giudicati troppo stringenti e irrealistici in un momento di crisi.
Infine, in Corea del Sud un’ondata di maltempo ha provocato una tragedia umanitaria che ha colpito duramente il Paese nei giorni scorsi. Come riportano la BBC e tutte le testate internazionali, piogge torrenziali abbattutesi per giorni hanno causato frane, smottamenti e gravi allagamenti, soprattutto nelle regioni centrali e meridionali del Paese. Il bilancio provvisorio è di almeno 17 morti e 11 dispersi, ma le autorità temono che il numero delle vittime possa salire man mano che proseguono le operazioni di soccorso. Particolarmente colpita è stata la località turistica di Gapyeong, nella provincia di Gyeonggi, dove una frana ha investito diverse abitazioni.
Le immagini trasmesse domenica dai media locali mostrano residenti impegnati a fuggire tra fango e detriti, camminando tra strade allagate e ponti danneggiati per raggiungere i centri di evacuazione. Più a sud, nella regione centrale di Chungcheong, un intero villaggio è stato letteralmente sepolto sotto una colata di terra e roccia, provocando danni devastanti a strutture e coltivazioni.
Secondo quanto riferisce Yonhap News Agency, il governo sudcoreano ha mobilitato migliaia di unità di emergenza, compresi reparti militari, per cercare sopravvissuti e mettere in sicurezza le aree colpite. Il Ministero degli Interni ha fatto sapere che oltre 3.000 persone sono state costrette a evacuare, mentre centinaia di abitazioni risultano inagibili. Anche numerose infrastrutture – tra cui strade, ferrovie e centrali elettriche – hanno subito danni importanti, aggravando la crisi.