Nel cuore di un’estate torrida, l’Iran si trova sull’orlo di una catastrofe idrica senza precedenti. A Teheran, città di oltre 10 milioni di abitanti, il tempo sembra ormai scandito non più dall’orologio ma dal livello dei serbatoi. Gli esperti parlano di “giorno zero” come di un evento imminente: il giorno in cui dai rubinetti non sgorgherà più nemmeno una goccia d’acqua.
Teheran a secco, il “giorno zero” si avvicina: l’Iran affronta la sua peggiore crisi idrica
Le autorità iraniane non nascondono la gravità della situazione. “Se non prendiamo decisioni urgenti oggi, in futuro ci troveremo ad affrontare una situazione irrisolvibile”, ha dichiarato lunedì il presidente Masoud Pezeshkian durante una riunione del gabinetto, come riportato dalla CNN. La città, come gran parte dell’Iran, è abituata a convivere con la scarsità d’acqua. Ma questa volta il problema ha assunto una dimensione critica. “Stiamo parlando di un possibile giorno zero entro poche settimane”, ha spiegato Kaveh Madani, direttore dell’Istituto delle Nazioni Unite per l’acqua, l’ambiente e la salute, ed ex vicedirettore del Dipartimento dell’Ambiente iraniano. “La differenza è che questa crisi sta colpendo la capitale”, ha aggiunto alla CNN.
I motivi sono molteplici, e la crisi non può essere ridotta a un unico fattore. Parliamo di una miscela tossica di mala gestione, sprechi sistematici, politiche agricole inefficaci, cambiamento climatico e sovrappopolazione urbana. “I danni in alcuni casi sono irreversibili”, ha detto Madani. “Non abbiamo mai avuto una situazione del genere... è una novità per Teheran”. Per il Paese, si tratta del quinto anno consecutivo di siccità, ma quest’estate ha superato ogni aspettativa negativa.
“L’Iran sembra quasi perennemente in una situazione di caldo record”, ha dichiarato Maximiliano Herrera, climatologo e storico meteorologico. In alcune aree del Paese, le temperature hanno superato i 50°C. Il caldo spietato si è accompagnato a un crollo delle precipitazioni, oltre il 40% in meno rispetto alla media di lungo periodo. Di conseguenza, i principali bacini che riforniscono Teheran sono ai minimi storici: secondo i dati dell’agenzia semi-ufficiale Mehr, le dighe che alimentano la capitale sono al 21% della loro capacità.
Nel frattempo, le autorità stanno cercando disperatamente di contenere i consumi. Il governatore della provincia di Teheran, Mohammad Sadegh Motamedian, ha annunciato la riduzione della pressione dell’acqua in città fino al 50%, misura che interessa circa l’80% delle famiglie. Nei grattacieli, soprattutto ai piani alti, i rubinetti sono spesso del tutto asciutti. In una scena surreale, l’acqua ora arriva anche su ruote: le autocisterne stanno diventando la principale fonte di approvvigionamento per diverse zone della capitale.
Chi può permetterselo sta installando serbatoi privati sui tetti o nei garage. Nel tentativo di ridurre il consumo urbano, la scorsa settimana il governo ha dichiarato un giorno di festa nazionale a Teheran e in altre province, per limitare l’uso di acqua ed energia. E ora si valuta un'ulteriore misura estrema: concedere un'intera settimana di vacanza pubblica. “Stiamo considerando la possibilità di dare una settimana di ferie alla popolazione per incoraggiare chi può a lasciare temporaneamente la città”, ha dichiarato lunedì il portavoce del governo Fatemeh Mohajerani.
La situazione attuale è il risultato di decenni di politiche sbagliate. “Le attività umane hanno spinto la regione verso quella che può essere descritta solo come una bancarotta idrica”, ha affermato alla CNN Amir AghaKouchak, professore all’Università della California, Irvine. Pompaggi eccessivi delle falde, irrigazione inefficiente e urbanizzazione selvaggia hanno trasformato una carenza endemica in una catastrofe annunciata. Alcune zone della città stanno letteralmente sprofondando: a causa dell’eccessivo sfruttamento del sottosuolo, il terreno cede di oltre 25 centimetri l’anno in certi quartieri. “Teheran sta lottando contro uno squilibrio sistemico e a lungo termine che minaccia le fondamenta stesse della sicurezza idrica dei suoi residenti”, ha avvertito AghaKouchak.
E mentre il cambiamento climatico peggiora ogni anno, le risposte politiche rimangono deboli o incoerenti. “Il governo continua a puntare su misure tampone, come i progetti di trasferimento idrico”, osserva Madani. “Soluzioni come la desalinizzazione e il riciclo delle acque reflue aiutano, ma non affrontano la causa del problema”. L’unica via sostenibile, secondo gli esperti, sarebbe una riforma strutturale del sistema economico. “Serve abbandonare l’agricoltura ad alto consumo idrico, che da sola assorbe il 90% dell’acqua nazionale”, sostiene Madani. “Bisognerebbe puntare sui servizi e sull’industria, settori con un’impronta idrica molto più leggera”. Ma si tratta di un’operazione complessa, costosa e politicamente esplosiva. “È altamente improbabile che l’attuale governo riesca a realizzarla, anche a causa delle sanzioni internazionali”, osserva lo stesso Madani.
Alla fine, la crisi idrica iraniana appare come un sintomo di un problema molto più profondo. “Le sue radici non sono solo ambientali o tecniche, ma profondamente politiche e sistemiche”, ha dichiarato AghaKouchak. “La crisi idrica dell’Iran non può essere separata dalla sua più ampia crisi di governance”. Per ora, non resta che attendere. L’autunno potrebbe portare la tanto attesa pioggia, ma è un’eventualità appesa al cielo. “Se Teheran sopravvive fino alla fine di settembre, allora c'è speranza di evitare il giorno zero”, ha detto Madani. Ma il conto alla rovescia è già iniziato. E ogni giorno che passa, il silenzio dei rubinetti si fa più vicino.