FOTO: Valerio Berruti. More than kids | Courtesy Arthemisia
La meraviglia è un giro su una giostra sospinti da una leggerezza apparente, mentre un gruppo di bambini invita a entrare in una dimensione sospesa dove l’infanzia è luogo di appartenenza, ma anche di futuro possibile e ancora da scrivere.
Tuttavia i supporti non sono cavalli.
Sono opere da attraversare, da abitare, oltre che da osservare quelle che Valerio Berruti porta fino al 2 novembre a Palazzo Reale, a Milano, in occasione della più grande mostra personale mai realizzata su uno degli artisti più significativi e intensi del panorama contemporaneo.
Installazioni, video e sculture guidano i visitatori attraverso la meraviglia, in un percorso che parte dall’infanzia per toccare temi universali che generano spazi di riflessione profonda, capaci di parlare a grandi e piccoli.
Promossa dal Comune di Milano – Cultura, prodotta e organizzata da Palazzo Reale e Arthemisia, in collaborazione con Piuma e con il sostegno della Fondazione Ferrero, Valerio Berruti. More than kids, questo il titolo della mostra, a cura di Nicolas Ballario, è un viaggio nella poetica dell’artista attraverso opere cardine della sua produzione, a partire dalla grande scultura-carosello con la musica appositamente realizzata da Ludovico Einaudi “La giostra di Nina”. Accanto a questa si inseriscono lavori inediti presentati per la prima volta a Milano come “Don’t let me be wrong”, la grande scultura allestita nel cortile di Palazzo Reale musicata da Daddy G dei Massive Attack, ma anche due nuove video-animazioni “Lilith”, con la colonna sonora di Rodrigo D’Erasmo, e “Cercare silenzio” con il suono di Samuel Romano – storica voce dei Subsonica – che si uniscono alle animazioni musicate, tra gli altri, da Paolo Conte e Ryuichi Sakamoto.
L’artista di Alba, classe 1977 affronta anche il tema del cambiamento climatico, nell’opera “Nel silenzio” dove tre bambine riposano sulla terra arsa dal sole; o la già citata “Don't let me be wrong”, scultura monumentale nella quale assistere alla proiezione dell’omonimo cortometraggio realizzato con circa ottocento disegni in sequenza e accompagnato da una colonna sonora originale firmata da Daddy G (fondatore della band di culto Massive Attack) insieme al suo storico produttore Stew Jackson.
L’enorme busto di una bambina, più che esaltare un momento vittorioso, anticipa un disastro. La figura guarda infatti lontano, verso l’alto. Come se stesse assistendo all’arrivo di
una tempesta. Ormai è troppo tardi, non c’è più nulla da fare. Ed ecco che Berruti allora riesce a fissare questo momento tragico, come a dirci che siamo quasi a un punto di non ritorno.
“Con questa ampia monografica - commenta il curatore, Nicolas Ballario - Berruti si trasforma in un regista che, stanza dopo stanza, tocca tutti i grandi temi della contemporaneità. Le sue opere non parlano dell’infanzia, ma usano quel periodo della vita dove tutto può ancora avvenire per chiederci se siamo ancora in tempo per cambiare le cose. Le sue figure non sono mai finite perché è il visitatore a decidere il destino e la provenienza dei suoi soggetti. Ci riconosciamo in loro? La monumentalità delle opere in mostra in qualche modo ci dice che non possiamo far finta di niente. Chi distoglie lo sguardo è complice.”
Ci sono materiali che parlano. E il pizzo, con i suoi vuoti e pieni, i fili intrecciati con pazienza, è uno di questi. Custodisce ricordi che non sapevamo di avere, basta toccarlo per essere catapultati in un’altra epoca. Questa scelta decorativa viene esaltata dalla semplicità dell’affresco realizzato da Berruti su sacchi di juta. Una tecnica rinascimentale su un materiale apparentemente povero, ma che appartiene alla memoria dell’artista. Quei sacchi sono quelli delle nocciole che contraddistinguono la produzione agricola delle Langhe, la terra in cui Berruti è nato e dove ha scelto di tornare a vivere dopo aver girato il mondo.