L'8 settembre la Francia vivrà uno dei giorni più drammatici degli ultimi anni, quando il governo di Francois Bayrou chiederà all'Assemblea nazionale la fiducia sul piano di sacrifici che sarà costretto a chiedere al Paese davanti alla voragine del debito pubblico.
Francia: il governo, davanti alla voragine del debito pubblico, a un passo dal precipizio
Fiducia che i maggiori partiti di opposizione - soprattutto quelli alle ali estreme del parlamento - hanno già annunciato che gli negheranno. Se questo sarà il quadro, lo scenario che si prospetta è quello di una crisi di governo e, visti i numeri dell'Assemblea nazionale, di un possibile scioglimento anticipato.
L'indice di Parigi è sceso del 2% nelle prime contrattazioni odierna, a conferma del clima di scarsa fiducia che circonda il tentativo di Bayrou di accreditarsi come il risolutore di una crisi - quella del debito pubblico - che si trascina da anni ed alla quale né lui, né chi lo ha preceduto a Matignon hanno saputo trovare soluzioni.
D'altra parte, il predecessore di Bayrou, Michel Barnier, che a sua volta guidava un governo di minoranza, è caduto appunto sul bilancio, in uno scenario parlamentare in cui non esiste una maggioranza organica, in grado di sostenere le decisioni, anche dolorose e impopolari, che sono proposte dall'esecutivo.
Le barricate alzate da France Insoumise (il partito della sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon) e dal Rassemblement National (di Jordan Bardella e Marine Le Pen) intendono sbarrare la strada ad un bilancio per il 2026 che contenga tagli ingenti - circa 44 miliardi di euro -, da perseguire anche con un inasprimento fiscale, con il congelamento della spesa sociale e pensionistica, nonché degli scaglioni fiscali, ai livelli del 2025, ed anche la cancellazione di due festività, per restituire le giornate al ciclo produttivo.
Il governo è comunque cosciente dell'impopolarità delle misure che propone, ma sostiene che i tagli non solo sono necessari, quanto non possono essere rinviati perché ogni giorno che passa aggrava una situazione che nel 2024 ha visto un deficit ammontava al 5,8% del prodotto interno lordo.
Una soglia che, dice Bayrou, senza interventi decisi - i correttivi sembrano non potere bastare - crescerà ancora. E Parigi si sente sul collo il fiato di Bruxelles, secondo cui gli Stati membri dell'Unione dovrebbero avere come obiettivo un disavanzo del 3% per ridurre il debito eccessivo.
A questo si aggiunge un preoccupante rallentamento della crescita economica del Paese, che nel 2024 è stata dell'1,2%, a fronte dell'1,4 dell'anno precedente.
Bayrou, per dare ulteriore forza al suo grido d'allarme, ha detto che il debito francese è cresciuto di 2 trilioni di euro negli ultimi due decenni, in cui si sono registrati eventi straordinari (la crisi finanziaria globale del 2008; la pandemia; la guerra Russia-Ucraina; la forte l'inflazione; i dazi statunitensi).
Per questo, davanti alla prospettiva che la crisi divenga ancora più drammatica, ha lanciato un appello ai partiti, auspicando che il parlamento discuta con serenità della situazione, mettendo da parte "scontri di strada e insulti". Un invito alla pacatezza che forse potrebbe essere accolto (ma ad oggi sembra poco probabile), che però non cambierà la realtà dei numeri. Ai no annunciati da RN e France Insoumise, si sono infatti aggiunti quelli dei verdi e dei socialisti, che non intendono avallare misure che sarebbero, ad essere ottimisti, impopolari.
Ma, nel peggiore degli scenari per Bayrou, l'ipotesi più accreditata, se dovesse fallire il tentativo di rabberciare una maggioranza, è che il presidente Macron sciolga l'Assemblea nazionale e indica elezioni anticipate.
Ma, visto il panorama attuale, il rischio è che l'esito del voto riproponga la frammentazione del quadro politico, come accaduto lo scorso anno.
Intanto, dopo l'annuncio di ieri di Bayrou del voto di fiducia, lo spread sui rendimenti dei titoli italiani a 10 anni rispetto a quelli francesi è sceso a 9,8 punti base, il livello più basso dal 1999, secondo gli analisti, segno che gli investitori stanno attribuendo un premio simile al rischio politico dei Paesi.