Esteri

Ucraina: le minacce di Trump irrise da Mosca, solo bolle di sapone

Diego Minuti
 
Ucraina: le minacce di Trump irrise da Mosca, solo bolle di sapone

Il cambio di strategia di Donald Trump non è giunto completamente inatteso perché, riaprendo i canali della fornitura di armi all'Ucraina, ha semplicemente preso atto della irremovibilità di Mosca e che, cosa che più gli ha fatto fastidio - piccolo eufemismo - , il suo ruolo di pacificatore ricorrendo alle minacce anche in questo campo ha fallito.

Ucraina: le minacce di Trump irrise da Mosca, solo bolle di sapone

Cosa passi, oggi, per la testa del presidente degli Stati Uniti è difficile da capire, ma di certo, tra valutazioni diverse, ha prevalso il fatto di sentirsi preso in giro da Putin che, facendo il suo mestiere e avendo chiaro l'obiettivo che si è fissato e che intende raggiungere, ha messo in campo tutto l'armamentario di chi ha bisogno di tempo e ricorre ad ogni mezzo per ottenerlo. Perché è chiaro che, stante l'attuale quadro di armamenti dei due schieramenti e della possibilità di attingere ad uomini da mandare al fronte che, per l'Ucraina, ora cominciano a scarseggiare, ogni giorno che passa fa pendere di più la bilancia del conflitto a favore di Mosca.

Quindi, la decisione di Trump di rialimentare gli arsenali di Kiev è semplicemente una presa d'atto: Mosca non intende recedere e questo per il presidente americano (quello che, alla vigilia del suo secondo insediamento ripeteva che avrebbe chiuso il conflitto in poche ore) è un'offesa che il suo ego non può permettersi.

La replica di Mosca al sì di Washington a nuovi invii di armi, di cui Kiev ha oggi assoluto bisogno per sopravvivere, è stata affidata a vie, per così dire, ufficiose, come dichiarazioni di personaggi importanti, ma non certo di primo piano, e ai megafoni del regime, mai come oggi allineati e coperti sotto l'ombra di Vladimir Putin. Ed è significativo che una delle agenzie statali, Ria Novosti, si affidi ad una immagine creata in studio, in cui Trump, agghindato come lo Zio Sam, ha in mano una pistoletta di plastica buona solo a sparare innocue bolle di sapone contro il Cremlino, icona del potere sovietico e, oggi, putiniano.

Uno sfottò che, per paradossale che possa essere, cammina sullo stesso sentiero della comunicazione trumpiana, che attinge a piene mani all'universo fasullo dell'intelligenza artificiale, grazie alla quale il presidente americano viene ritratto in pose guerresche che oggettivamente non gli appartengono.

Una immagine che sta facendo il giro dei media globali e che può sintetizzare un solo assunto: la Russia, almeno a parole, se ne frega altamente di come l'Occidente reagisce alla sua guerra di aggressione all'Ucraina, sebbene camuffata da crociata per denazificare Kiev, alla quale, oltre che a Mosca, si crede solo in alcuni circoli (anche italiani) dell'intellighenzia nei quali andare controcorrente per farsi notare è il must di questi anni.

La paura che, secondo Trump, la sua minaccia di alzare a livelli insostenibili i dazi sulle esportazioni americane avrebbe dovuto scatenare, non c'è stata, ricacciata da considerazione meramente matematiche sull'interscambio Usa-Russia e su come le sue cifre siano assolutamente irrilevanti.

''I nostri principali acquirenti oggi sono India e Cina. Gli Usa vogliono davvero dichiarare un blocco commerciale nei confronti di questi giganteschi Paesi? Sarà davvero molto interessante assistere a questo spettacolo…'' ha scritto Ria Novosti, che certo non si è mossa in modo autonomo.
Ora la palla ripassa in campo occidentale, e mentre l'Europa ribadisce di restare vicina a Kiev, Washington dovrà decidere se riprendere la fornitura di armi sia realmente efficace come minaccia.

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