Una volta era facile. Bastava un “oh-oh-oh” tropicale, due accordi reggaeton e una rima con cuore, mare e amore. E voilà, il tormentone dell’estate era servito, pronto a infiltrarsi nella testa come una zanzara alle tre di notte per uscirne, forse, a ottobre. Oggi è un’orda. Una tribù, un’invasione coordinata di tormentoni. Ce ne sono centomila, tutti lì a spingere gomiti e autotune pur di finire in una storia Instagram, in un balletto su TikTok o, peggio, nella playlist “Cocktail al tramonto”.
Tormentoni musicali estate 2025: uno, nessuno e centomila
Perché nell’Anno Domini 2025 anche il tormentone estivo è diventato liquido, sfuggente, quasi schizoide. Del resto è l’epoca delle hit usa e getta, del singolo trimestrale, della musica pensata più per l’algoritmo che per il jukebox mentale.
E vogliamo parlare della scomparsa totale dell’estate dai testi? Altro che “stessa spiaggia stesso mare”: oggi siamo più dalle parti di una stagione balneare ambientata in Islanda. Niente sole, zero mare e manco lo straccio di mezzo tramonto Instagrammabile. Morale? Nulla di memorabile, solo un nugolo di canzoni che cercano disperatamente di incollarsi alla tua testa. Qualcuna ci riesce, qualcuna no. Per quanto ci riguarda, il premio alla melodia da possessione demoniaca va a “Serenata”, dell’azzeccatissimo duo Serena Brancale e Alessandra Amoroso, che nel frattempo gira l’Italia in tour con il pancione del settimo mese e l’energia di chi, tra un acuto ed un calcetto della piccola Penelope Maria, riesce a mandare il pubblico in delirio (e il ginecologo in panico).
La canzone è un mix esplosivo di jazz e pizzica, con echi di sirtaki al profumo di Mediterraneo e un arrangiamento che strizza l’occhio a Don Raffaè di De André, con un tocco glam alla Marcella Bella dei tempi d’oro con quel “io domani glielo dico che non l’ami più”. Una ballata sulla sorellanza, se vogliamo essere poetici. Togliendo il filtro rosa, è una storia di corna.
Raffinate, intonate e ben armonizzate… ma sempre corna sono. Su tutto, un ritornello che si attacca alle sinapsi stampandosi in loop nella memoria. Un trappolone ipnotico: "Serenata, una serenata. Una serenata non sotto casa mia / Finirà che poi finiremo in una scenata di folle gelosia dimmi no no no no...".
Parte una volta – magari dal dentista – e tu, tra anestesia e trapano, ti ritrovi a ballare con la bocca spalancata. Dall’altra parte della spiaggia, pardon, del palco, Annalisa firma la sua personale rivoluzione glitterata con “Maschio”: un cocktail di decostruzione, lustrini e post-femminismo da spritz servito con ghiaccio e sberleffi. L’atmosfera è quella di un rave sentimentale che flirta con gli anni ’70, ma senza l’impegno politico.
Disco-ball, Carrà che aleggia come una santa pagana e un pizzico di ABBA buttato lì con l’eleganza di un meme ben riuscito. È il pezzo che parte quando la festa è un ricordo confuso, le luci si accendono come interrogatori, i bicchieri sono relitti zuccherati e tu balli lo stesso, con le scarpe in mano, il mondo che gira leggero e il mascara che cola insieme alla dignità. Il testo è una sassaiola contro il patriarcato con toni quasi
messianici: “Se fossi un maschio io mi venderei / Per tutto, per zero... / Ma perdona i miei peccati / Come ha fatto Gesù…”.
Moralisti in cortocircuito, benpensanti che urlano alla blasfemia e polemiche varie sui social. Nel dubbio, la maggior parte delle persone fa ciò che va fatto: la canta a squarciagola sotto la doccia come se fosse un’esegesi esistenziale. Nel video, la cantante sfoggia uno stile oversitze, oversensualità, overironia, overtutto. E un’aria da “vi sto trollando, e nemmeno ve ne accorgete”. “Volevo divertirmi con i ruoli”, ha detto. E anche con noi. Poi c’è Anna, enfant prodige di una generazione che balla, twerka e riflette: possibilmente tutto insieme, magari mentre posta una story con filtro glitter.
Dopo averci fatto sudare con “30 gradi”, ora decide che no, non è più tempo di sdraiarsi sotto l’ombrellone a contare i drink: arriva “Désolée”, un club banger con velleità da laboratorio sperimentale. Niente cliché da spiaggia, vade retro satana. Questa è musica per chi ha fatto l’Erasmus a Berlino e lo racconta anche al pizzicagnolo sotto casa. “Non mi piace ripetere me stessa,” dichiara. E infatti stavolta la ricetta è reggaeton sì, ma con l’aria condizionata accesa: elettronica elegante, bassi sofisticati, sensualità trattenuta. Una leonessa indomabile, dice lei. E i suoi fan – dagli adolescenti agli over 40 nostalgici di MySpace – la seguono come si seguiva un culto, con devozione e filtro glitter.
