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6 agosto 1945: Hiroshima ricorda e chiede al mondo di non dimenticare

Diego Minuti
 
6 agosto 1945: Hiroshima ricorda e chiede al mondo di non dimenticare

Alle 8.16 di ottant'anni fa, preannunciata da un sibilo, quello caratteristico delle bombe sganciate da un aereo, una esplosione cancellò la storia, la gente, la cultura di Hiroshima. I nomi scelti per quell'operazione, il vezzoso Little Boy per la bomba, Enola Gay (il nome della madre del pilota che comandava la missione) per il bombardiere, ancora oggi, nella loro semplicità, fanno anche loro parte del ricordo di un momento che segnò la fine delle ambizioni dell'Impero giapponese che, però, per piegarsi all'evidenza di una guerra ormai persa, ebbe bisogno di un altro massacro, quello della popolazione di Nagasaki.

6 agosto 1945: Hiroshima ricorda e chiede al mondo di non dimenticare

Domani, con l'ottantesimo anniversario dell'evento che cambiò le sorti del conflitto e anche della storia e del futuro del Giappone, Hiroshima vuole ricordare quel che accadde, con una commemorazione necessariamente formale, ma alimentando la speranza che quel che accadde non accada più, in nessun altro luogo del mondo, dove pure oggi soffiano impetuosi i venti della minaccia di quel che sarebbe un olocausto nucleare.

Una tragedia che "che non può e non deve essere dimenticata dalle nuove generazioni, per non trovarci a combattere in un altro conflitto", come ha detto il primo ministro Shigeru Ishiba, che, con i suoi sessantotto anni, delle tragedie gemelle di Hiroshima e Nagasaki non ha avuto un ricordo diretto, ma ne ha conosciuto la storia per quel che ha letto, per quel che ha sentito, per le cose che altri hanno raccontato.

Ma lui, come tutti quelli della prima generazione seguita alla fine della seconda Guerra mondiale, ha ben chiara la sequenza degli eventi e, allo stesso modo, sa benissimo, avendo vissuto il Paese sulla sua pelle gli effetti di un ordigno atomico, che il mondo non può si può consentire di mettere il proprio futuro nelle mani del dottor Stranamore di turno.

Per questo la commemorazione di domani non sarà come le altre, seppure sentite, seppure partecipate, come quelle di altri anniversari, ma intende ricordare e, per il momento che sta attraversando il mondo, essere un'occasione per ammonire ricordando, per sperare. Nella consapevolezza che, se quei codici fossero digitati e quel tasto rosso venisse pigiato, i sopravvissuti vivranno un lunghissimo inverno alimentato solo da una flebile speranza di rinascita.

Il tempo trascorso da quella tragica mattina del 1945 non ha cancellato i numeri di quell'evento, dai 140 mila morti (ma molti altri perirono per gli effetti delle radiazioni e, chi non morì, portò per sempre i segni della spaventosa vampata di calore) alla quasi totalità delle case spazzate via in un istante, lasciandone gli abitanti sopravvissuti a vagare per giorni in cerca di aiuto, con le carni divorate e la mente che alimentava solo l'istinto di sopravvivenza.

Il luogo della commemorazione, il Gembaku Dome (che in giapponese significa semplicemente bomba atomica) , è uno dei pochi edifici che non fu raso al suolo e, ancora oggi, la sua immagine, poche mura che resistono ancora, sormontate da una cupola, è un simbolo ad ammonimento contro la follia dell'Uomo.

Il Gembaku Dome è ciò che resta della Sala Promozionale Industriale della Prefettura di Hiroshima "Hiroshima-ken Sangyo Shoreikan" dopo l'esplosione della bomba nucleare del 1945. All'interno, tutti gli elementi strutturali dell'edificio rimangono nello stesso stato in cui si trovavano subito dopo il bombardamento, e sono ben conservati.

Il Parco del Memoriale della Pace di Hiroshima è definito sia come un luogo di preghiera per le vittime della bomba atomica che per la pace permanente nel mondo.
Alla cerimonia di domani saranno presenti, con rappresentante diplomatiche, un centinaio di Paesi, e tra essi anche quelli che, pur non facendo parte ufficialmente del ''club nucleare'', negli anni si sono dotati di armi di questo tipo, aumentando esponenzialmente il pericolo di un conflitto.

Alla vigilia dell'evento, il sindaco di Hiroshima, Kazumi Matsui, s'è fatto portavoce della necessità di creare una consapevolezza universale sul pericolo di un conflitto senza regole.
Una consapevolezza che deve superare i confini del Giappone, dove pure il sentimento del Paese - ingabbiato, suo malgrado, nella costituzione imposta dal generale Douglas McArtur, ''proconsole'' americano di una nazione devastata dalla guerra - guarda con timore a quel che accade al di là dei suoi confini, con pericoli che, ciclicamente, tornano a manifestarsi. Come quelli che agita il dittatore nordcoreano Kim Jong Un, che, seguendo la sua personalissima agenda, di tanto in tanto, manda i suoi missili a sorvolare l'arcipelago, come ammonimento a Tokyo e al resto del mondo.

Un mondo che forse ha bisogno che qualcuno gli ricordi che, oltre quel confine, segnato dalla bomba nucleare, c'è la fine: "Ho bisogno di pubblicare qualcosa, qualunque sia il formato, per evitare che i ricordi della guerra svaniscano'', ha detto Ishiba, aggiungendo, parlando dei contenuti della dichiarazione che farà in occasione dell'anniversario della fine del conflitto, che essa ''non può essere solo un'espressione dei miei sentimenti. Devo pensare attentamente a quali errori sono stati commessi e perché la guerra non può essere fermata''.

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