L’Italia è stato il primo Paese al mondo, già nella prima metà degli anni Novanta, in cui la popolazione over 65 ha superato numericamente quella under 15. A oggi, resta tra le nazioni con la più alta densità abitativa in Europa e il terzo Stato più popoloso dell’Unione. Tuttavia, il Paese continua a registrare da decenni un tasso di fecondità sotto il livello di sostituzione generazionale.
Inapp: nel 2050 un pensionato per ogni lavoratore
“L’invecchiamento della popolazione – ha spiegato Natale Forlani, presidente dell’INAPP (in foto) – comporta conseguenze plurime di carattere economico e sociale. Le più evidenti sono quelle relative alla sostenibilità del mercato del lavoro e delle prestazioni. La riduzione delle nuove nascite nel corso degli ultimi anni si è progressivamente trasferita sulle persone in età di lavoro, basta guardare come la quota dei lavoratori ultraquarantenni sia prossima al 60% del mercato del lavoro e quella degli over 50 abbia superato da circa tre anni la coorte dei lavoratori tra i 35 e i 49 anni. In più, da qui al 2040, avremo una perdita di circa 4 milioni di persone in età di lavoro. Ora più che mai è necessario costruire una silver economy per mobilitare le risorse finanziarie, tecnologiche e umane per coniugare l’invecchiamento della popolazione con il mantenimento di benessere e di dignità delle persone anziane e non autosufficienti”.
Il quadro emerge dal nuovo numero monografico della rivista scientifica SINAPPSI, edita dall’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche, presentato oggi al Cnel. Il volume, dedicato al cambiamento demografico in Italia e coordinato da Gian Carlo Blangiardo, già presidente Istat, raccoglie i contributi di accademici e ricercatori tra cui Francesco Billari (Università Bocconi), Alfonso Giordano (LUISS Guido Carli), Alessandro Rosina (Università Cattolica), Cristiano Gori (Università di Trento), Corrado Bonifazi (CNR-IRPPS) e studiosi dell’INAPP.
I dati confermano come il Paese si trovi di fronte a una progressiva erosione della base attiva, con conseguenze dirette sul sistema previdenziale e sull’equilibrio intergenerazionale, rendendo prioritario affrontare il nodo della sostenibilità demografica in relazione allo sviluppo economico e alla tenuta del welfare.
Dalla fine dell’Ottocento, infatti, non si era mai avuto un numero di nascite così basso, e la popolazione ha iniziato a decrescere stabilmente dopo il picco storico raggiunto nel 2013. Il processo di declino non potrà essere invertito nemmeno da un improvviso aumento della fecondità, perché gli effetti della denatalità accumulata comportano anche un forte calo del numero di donne in età riproduttiva nei prossimi decenni.
Le prospettive delineano uno scenario critico: entro il 2050 il rapporto tra pensionati e lavoratori attivi potrebbe arrivare a uno a uno. Il tasso di dipendenza degli anziani, che misura il peso della popolazione oltre i 65 anni rispetto a quella tra i 15 e i 64, è già oggi superiore al 40% e secondo le stime si manterrà ben oltre la media europea, fino a raggiungere circa il 66% nel 2027. Considerando direttamente il rapporto tra pensionati e occupati, il peso attuale è del 60%, il più elevato nell’Unione, superiore di 15 punti percentuali alla media UE, e destinato a salire all’80% nel giro di pochi anni, un livello comparabile solo con Grecia e Portogallo.