Politica

Il lascito morale e politico di De Gasperi oggi non ha posto nel Paese

di Demetrio Rodinò
 
Il lascito morale e politico di De Gasperi oggi non ha posto nel Paese

Ricordare una persona che non c'è più, in occasione di un anniversario, deve avere, dal punto di vista dell'interesse giornalistico, un solo requisito: che l'anno abbia un particolare valore simbolico. Quindi, tanto per essere chiari, ricordare un anniversario che non cada in una decade o anche in un lustro, è cosa che interessa a pochi, se non ai diretti interessati (a cominciare dalle famiglie degli eventuali scomparsi).
71 anni fa, come oggi, moriva Alcide De Gasperi e oggi, ad eccezione di qualche media ''illuminato'' ed ex democristiani, magari transitati verso altri lidi politici, pochi lo hanno ricordato, nonostante la statura politica.

Il lascito morale e politico di De Gasperi oggi non ha posto nel Paese

Un vero statista che fece della Democrazia Cristiana un partito in grado di raccogliere, condensare e realizzare un programma, poi diventato un canone di governo, capace di capitalizzare, in termine di consenso elettorale, le passioni, le speranza, i ricordi ancora troppo laceranti del secondo conflitto mondiale che, se aveva lasciato macerie e ferite aperte, diede alla classe politica di quegli anni la possibilità di ''giocarsi'' la carta della ricostruzione.

Spesso si sente dire che l'importanza di un uomo politico si misura in termini di eredità morale e non solo di fatti concreti. Se questo è un metro di giudizio, Alcide De Gasperi ha dato di sé l'immagine di un demiurgo, di chi capì che essere cattolici non poteva essere un concetto esclusivamente legato alla sfera personale, quella che unisce - o anche no - il soggetto alla divinità, ma un comportamento, un essere parte di una comunità nazionale.
Insomma farsi partito.

Come lo fu la Democrazia Cristiana che, anche quando avrebbe potuto governare da sola, cercò il dialogo con gli altri partiti che ne condividevano lo spirito civile e magari non erano ammaliati da ideologie lontane.
Quanta strada ha fatto il nostro Paese da quei tempi, quando lo Scudo crociato campeggiava, come le bandierine di un gioco da tavolo, su tutti i posti e le poltrone che contavano, di fatto elaborando una religione laica, quella del potere e della sua gestione, legandoli ai principi fondanti del cattolicesimo sociale.

Un partito che si fece Stato, non nel senso predatorio con il quale altri, negli anni, declinarono il potere, ma per incarnare un comportamento che, almeno nelle intenzioni, avesse al centro il bene comunque e non quello particolare o addirittura del singolo.

Oggi resta poco del messaggio di De Gasperi, che dialogava con tutti, ma non derogando dai suoi principi. A cominciare dal rispetto dei ruoli, dalla divisione dei poteri, dalla convinzione che il consenso si deve conquistare e non invece essere conseguenza del processo contrario, ovvero imponendolo con la forza dell'occupazione quasi militare del potere.
Un politico dialogante, ma non per questo necessariamente disponibile a cedere sui punti per i quali intendeva combattere. Quindi un uomo di idee, parole, fatti ed anche di confronto pure con chi lo contestava o lo combatteva.

Qual è la lezione di De Gasperi che oggi la classe politica potrebbe fare proprio?
Difficile da dire, non perché non ci siano le condizioni per esprimere una scala di priorità, ma perché l'elenco sarebbe lungo.
Ma leggere in queste ore che, secondo quanto riferisce La Stampa, in occasione del vertice di Washington sulla crisi ucraina, il nostro presidente del consiglio ha quasi vantato di non volere rispondere ai giornalisti italiani, fa capire quanto tempo sia passato da quando il Potere non era uno status inattaccabile e che consente tutto, ma uno strumento.

Le parole di Giorgia Meloni sono già un caso politico, eppure non sorprendono perché rientrano in un clima in cui chi detiene le leve del comando si sente abilitato a farne un uso spregiudicato, che passa anche per la spartizione di incarichi e, quindi, di poltrone, e di conseguenza di soddisfazioni personali, che spesso non sono solo morali.
Alcide De Gasperi, se oggi volesse fare politica, sarebbe relegato in un ruolo di secondo o terzo piano. Lui che governava con gli altri e non contro qualcuno, sarebbe emarginato perché non funzionale ai discorsi della politica attuale.

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