Immancabili anche i Coma_Cose, ovvero Albano e Romina dei Navigli, con la loro “Gelosia”: una ballata urbana tra synth, citazioni battistiane e cocktail malinconici. Musicalmente è un revival technopop che flirta con Mogol, Pollon combina guai e i salotti tristi di Milano.
I testi sembrano scritti dopo tre Negroni e un messaggino lasciato in sospeso. E tu, mentre li ascolti, vorresti abbracciarli, offrirgli una coperta e magari un abbonamento a Headspace. E fra i tormentoni tormentati non poteva di certo mancare Tananai, l’ex stonatore seriale di Sanremo, miracolosamente riconciliatosi con la giusta tonalità. La sua “Bella Madonnina” racconta di una notte di gioventù che lo ha visto parlare a tu per tu con la Madonnina del Duomo, aspettando che riaprisse la metro. Una specie di confessione laica su tappeto elettronico minimal, da cui emerge il suo marchio di fabbrica: malinconia urbana con synth low budget e trip mistico da eccesso di Redbull, a voler essere buoni.
Restando in tema di passione e iconografia pop, ecco la Madonna 2.0: Elodie con “Mi ami mi odi”. Una versione 2025 dell’“Odi et amo” di Catullo, ma con più autotune e meno dativo. Prodotta da Dardust con la benedizione di Elisa e Jacopo Ettore, la canzone è un centrifugato elettronico-orchestrale che trasforma un dubbio da doppia spunta blu in tragedia lirica. Elodie canta come chi ha appena letto “visualizzato alle 3:07” e ha deciso di costruirci sopra una sinfonia. Sì, è serissima. Ma finirà lo stesso in sottofondo a un video TikTok con il titolo “Situationship da ombrellone”.
Capitolo The Kolors: perché ormai è estate solo se lo dicono loro. Dopo “Italo Disco” e “Karma”, il nuovo singolo “Pronto come va” è una fotocopia ben stirata degli altri: dancefloor, nostalgia anni ’80, synth luccicanti e un’energia da discoteca col ventilatore rotto. È come il Tavernello: lo conosci, sai cosa aspettarti, ma alla fine, in mancanza d’altro, butti giù. A sorpresa, nella gara al tormentone entra anche Fedez, questa volta con Clara e “Scelte stupide”. Titolo onesto. Il pezzo, tutto atmosfere cupe e relazioni disfunzionali, è il lato dark di un’estate che si ostina a voler essere profonda. Addio jingle anni ’60, arrivederci ironia vintage: qui c’è elettronica marziale, voci robotiche e un pathos che manco in un episodio di “Euphoria”. Clara fa la parte della sirena sintetica, Fedez quella del naufrago emotivo.
La canzone è intensa, certo. Ma estiva? Forse se vivi a Reykjavik. E per finire in bellezza, o in perplessità, chiudiamo la nostra classifica dei tormentoni estivi 2025 con una formazione da fantascienza pop: la triade improbabile Marco Mengoni, Sayf e Rkomi. Tre mondi musicali che sembrano pescati a caso da un sacchetto di Haribo per un gospel urbano, pop d’esportazione con sfumature R&B e una leggerezza elegante da gelato artigianale mangiato al tramonto. Tormentone, almeno nel titolo, finalmente qualcuno che nomina sto benedetto mare: “Sto bene al mare”, appunto. Sì, ma quale? Perfetta per chi fa yoga alle Maldive, meno, molto meno, per chi balla sui tavoli di Gallipoli. Ma proprio per questo, forse, rimane.
Postilla doverosa, perché in fondo è sui social che si combatte la vera guerra dei tormentoni: lì, la regina indiscussa è lei: Grose. Nome d’arte profetico, fenomeno TikTok con numeri da festival ma zero album all’attivo. Non canta davvero, ma crea mini-canzoni grandi quanto un reel: 15 secondi di nonsense geniale, pensati per durare il tempo di un sorso di un sorso di spritz. “Perché non dici che sei gay e la facciamo un po’ finita…” è l’ultimo motivetto virale. L’Italia social la canta a squarciagola, tra coreografie improvvisate e balletti con l’asciugamano in testa. Altro che tormentoni: qui siamo al karaoke esistenziale. E forse, in fondo, è proprio questa la colonna sonora perfetta di un’estate che non sa più se ballare, piangere o postare